Dopo quasi due anni di ciclismo moderno, dotato cioè di bicicletta in carbonio, era giunto il momento di procurarsi un altro “indispensabile” strumento: il computerino da bici. Più di un amico infatti, occhieggiando al mio manubrio sguarnito, si chiedeva dove fosse il mio. Al polso, rispondevo, mostrando il piccolo Fitbit Surge che, senza tante storie, ha il merito di travasare automaticamente i dati su Strava, il famigerato social dei cliclisti. Ma ti calcola la VAM? E la cadenza dove la vedi? Oddìo sì… tutte queste cose mancano, ma la VAM cosé?

E così partivano racconti appassionati, almeno per chi apprezza una lezione di fisica. Devo dire che, oggi più che ai tempi del liceo, dove amavo perdermi in tutto ciò che era antiscientifico per antonomasia, immergersi in questi numeri non è affatto poi così male. Sì perché dietro ai numeri si nasconde sempre il sogno di una prestazione, ed è quindi per guardare in faccia la realtà, o meglio per conoscere di più il proprio corpo e le sue reazioni, che il ciclista adora perdersi in questi mille dati, che invece agli occhi degli estranei figurano come il gioco di un bambino dalle tendenze autistiche.

Incomincia quindi ad andarmi stretto il giocattolo da polso. Intanto perché se supero i 100 km c’è il rischio che le batterie cadano inesorabilmente e quindi di perdere tutto (un vero incubo per l’amatore medio) e poi perché come faccio a capire se il mio concetto di agilità corrisponde effettivamente ad una cadenza che superi i 100 rpm, ovvero le famose 100 e più pedalate al minuto?

HAL 9000, l’intelligenza artificiale di 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick di cui ricorre in questi giorni il cinquantenario

Molti si chiederanno se ha senso chiedersi tutto ciò e se il vero ciclismo consiste appunto in queste piccole-grandi ossessioni. E la risposta assennata, naturalmente, sarà che no, il vero ciclismo non è questo. Questo però è il sintomo di un crescente desiderio di conoscenza che è coerente con la scelta della bici come sport. Sì perché in bicicletta si parla sempre necessariamente di meccanica. Non sono le nostre ginocchia a gestire il carico del corpo verso nuovi ed entusiasmanti traguardi, bensì un mezzo che nel corso dei secoli si è affinato fino a trasformarci in veloci centauri. Un po’ come Tetsuo, l’uomo macchina del film giapponese, che in Italia ha visto il riuscito clone di Lo chiamavano Jeeg Robot. In questo sport non c’è solo il tuo corpo a imprimere velocità, ma sarà anche la scelta assennata del giusto rapporto, di fatto la dimensione di un ingranaggio e di quanto vi scorrerà veloce una catena, a determinare il coronamento di tanto sforzo. Quindi parliamo sempre di un mix riuscito tra uomo e macchina, tra corpo e meccanica. E se in antico tutto ciò poteva bastare e figurava già molto futuristico, oggi che siamo tutti iper connessi, la bici, da sempre metafora di innovazione, non poteva che comprendere, nella sua accezione più contemporanea, la riuscita simbiosi tra uomo e digitale.

Tetsuo, l’uomo macchina, è il film giapponese del 1989 che racconta la metamorfosi di un uomo in un robot

Ne sono passati, di secoli, dalla mia prima ed unica Eroica. Allora, nel 2015, infatuata dall’estetica vintage, passavo ore a guardare foto di ciclisti d’epoca e a figurarmi nei loro panni (di lana) a cavallo di sottili tubolari in puro acciaio. Oggi invece, gustate le meraviglie del carbonio e le gioie sconfinate di una geometria di telaio moderna (mai più cervicale) non potevo sottrarmi alla spinta evolutiva che mi ha portata sin qui a moltiplicare i km e a raggiungere traguardi che mai avrei sognato.

E dunque, computerino sia. Già… ma quale? E qui entra in scena l’appassionante valutazione preliminare.
Nella centrifuga del Velodromo Parco Nord, si sa, si può anche chiacchierare tra ciclisti restando affiancati in sicurezza, cosa proibitiva, o meglio, da “Ciclismo ignorante”, se si fa in gruppo sulle strade. Tra le regole segnalate dei volontari di dateciPista c’é solo da osservare la variante di percorso. Se si parla stando vicini, si deve andare sulla piccola salita. Così ci si allena anche nel fiato.

L’esaltante rito dell’unboxing all’arrivo del nuovo giocattolo: un Garmin Edge 1000

Parte così, impegnando la variante, una lunga chiacchierata con Angelo, che, a onta del nome, ne sa una più del diavolo in materia. E qui già si profila una certezza. Sarà un Garmin e non un Polar. Perché? Perché le batterie dei sensori si possono cambiare autonomamente, ad esempio. E poi il display sembra molto più chiaro e leggibile.
Inizia così un viaggio appassionante alla scoperta della meraviglie del computerino, che dividerei in tappe.

Prima tappa, il Gps. Coronato finalmente il sogno di navigare in diretta. Una bella freccia indicherà la strada mentre la si percorre e, per non rischiare di imbattersi in un percorso datato, il consiglio è di scaricare la traccia più recente lasciata da un amico su Strava.

Seconda tappa, la personalizzazione delle schermate. Cadenza, ora del giorno, frequenza cardiaca, calorie, velocità media, km percorsi… nello schermo ci stanno (e si vedono bene!) fino a 10 valori. A momenti anche il contaminuti per l’ovetto sodo…

Sul Garmin Edge 1000, il penultimo modello della casa (adesso c’è il 1030) la possibilità di visualizzare fino a 10 dati

Terza tappa, le meraviglie del Lap. Anche se non so ancora darne una definizione che mi soddisfi appieno, ho capito che impostare un Lap in velodromo è la proverbiale morte sua. Cioè: puoi vedere ad esempio quanto impieghi a fare un giro, lo vedi in diretta e puoi adoperarti per battere te stesso. Favoloso se si vogliono conoscere i propri limiti e non si soffre d’ansia. E la bici è meglio di uno psicologo.

Quarta tappa, piccoli segreti. Come fai per spegnerlo? Mi chiede Angelo. Mah… premo il pulsante laterale… Eh no! Così rimane solo in pausa. Per spegnerlo veramente va tenuto premuto fino a che non appare la striscia rossa sullo schermo, da toccare per conferma. E così la carica dovrebbe durare circa 15 ore. Roba da Omar di Felice (e prossimamente anche roba da Sarah Cinquini. Forza Sarah!).

Quinta tappa, le gioie della cadenza e del cuore. Frullare non è mai stato così eccitante. Sfiori i 120 rpm e ti sembra che le ginocchia saltino in bocca. Guardi il cuore e sì, viaggia a mille, ma se vuoi un avviso oltre un certo limite puoi impostare un sano beeeep che ti ammonisce se esageri. O meglio, che se batte forte-forte è vero amore.

Nessun problema per il montaggio del dispositivo e dei sensori, c’è modo di adattarlo a qualsiasi bicicletta e manubrio

Sesta tappa, gadget e app. Il cordino antiscippo per legarlo al manubrio? Celo. La custodia in silicone? Celo. La protezione del vetro? Manca! Nel frattempo arrivano le dritte per rendere il tutto più performante. C’è la app consigliata da Angelo (MyEdge) che ti visualizza un tachimetro da F1 e il sito ultra preciso (Komoot.com) da cui Sebastian scarica mappe aggiornate al millimetro. E così è possibile sapere esattamente quanto c’è di strada da casa al Bici Binda Bar.

Settima tappa, la tentazione di Strava Premium. Vuoi vedere in diretta se stai per guadagnare un nuovo QOM? Cedi alla tentazione di Premium, l’abbonamento completo di Strava (€ 60 all’anno) e saprai a che punto sei, proprio mentre percorri il segmento. Così se sei a pochi secondi o centesimi potrai scegliere: mollare o provarci. Un direttore sportivo con i suoi cento alè non potrebbe essere più efficace.

Ottava tappa, la app Connect. Farci un giro dentro è un piacere. Numeri e grafici si rincorrono con un unico fine: gratificarti con l’approfondimento. Godibilissimi gli Insight, dove si vede come si colloca la tua attività settimanale rispetto alla massa degli utilizzatori. E si scopre così che tra le ultra sessantenni e le ventenni non c’è poi così tanta differenza.

Consapevole che ho ancora tante esplorazioni da fare per ritenermi appena consapevole del 20% delle possibilità che offre questo miracoloso sestante digitale, sono già completamente addicted.
L’unica cosa che per ora non mi entra proprio in testa è la fascia cardiaca. Bello scoprire che l’hai dimenticata sotto a tutte le stratificazioni invernali ad effetto cipolla!

 

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