Stuzzicata da Fulvio, il direttore di Fashion Times, che qualche giorno fa mi ha mandato un elenco di spunti nato da una sua analisi sui trend di ricerca sul web, ho iniziato a farmi delle domande su ciò che la gente desidera veramente approfondire se interessata all’argomento bicicletta.

Anche perché ho scoperto che io non sono allineata con i trend. Ad esempio non ho mai cercato “come pedalare per rassodare i glutei” o “bicicletta contro l’ansia e lo stress”.

Però è anche vero che in questi giorni di freddo intenso, pedalando con la mia nuova e leggerissima Sempre Pro, mi aspettavo comunque di vedere scintille sull’asfalto del velodromo. E invece no. E quindi mi viene da chiedere al web: “il freddo rende granitici i muscoli?” Oppure: “la mancanza di sole toglie energia come se fossimo piantine?” E ancora: “è per questo che un tempo si mandavano i bambini anemici a fare elioterapia in colonia?”. Troppo strane per Google, ho preferito rivolgere parte di queste domande (non tutte perché mi avrebbe preso per pazza) al presidente di dateciPista, Mario Bodei. E però la sua risposta sui muscoli d’inverno è stata così rassicurante che mi sono spaventata. No, ai muscoli non succede niente, è solo questione psicologica. Oddio… e quindi perché mi sento a rischio acido lattico a ogni piccolo scatto? Niente paura, è la circolazione a perdere di fluidità. Infatti dopo un’oretta inizio inesorabilmente a non sentire più le dita dei piedi.

Ma al di là di tutto ciò, può anche darsi che per progredire nel ciclismo debba incominciare a studiare un po’ di più.

Nel freddissimo Velodromo Parco Nord, con l’amico Francesco e la nuova Sempre Pro

Per esempio, l’alimentazione. L’essere arrivata in ufficio in bici non può infatti giustificare la scelta di un piatto di trippa con patate e spinaci a pranzo. Oppure sì? Leggo in rete che la colazione è importantissima.

E questo si sapeva. Ma è ancora più importante assumere carboidrati complessi, possibilmente senza latte. E se proprio non se ne può fare a meno, meglio scegliere quello di riso, proprio come fa Chris Froome, l’antipatico vincitore inglese del Tour de France, perché è più facile da digerire ed è perfetto anche per chi ha problemi con il lattosio.

Sul tavolo della colazione dei ciclisti del team Sky si trovano: porridge (bleah!), fette biscottate (vabbè…), muesli (yum!), omelette (ok, ma il bacon dov’è?) e del triste pane fatto in casa. Da bere naturalmente tanti succhi di frutta e ortaggi oltre che sostanziosi frullati.

Chris Froome tra ali di folla in scalata al Tour de France

Il porridge che serve Soren Kristiansen, lo chef della squadra, contiene 2,5 dl di acqua e latte di riso, tre cucchiai di cereali, quinoa, cannella, zenzero, vaniglia e un po’ di scorza di lime. Basta una cottura di 4-5 minuti, giusto per scaldare il liquido e fare così un bel pappone caldo. Il porridge è servito! 
Nigel Mitchell, ovvero il responsabile della nutrizione, ovvero colui che controlla tutto l’apparato digerente del ciclista, papille gustative comprese, spiega che la quinoa è particolarmente importante perché contiene amminoacidi e proteine.

Ma Coppi quindi come faceva che la quinoa era ancora dominio assoluto degli Incas e dei loro nipoti? Magari si faceva un panino con la mortadella ed era la stessa cosa, mah… Comunque, proviamo a crederci.

Al porridge si aggiunge un cucchiaio di una purea ottenuta bollendo una banana con un zic di zucchero, perché così non diventa nera e va bene che già il porridge ha un aspetto orrido, ma non esageriamo. La purea va poi mescolata con un po’ di crème fraîche light o in alternativa yogurt o latte di riso. La banana è importante per tutti gli sportivi per il suo apporto di potassio. Il potassio aiuta a distribuire i fluidi all’esterno e l’interno delle cellule e regola l’attività neuromuscolare. Agisce addirittura insieme al sodio per normalizzare il battito cardiaco. Mai piaciuta la banana, purtroppo.

Un ristoro durante L’Eroica. La dieta del ciclista che piace a me

E a proposito del cuore, quando ho comprato il mio sportwatch con misuratore ottico della frequenza cardiaca, mi è venuto letteralmente un colpo: 186 frequenza massima? Aiuto! Subito sono passata a consumare solo caffè decaffeinato e poi, per fortuna, esplorando la rete ho visto che il cuore delle donne è più piccolo (già… siamo insensibili) e quindi batte più velocemente di quello dei maschi. Poi è chiaro che se si cerca di superare il record di Iryna Bukhanska, una ciclista che seguo su Strava e che mi dà dei punti, anzi dei bei secondi, sui ponti del Parco Nord, ecco che non si può pretendere di mantenere un battito cardiaco accettabile. Nè di riuscire a tenere la lingua nella sua sede.

Ma anche in questo caso il web arriva a soccorrere i ciclisti confusi e infelici. Per esempio si può capire qual’è la propria frequenza cardiaca massima dopo opportuna visita medica e di lì regolarsi. Poi, individuata una salita di 1 / 2 km da percorrere velocemente, non senza aver fatto almeno 30 minuti di riscaldamento, si inizia a salire senza dimenticare che bisogna farcela ad arrivare in cima. Quindi non si deve bruciare tutto subito. A 150 m dall’arrivo ci si lancia nello sprint, come se ci fosse un bel gonfiabile sul traguardo ad aspettarti. Ecco quindi che in queste condizioni apparentemente disperate, il cardiofrequenzimetro raggiunge un valore prossimo alla propria frequenza cardiaca massima. E se si sopravvive a tutto ciò, beh… si può incominciare a sperare di progredire.

Restano sempre gli insormontabili limiti. Da sapere infatti che la fibra muscolare di cui siamo dotati è storia genetica. Quindi chi ha un nonno passista, difficilmente sarà un velocista. Esistono fibre bianche (per l’esplosività) che rendono imbattibili gli sprinter e fibre rosse (forza/resistenza). Ognuno possiede una certa percentuale di ogni fibra e l’allenamento non potrà cambiare questa percentuale. Sta scritto.

E quindi delle mie fibre ho capito una cosa. Dal momento che con questo clima si ghiacciano e molto probabilmente sono pure rosse e tendono quindi a funzionare come un diesel, c’è poco da sperare di riuscire ad essere svelti. Come un gatto di marmo.

 

 

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