Era tempo che pensavo di tesserarmi ACSI (Associazione Centri Sportivi Italiani) Ciclismo e l’occasione de L’Ambrosiana è stata la spinta giusta che ci voleva. Una bella visita medico sportiva agonistica ancora mancava al pedigree della neo-ciclista che ambisce a fare certi percorsi e ad andare a certe velocità.

Buoni motivi per farla? Oltre per il “tagliando” di idoneità all’attività sportiva – non guasta mai sapere che si è a posto – è importante come ciclista essere assicurati… anche se non si capisce bene come mai il “premio” in caso di prematura dipartita è uguale a quello in caso di grave accidente, con un netto distacco, invece, per quanto riguarda i danni a terzi. Allora sì che sei veramente coperto.

Così inizi a pensare… che con il ciclismo non si scherza e andare addosso a qualcuno, magari a un runner con la cuffia, a oltre 30 Km/h non è certo un simpatico scherzetto. Anche se a fantasticare di tirarli giù come birilli al booling in stile cartone animato non si fa certo peccato.

 

C’é infine un ulteriore vantaggio, visto che è di questi giorni la notizia della stretta sui ciclisti indisciplinati, con multe abbastanza salate se si trasgrediscono le regole. Pare, come afferma il sito “Senza Fretta”, trovato nelle mie ricerche in rete, che negli eventuali controlli da parte delle pattuglie stradali, il tesserino che attesta l’idoneità fisica al ciclismo possa “giustificare” l’utilizzo su strade pubbliche di biciclette non completamente rispondenti ai requisiti richiesti dal Codice della Strada. Il link al sito “Senzafretta.org” rimanda all’articolo originale da cui ho tratto l’informazione, naturalmente da approfondire in caso di necessità.

Quindi anche il mio bolide Bianchi Sempre Pro che non doterò mai di campanello né di luci come se fosse un mezzo cicloturistico qualsiasi, potrà sfrecciare impunito alla faccia della municipale.

Sono quindi determinata a procedere. Nel mio portafogli non può mancare la magica tesserina d’appartenenza al grande “club degli amatori” e così, grazie all’aiuto di Mario Bodei, il presidente di dateciPista, associazione del velodromo Parco Nord di cui ora faccio parte, combino l’appuntamento in un centro clinico specializzato per ottenere (speriamo!) il certificato medico agonistico.

Sì perché non è certo così scontato che mi facciano abile e arruolata. E se le troppe sigarette fumate in passato mi hanno annichilito i polmoni? E se salta fuori che ho il cuore matto o peggio che saltella in modo bizzarro per qualche suo vizietto nascosto?

A dire il vero non ho troppa paura di sorprese. Ultimamente mi sento proprio in forma. Perfino la cellulite sembra aver abbandonato il campo, di fronte a cotanta prestanza fisica. E allora, dottore, sono pronta a superare tutti gli esami. Da cosa iniziamo?

Il medico specialista che ho di fronte, nel centro…. di Cinisello, ha una bella barba folta e nera e, a occhio, una decina d’anni meno di me. Incarna più un’idea astratta di intellettuale piuttosto che il rigoroso uomo di scienza. Ma ciò non toglie che sia veramente un esperto. Lo si intuisce dalla fluidità delle prime domande che mi vengono poste. Quelle sulla familiarità ad alcune malattie ad esempio.

Andiamo talmente indietro nel tempo, tra nonni e forse anche bisnonni che a un certo punto ho la sensazione di dover dichiarare qualche caso di peste, al tempo dei Promessi Sposi. Difficile che dalle nostre parti, Brianza & Co, nessuno si fosse imbattuto nel temibile morbo che colpì Don Rodrigo e spazzò via gran parte della popolazione, ma è ormai storia vecchia. E i nemici dello sportivo doc possono invece nascondersi nel cuore e nei polmoni.

 

 

Così dopo la teoria ecco finalmente la pratica. Parola allo spirometro. Devo soffiare con quanta forza ho dentro a un tubo. Farò un figurone, penso tra me e me, all’idea che ho acceso l’ultima sigaretta oltre 12 anni fa. Ma non avevo certo calcolato la dimensione del tubo… e quindi, dopo aver riempito i polmoni a più non posso mi ritrovo… sfiatata in un nano secondo! Con il dottore che incita “dai dai soffia, di più di più!” Ma dove vado a prenderla l’aria? Con il tubo così largo è uscita tutta, accidenti.
Al termine della prova chiedo com’è andata. E sorprendentemente il responso è meno peggio del previsto. Bravi polmoni!

Dopo pressione e auscultamenti vari, tocca quindi alla bilancia. Che conferma l’esito positivo che da qualche tempo tengo d’occhio anche a casa. Ho perso dallo scorso marzo circa 7 kg. BMI ideale, intorno al 19.8.
In montagna, nelle dure salite di Madesimo che mi aspettano, a partire dal famoso paesino Groppera alla cui ascensione avevo dedicato un sofferto articolo di cronaca, dovrei cavarmela di gran lunga meglio. Tra bici leggera in carbonio, muscoli più reattivi e 7 Kg di zavorra in meno, ce la farò. Magari con meno tragedie.

La visita prosegue con il “piatto forte” che da subito avevo adocchiato al centro della stanza. Mi aspetta l’elettrocardiogramma sotto sforzo con il cicloergometro, cioé una cyclette che consente di aumentare la resistenza e su cui salirò tempestata di elettrodi per “fotografare” il cuore in movimento in ogni suo recondito e nascosto lato.

 

Questa volta non intendo farmi fregare come con lo spirometro e così mi preparo psicologicamente alla prestazione. Il test consiste in circa 4 minuti di pedalata a 90 rpm, cioé giri di pedale al minuto, per i primi 4 minuti. Poi si aumenta la resistenza e la velocità, fino a 100 rpm. Infine, ultimo sforzo, con l’immancabile incitamento del dottore “dai…dai…forza!” si dà il massimo raggiungendo e mantenendo i 110 rpm con resistenza ulteriormente incrementata. E così l’aplomb esibito nei primi 4 minuti se ne va a farsi friggere, anche se devo dire di essermela cavata assai bene. Non ero né stravolta né con il cuore troppo in gola.

Anche se il sellone largo del cicloergometro e i pedaloni elefantiaci non erano esattamente estetici come le immagini degli atleti nei tunnel del vento. Diciamo che un po’ ci speravo di vivere un’esperienza alla Froome e che anche questa volta l’immaginazione ha dovuto lavorare parecchio, insieme al cuore, per figurarsi il giusto ambiente teso aumentare la prestazione. Sì perché, almeno nel mio caso, è la mente piuttosto che cuore o polmoni, che fa l’atleta.

 

Ma bando alle speculazioni cerebrali, mi attende un ultimo step. Dalle stelle alle stalle: si deve analizzare la qualità della pipì. Bicchierino e via, a produrre quanto richiesto. Il bastoncino dell’analisi è lì pronto ad attestare in pochi secondi che va tutto bene ed anzi rivela un lieve eccesso di proteine.

Sarà il carpaccio di pesce crudo che divoro sempre a pranzo per tenere regolato il peso? Macché… il medico mi spiega che, praticando intensa attività sportiva, il muscolo continuamente si crea e si distrugge. Ecco così spiegata la libera circolazione di proteine in giro nel corpo.

Bene. Allora siamo al dunque. Dottore com’é andata? Promossa atleta? “Sì, non sei super, ma sei normale“. E mai verdetto così apparentemente deludente fu così apprezzato!

 

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