In una città come Milano in continua evoluzione, sapersi ritagliare un proprio angolo di mondo costruendo un progetto dal niente e portarlo al successo con passione senza aver ancora compiuto 30 anni, si può dire senza dubbio che sia un risultato eccezionale.

Ma d’altro canto Mimosa Misasi è una ragazza eccezionale.

catering mimosa milano

Napoletana, laureata in storia dell’arte, migliore studentessa del suo anno accademico alla prestigiosa scuola Alma di Gualtiero Marchesi, numerose esperienze in cucine stellate in giro per l’Italia, ora docente presso un istituto professionale di Milano e soprattutto titolare di una società di servizio catering.

Abbiamo voluto conoscerla meglio e scoprire di più su “Mimosa Milano”.

Definire “Mimosa Milano” un servizio di catering è riduttivo, organizzate anche eventi, corsi di cucina, servizio di consulenza per ristoratori… Qual è la vostra cifra stilistica? Forse può sembrare scontato ma quello che ci rappresenta è la tanta passione, l’impegno e la dedizione che mettiamo in tutto quello che facciamo. È l’amore per questo lavoro che ci porta a essere tutti i giorni carichi al 100% per proporre ai nostri clienti un servizio impeccabile e coerente. Ecco sì, forse la coerenza fin nel più piccolo dettaglio è un altro aspetto a cui tengo molto. E poi l’utilizzo di pochi prodotti, eccellenti, sostenibili e italiani. Su questo non transigo. Un insegnamento che ho fatto mio dall’esperienza di lavoro al fianco dello chef Andrea Aprea: dietro la semplicità di ogni singolo ingrediente si nasconde una ricchezza inestimabile, la sua vera essenza. Farla emergere non è facile, ma quando trovi la giusta formula allora è fatta. Ed è forse per questo che tutti i miei clienti mi dicono sempre che ciò che li colpisce dei miei piatti è l’equilibrio, il poter sentire ogni sfumatura.    

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Perché la scelta di gestire un catering e diventare personal chef piuttosto che avere un proprio, magari piccolo, ristorante? È una cosa che mi chiedono spesso anche i miei clienti “visto che cucini così bene perché non apri un tuo ristorante?”, ma la verità è che dopo le tante esperienze nelle brigate stellate e non, ho capito che la vita sotto pressione con orari pazzeschi e ansia a mille non faceva per me. E soprattutto con “Mimosa Milano” ho la possibilità di mettere in pratica tutto quello che ho imparato con in più lo stimolo costante di fare qualche cosa di diverso per ogni cliente: cambio menù, cambio allestimento, cambio location… . Ogni evento è un’occasione per mettere alla prova me stessa e il mio staff e trovare nuove idee.

Qualche giorno fa è stata pubblicata la nuova Guida Michelin: di cosa puoi essere grata della tua gavetta nelle cucine stellate, e di cosa avresti fatto volentieri a meno? La gavetta mi ha temprato moltissimo, ha cambiato il mio modo di vedere il lavoro in cucina e mi ha reso più forte a livello caratteriale. Ha fatto emergere un aspetto di me stessa che neanche conoscevo, quello più deciso e duro. Non amo essere così in realtà, chi mi conosce sa che sono dolce, gioviale e generosa ma ho capito che in alcuni momenti “avere polso” è utile e di questo devo ringraziare proprio la dura gavetta.

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La conoscenza della storia dell’arte – facoltà in cui sei laureata – ti ha aiutato in cucina? Ha senza dubbio acuito il mio senso del bello e la precisione ma soprattutto mi ha insegnato l’esercizio allo studio (arte vuol dire anche filosofia, letteratura, storia…), l’andare in profondità nelle cose, chiedersi sempre il perché, a non smettere mai di studiare; e tutto questo l’ho tradotto nel mio lavoro con la continua ricerca di produttori locali di nicchia che possano diventare miei fornitori di fiducia.

Un ingrediente che ami? che non potrebbe mai mancare nella tua cucina? Senza dubbio le erbe aromatiche e le spezie, le utilizzo in tutti i piatti, li completano e li arricchiscono di note speciali; e poi mi contraddistingue una cucina con pochi grassi.

Un ingrediente o un piatto che hai “scoperto” nella tua nuova città di adozione, ossia Milano? Ecco, forse stona con quanto appena detto (v. sopra) ma c’è una sola risposta a questa domanda ed è il burro! Sono una ragazza del sud e quindi il re dei condimenti per me è sempre stato l’olio. Ma durante lo stage da Peck a Milano ho scoperto la bontà e la bellezza del burro, tanto che avevo intitolato la mia tesi in Alma “Dall’olio al burro. Una napoletana a Milano”.

Anche se con già tanta esperienza non hai ancora compiuto 30 anni, immagino che quindi l’argomento sostenibilità, materie prime a km0 e attenzione agli sprechi siano di casa in Mimosa? Assolutamente sì! Non siamo i proprietari di questo mondo ma ospiti ingombranti. É un aspetto a me molto caro sia per un’evidente questione di etica sociale sia per un discorso più affettivo legato a mia nonna – con la quale ho un legame speciale e non a caso mi chiamo come lei –  che mi ha sempre trasmesso l’amore e il rispetto per la natura e per l’ambiente, ed è un’appassionata di botanica. Forse anche per questo la mia cucina si basa specialmente sull’utilizzo di vegetali e legumi, naturalmente di stagione, ma senza diventare vegetariana o vegana. Creo i miei menù aggiungendo anche alcuni piatti a base di carne e di pesce perché è giusto avere un’alimentazione completa ma solo se trovo i fornitori giusti che allevano gli animali con amore e rispetto per loro e per tutta la catena produttiva. Certo, questo vuol dire più sforzo da parte mia per cercare magari nel paesino sperduto delle montagne trentine quello speciale allevatore di capre, ma amo farlo, amo questo aspetto del mio lavoro e credo ne sia il valore aggiunto.  

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Argomento sempre più attuale: le donne e il lavoro e soprattutto le donne nel mondo dell’alta cucina; com’è gestire una propria impresa culinaria da giovane donna? cosa consiglieresti ad altre ragazze che vorrebbero fare il tuo stesso percorso? Quando ho deciso di creare “Mimosa Milano” sapevo anche che avrei voluto uno staff tutto al femminile e ci sono riuscita. Ora ho le mie “girls” (cit. ride) e sono davvero molto contenta e orgogliosa di tutte loro. Ma non è stata una scelta dettata da uno spirito femminista, quanto piuttosto dal voler compensare tutto quello che – è inutile nasconderlo – ho dovuto accettare in silenzio in ambito lavorativo da parte dei colleghi uomini, ossia offese e mancanze di rispetto. Purtroppo il mondo della ristorazione è maschile, le donne sono penalizzate dal fatto che si pensa che non siano in grado di sopportare i ritmi frenetici di una cucina di un ristorante e quindi devono dimostrare sempre il doppio delle loro capacità, sgomitare per farsi notare, abbassare la testa e sopportare machismi inutili e fastidiosi. Figuriamoci poi se parla di diventare madre … impensabile! Invece da “Mimosa” ogni ragazza deve sentirsi libera di esprimersi e di collaborare e confrontarsi con tutte – il menù per esempio lo creiamo insieme. Grazie al mio lavoro di docente in un Istituto professionale di Milano, mi trovo spesso a dare consigli in questo senso alle mie (pochissime) studentesse e a loro dico sempre che ogni esperienza serve per crescere, anche quelle negative; se ciò che vi guida è la passione, niente e nessuno potrà fermarvi, basta tenere dritta la rotta sull’obiettivo finale e cogliere ogni piccolo insegnamento.

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Ho letto che l’idea futura è quella di aprire un “Mimosa Londra” o “Mimosa Parigi”: questo bellissimo e ambizioso progetto sta già prendendo vita? Qual è il futuro prossimo di Mimosa? Per il momento Milano è già un grande traguardo, è una città che mi ha subito accolto a braccia aperte e mi ha permesso di dare vita al mio sogno, le sono molto grata. Per il futuro vedo più una Mimosa capace di svilupparsi non in grandezza ma in qualità, in servizi offerti…intensificare le esperienze che offro allargando la platea dei miei fornitori, magari aggiungere una sezione dedicata al bar tender e un’altra ai fiori …è ancora un work in progress ma la strada è questa.   

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Un ultimo consiglio immancabile visto il periodo: cosa non dobbiamo fare mancare sulla tavola di Natale secondo Mimosa? Un omaggio alla mia terra d’origine: gli agrumi. In particolare i mandarini (e attenzione non mandaranci o clementine) che a Natale sono immancabili e molto versatili in cucina: potete aromatizzare la crema al mascarpone grattugiando la buccia del mandarino, potete mettere la buccia in infusione nel latte caldo per fare uno zabaione agrumato, lo potete candire e poi intingere nel cioccolato fuso, oppure usare nel purè di patate per dargli un tocco in più di freschezza che vi assicuro sorprenderà i vostri ospiti.