Io dipende dal singolo caso e dalle giornate. A New York ero sola in griglia, ho tampinato chiunque mi capitasse a tiro, parlavo in continuazione con chiunque in tutte le lingue e mentre parlavo, piangevo per l’emozione, era la mia prima maratona e tutti lo dovevano sapere.

Se sono in compagnia degli amici allora rido, scherzo, sdrammatizzo in compagnia ma poi una volta che la gara parte, rimango in silenzio. Solo a Valencia sono stata in compagnia delle mie amiche dall’inizio alla fine, partite insieme, arrivate insieme mano nella mano. L’abbraccio con Irene al taglio del traguardo, lo ricordo come fosse ieri.

A Londra ero sola, ho chiacchierato per un po’ con un compagno di griglia inglese e poi mi sono chiusa a riccio assaporando le emozioni del momento. Era la mia prima volta a Londra e a stento controllavo l’emozione, non volevo che mi vedessero piangere ancora prima di partire. Dopo la partenza è stato anche peggio, neanche a New York mi sono emozionata così.

A Edimburgo ero in compagnia di un bel gruppone di amici, mi sono estraniata un secondo e pensavo tra me e me che forse se ero li in quel momento in procinto di partire per la maratona lo dovevo anche a Kathrine, cosi le ho mandato un pensiero via etere “Grazie Kathrine” e per tutto il tempo di quella gara infernale in cui non c’era una singola parte di tutto il mio corpo che non mi dolesse, pensavo a lei, Kathrine Switzer, prima donna ad avere ufficialmente tagliato il traguardo di una maratona, nel 1967 a Boston.

Correre la Maratona di Edimburgo come sua ambassador ufficiale di 261 fearless Club Italia mi ha dato una carica in più, che però non è stata abbastanza per portarmi fino al traguardo con il tempo che avrei voluto. Il traguardo l’ho tagliato e la medaglia l’ho presa, ma non come mi ero prefissata di fare.  Pazienza, ottimo motivo per replicare prossimo anno.

Chissà invece cosa avrà pensato Kathrine alla partenza di quella maratona del 1967 alla quale si era iscritta con una sorta di trabocchetto/ inganno. All’epoca le maratone erano proibite alle donne, giravano dicerie secondo le quali correre faceva crescere i peli, soprattutto i baffi come un uomo (direi che anche senza corsa qualcuna si difende comunque bene), la peggiore era quella che la corsa faceva cascare l’utero riducendo sterili le donne che la praticavano.

Stiamo parlando del 1967. Kathrine si iscrisse in maniera del tutto naturale, le sue iniziali K.V. Switzer non hanno suscitato il minimo dubbio che potesse essere una donna la titolare del pettorale 261.

Cosa avrà pensato Kathrine mentre il giudice la strattonava così malamente, cercando di trascinarla fuori dal percorso di gara, e cosa avrà pensato quando gli altri uomini anziché andarle addosso le hanno fatto capannello intorno proteggendola e quasi scortandola verso il traguardo.

Per tutto il tempo della mia maratona di Edimburgo mi frullavano in testa mille pensieri, un maratoneta lo sa quando non si ha una preparazione fisica adeguata, la maratona ti massacra, la maratona non la improvvisi, non la tenti, o meglio puoi farlo ma la soffri per tutta la durata del percorso e non ti passa più perché non vedi l’ora che sia finita.

Anche quando ti trovi là in mezzo nel punto di non ritorno, tra il 22mo e il 23 kilometro che hai già passato la metà gara ma te ne mancano ancora venti e rotti per tagliare il traguardo. Ti vorresti fermare ma ti rifiuti di arrenderti e allora dici ancora un kilometro e poi cammino, ancora un passo, un piede davanti all’altro, rallento e piano piano arrivo alla fine.

Avrà mai pensato Kathrine, ok avete vinto voi, mi ritiro, tenetevi la vostra gara, le vostre maratone, la vostra corsa da maschi, io me ne continuo a correre per i fatti miei ma a testa alta.

Ma non lo ha fatto e chissà cosa ha pensato quando ha tagliato quel maledetto (benedetto) traguardo? Forse che con quel gesto cosi testardo, con quella medaglia così fortemente voluta, avrebbe inconsapevolmente cambiato la storia e spianato la strada a noi donne maratonete?

Noi che decidiamo di correre per perdere peso, oppure perché è di moda farlo e quindi si fa, cosi senza sapere del sacrifico e della fatica che ci stanno dietro, noi donne che forse diamo troppe cose per scontate e che dovremmo forse apprezzare di più quello che abbiamo senza troppi capricci o ripensamenti.

Ricordare ogni volta che si fa, che iscriversi ad una maratona non è una banalità, perché qualcuno prima di noi ha combattuto per ottenere quel diritto. Forse Kathrine nemmeno si è resa conta del grande gesto che stava facendo, si è iscritta alla Maratona di Boston perché le andava di farlo, voleva anche lei avere la stessa possibilità di mettersi alla prova, contro se stessa e non contro gli uomini, vedere che succede andare oltre i propri limiti, lei donna senza paura dal carattere di ferro.

Ecco a tutto questo pensavo mentre mi trascinavo per i 42 kilometri della maratona di Edimburgo, quando dopo soli 8 kilometri la mia testa mi ha detto “ma io non ne ho voglia di correrne 42 oggi”. Bene.

Voglia o no, la medaglia l’abbiamo portata a casa, un dovere più che un diritto, un dover rendere grazie a chi mi ha permesso di farlo, una opportunità che non va sprecata o buttata dalla finestra così con tanta leggerezza.

Kathrine donna fearless. Kathrine che ha creduto in me e mi ha permesso di avere un 261 Fearless Club in Italia.

261Fearless è lo specchio che riflette la sua filosofia di vita, essere impavide, senza paura, arrivare a raggiungere i propri obiettivi senza farsi intimorire da niente e nessuno.

I club 261Fearless sono in tutto il mondo, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Africa, Afghanistan, India, Inghilterra, Austria, Germania e da maggio anche in Italia, a Milano. Il mio 261Fearless Club Italia si fonda su principi cha accomunano globalmente tutti i 261fearless club, di aggregazione, divertimento, condivisione, affrontare/combattere le proprie paure e i pregiudizi attraverso la corsa non competitiva e attività sportiva tra donne.

Focus tutto al femminile, per un’ora la settimana, 261Fearless permette di lasciarsi tutto alle spalle e concentrarsi solo su se stesse attraverso corsa lenta, alternata alla camminata, giochi con elastici, palloni, esercizi di potenziamento, di correzione e postura, interazioni che permettono di fare attività fisica e movimento senza quasi rendersene conto, conoscere nuove persone con le quali condividere passioni comuni.

E’ un regalo per tutte noi donne che ancora oggi Kathrine ci ha fatto. Una opportunità da cogliere al volo.

Ritrovo ogni sabato mattina alle 10.30 con partenza da PACER in Via Pacini 28 dove è possibile lasciare borse, oggetti personali, cambiarsi, avere un servizio di baby-sitting su richiesta, avere un brief iniziale sulle attività della giornata, conoscere le compagne di gruppo e recovery post training.

Ora so cosa penserò sulla linea di partenza della mia prossima maratona. Ai miei prossimi obiettivi 261fearless.