Ci sono passatempi che non sembrano voler rimanere relegati alla sola infanzia, che sono semplicemente troppo divertenti e coinvolgenti per essere abbandonati dopo il primo decennio di vita. Fra questi giochi che ci accompagnano per tutta l’età adulta senza mai smettere di esercitare il loro fascino c’è sicuramente il calcio balilla.

 

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Bar, oratori, sale giochi, stabilimenti balneari, garage di casa: il calcio balilla può essere trovato ovunque, e non è mai fuori posto. Per qualche motivo, il suo aspetto appare sempre un po’ malandato, con le sponde ammaccate e magari con qualche omino mancante, ma le sue manopole ci attraggono inevitabilmente, come una sorta di calamita, immergendoci in ore di gioco selvaggio ed esaltante.

Il calcio balilla è diffuso in gran parte del mondo, e la sua storia non è semplice come si potrebbe pensare. La nascita di questo intrattenimento da tavolo è infatti contorta e ricca di punti interrogativi, parti misteriose e personaggi che sembrano usciti da un romanzo d’appendice.

Cerchiamo di ripercorrere insieme gli eventi che hanno portato alla diffusione e al successo nel mondo del calcio balilla.

Le origini confuse del calcio balilla

È abbastanza sicuro che il calcio balilla sia nato in Europa agli inizi del XX secolo. Chi fu il primo ad inventarlo e a brevettarlo, non è però così certo.

Nei primi decenni del ‘900 furono infatti diversi gli inventori a depositare brevetti per giochi da tavolo che simulavano il calcio. Tutti i marchingegni erano accomunati dalla presenza di omini di legno legati a delle stecche che potevano essere mossi in avanti o lateralmente per colpire una piccola pallina e fare goal nella porta degli avversari. Nonostante fossero una versione grezza degli odierni biliardini, questi cassoni con dei buchi al posto delle porte e dei sacchi o secchielli per raccogliere le palline erano già in grado di coinvolgere i giocatori in partite interminabili, con tanto di tifo accorato e spirito agonistico.

Si dice che fu il tedesco Broto Wachter a realizzare i primi biliardini d’Europa fra gli anni ’20 e ’30, i quali erano inizialmente chiamati kicker (nome tutt’ora utilizzato per indicare il calcio balilla in lingua tedesca). Contemporaneamente, anche l’ingegnere francese della Citroën Lucien Rosengart, già pioniere nel campo automobilistico, approntava dei tavoli in compensato su cui erano montate aste con attaccati pezzi di legno vagamente sagomati per rappresentare i giocatori. Pure l’Inghilterra pare aver contribuito al diffondersi del gioco, con un brevetto per un “apparato per giocare al gioco di football” registrato da Harold Sea Thornton nel 1922.

Fra queste vicissitudini internazionali, spicca però una storia in particolare: quella di Alejandro Finisterre, pittoresco inventore spagnolo la cui vita fu piena di avventure al limite dell’incredibile, e che depositò il brevetto del biliardino nel 1937.

Alejandro Finisterre e la sua rocambolesca storia

Calzolaio, imbianchino, poeta, ballerino di tip tap, ma, soprattutto, inventore. Lo spagnolo Alejandro Finisterre visse una vita bizzarra e a tratti epica, sempre in fuga fra Europa e America del Sud, scappando dal regime franchista e creandosi nuove identità in Ecuador, Guatemala e Panama.

Pare che l’idea del biliardino gli venne mentre era ricoverato al monastero di Montserrat a causa delle ferite riportate durante la guerra civile spagnola. Qui infatti entrò in contatto con i bambini che avevano subito gravi mutilazioni, e si rese conto che non avrebbero mai più potuto giocare con un pallone. Nacque così l’idea di rendere il calcio un gioco da tavolo che chiunque potesse praticare.

Ispirato dal ping pong, Finisterre depositò a Barcellona il brevetto del futbolìn, ma le sue peripezie erano appena iniziate. Mentre fuggiva in Francia dopo la vittoria dell’esercito di Francisco Franco, fu infatti colto da una burrasca, e perse i documenti del brevetto. Qualche decennio più tardi, la sua invenzione fu messa in produzione da altri spagnoli, stavolta valenziani, che non riconobbero la paternità dell’idea a Finisterre, soffiandogli di fatto un grande successo commerciale.

Il geniale giramondo non si dette però per vinto, e continuò ad ideare nuove soluzioni creative per la vita quotidiana, come ad esempio il voltapagine. Molte sono le leggende sulla sua vita, non ultima quella che lo vedrebbe dirottare un aereo carico di prigionieri del regime franchista di ritorno in Spagna fingendosi armato di una pistola in realtà ricavata da un pezzo di sapone.

Secondo dopoguerra e diffusione mondiale del calcio balilla

Miti e figure leggendarie a parte, il successo del biliardino esplose pochi anni dopo l’entrata in scena di Alejandro Finisterre. Nel 1947, il francese Marcel Zosso iniziò la produzione in serie del calcio balilla, da lui chiamato sportfoot, distribuendolo nei pub e nei centri ricreativi. Questi luoghi erano spesso frequentati da soldati e reduci di guerra, i quali si appassionarono a tal punto al gioco da renderlo popolare anche nei loro paesi di origine. Fu proprio per via di questo passaparola entusiasta fra i militari di ritorno dall’Europa e i propri conoscenti che il biliardino conobbe il successo oltreoceano, negli Stati Uniti.

Nel frattempo, il calcio balilla arrivava anche in Italia, prima grazie ad un artigiano di Poggibonsi, poi proprio per mano di Zosso, che nel 1949 fondò ad Alessandria una sede produttiva. Anche in questo caso, alle prime produzioni in serie italiane viene affiancata una leggenda: si dice infatti che i materiali per i primi calcetti fossero forniti da produttori di casse da morto, poiché questi erano già specializzati nella lavorazione di contenitori di legno resistenti.

Il nome “calcio balilla” sembra invece essere nato da un impiego socialmente utile dei primi biliardini. Versioni rudimentali dei marchingegni da gioco venivano infatti adoperate nei centri di riabilitazione per reduci di guerra, con lo scopo di ravvivare e riabilitare le funzioni psicomotorie dei pazienti.

Negli anni ’50 scende infine in campo un nome che ha fatto, e tutt’ora fa, la storia dei biliardini: Garlando, la famiglia italiana pioniera della produzione in serie Made in Italy di calcio balilla. I Garlando sono ancora oggi fra i leader mondiali in questo settore, e i loro tavoli sono fra i pochi ad essere utilizzati anche nelle competizioni ufficiali dell’ITSF, l’International Table Soccer Federation o Federazione Internazionale di Calcio da Tavolo.


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