Che poi riflettevo, a pensarci bene la mia prima mezza maratona fu un mezzo disastro come tutte le cose fatte senza esperienza e senza chiedere consiglio a chi ne sa più di noi.

Io difficilmente chiedo, non per presunzione, sono abbastanza chiusa nelle mie cose, diffidente e semplicemente, prima di chiedere aiuto preferisco risolvere le cose a modo mio. A volte mi va bene e altre volte invece ci sbatto il muso, lo so è sbagliato ma c’è anche un detto: sbagliando si impara, ecco io ne sono la prova vivente.

La Mezza Maratona di Padenghe che avevo scelto di correre come prima gara ufficiale, a novembre, non era stata scelta a caso, il cartello che la pubblicizzava era appeso proprio li a caratteri cubitali, lungo la statale che unisce Salò a Desenzano, inevitabile non vederlo ogni volta che mio padre mi accompagnava a prendere il treno che mi riportava a Milano alla fine del weekend. Logisticamente era perfetta, perché organizzata sul Lago di Garda, in questo modo avrei avuto amici e genitori a sostenermi e a fare il tifo per me il giorno della gara.

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Anche questa volta il tempo non fu clemente, del resto che ti puoi aspettare a fine novembre se non pioggerellina e nebbia mista ad acqua che ti entravano nelle ossa?

La gara, si rivelò fin da subito più dura del previsto, salite infinite, freddo, crampi alle gambe, compagni di corsa molto molto molto competitivi e decisamente poco socievoli, l’emozione che mi fermava il fiato il gola e mi impediva di respirare e di ricaricare i polmoni al ritmo di corsa, paura di arrivare ultima e fare una figuraccia di fronte al “mio” pubblico. L’entusiasmo si affievoliva mano a mano che percorrevo la distanza che mi avvicinava al traguardo.

Diversamente da altre gare di 10k che avevo fatto dopo la Staffetta di aprile, durante le quali mi era capitato di scambiare parole con compagni di passo occasionali durante il percorso, quel giorno, non riuscivo ad attaccare bottone con nessuno, eh si che in tanti anni di lavoro di PR ho avuto modo di cimentarmi in mille occasioni…… ma niente, quel giorno mi sono ritrovata totalmente sola… per l’intera durata della corsa mi ripetevo come un mantra: “ce la faccio, ce la faccio, ancora un altro kilometro e poi semmai cammino… ma no dai…. ancora uno di corsa, magari piano piano…. Che freddo alle mani! Uhm, prossima volta lo metto rosso lo smalto cosi se mi si scheggia si nota meno del Rouge-Noire, mannaggia questo freddo mi screpola le mani, tocca fare l’impacco con la Glisolide a fine corsa…. Avrò fatto bene a mettere i calzoncini corti col calzettone? Non è che poi da metà gara prendo freddo ai muscoli e mi inchilosisco lì sul posto e mi devono venire a recuperare? ….. Certo magari avrei poturo mettere un tocco di colore…. Tutto sto nero anche mentre corro…. Che noia! Se ariivo entro le tre ore mi compro un nuovo completo …… dai dai dai stai andando bene…. pensa ad altro, pensa altro, piano piano continua così….” e poi quando credevo di essermi ripresa, ecco l’ennesima salita che ti taglia le gambe……

che cazzz…. ma sì che mi frega se non ce la faccio più… io cammino !!!” (ndr è risaputo e tutti i veri Runner lo sanno che dalle parti del lago di Garda ci sono solo salite e falsi piani e per me Milanese abituata a correre in Pianura poco avvezza alle salite…. è stata una fatica doppia! Cosi per dire).

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Incredibile la quantità di cose che ti passa per la mente mentre cerchi di non pensare che hai scelto di correre quei 21 kilometri e 975 metri.

E, quando avevo pensato anche alla lista della spesa per le due settimane successive, incastrato appuntamenti di lavoro con estetista, parrucchiere e mani da TONG TONG, ripassato perfino la tabellina dell’8 che alle elementari era un po’ il mio tallone d’Achille, mi stavo abbandonando ad un insieme di disperazione, rabbia e sconforto, (perché diciamocelo chiaro io cercavo di non pensare ma non mi passava piu’! )….. eccolo là il cartello che segnalava il 19mo kilometro…… e in un attimo eccola là la scarica adrenalitica di ENDORFINE che tanto si erano fatte desiderare, e di colpo la svolta, quella sensazione di gioia e di libertà mi pervase nuovamente e come se avessi ingranato una marcia diversa eccomi li a correre con tutta la forza che mi rimaneva in quasi totale apnea quei 2 kilometri e 975 metri che ancora mi mancavano per tagliare il traguardo.

Buttai un occhio al timer e vidi che avevo finito la gara in 1 ora e 57 minuti. WoW! Pensavo peggio!
Poi mi girai dalla parte opposta e vidi mamma e papà sorridenti e curiosi di sapere le mie impressioni, li ad aspettarmi, nemmeno si immaginavano quello che avevo sofferto in quelle quasi due ore, ma non importa la mia felicità li aveva già contagiati.

Mi sono commossa… ero felice ed ho pianto di nuovo, ma questa volta la mia era una gioia macchiata di consapevolezza per aver peccato di presunzione, avevo voluto fare tutto da sola ma non ero ancora pronta per una mezza maratona, di correre una maratona non se ne parlava proprio…… c’era ancora tanto tanto tanto tanto da lavorare, perché se il dolore è inevitabile, la sofferenza è opzionale. Se decidi di correre una gara, la fatica è una realtà contro cui scontrarsi e arrivare al traguardo dipende solo da te, ma lo devi fare con i gisuti mezzi e con la giusta preparazione, perché la leggerezza di dire “se ho corso 10 kilometri posso farne 21”… nel running, non funziona.

Il running è si gioia e libertà, ma è anche: fatica, dedizione, tempo, costanza, pazienza, testardaggine e sofferenza…. tanta e preparazione metodica, che poi quando tutto questo diventa parte integrante della tua routine quotidiana, si trasforma in disciplina di vita e cosi come ti imponi di macinare kilometri di corsa, allo stesso modo ti imponi di affrontare le difficoltà della vita con la stessa determinazione e con lo stesso antagonismo che ti porta al raggiungimento del risultato qualunque esso sia.

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Toccava lavorare sulla resistenza e macinare kilometri più che guardare al tempo impiegato, che poi in gara vincere o perdere contro un concorrente non importa a nessuno, per un runner non professionista l’importante è arrivare al traguardo perseguendo il personale obiettivo che si era prefissato.

La mia Prima Mezza Maratona l’ho archiviata tra i Posso Fare di Meglio, non era andata benissimo, ma col senno di poi, neanche tanto male, la cosa importante è che non avevo mollato…. Avevo corso senza fermarmi ed ero arrivata alla fine. Era già un successo e un qualcosa su cui lavorare per migliorare. Non mi ero arresa alla fatica.

Inoltre, grazie alla Mezza Maratona di Padenghe, ho conosciuto Barbara, una mia coetanea che vive a Milano poco distante da me e con la quale abbiamo organizzato un gruppo di Runner di zona con i quali ci troviamo all’alba e andiamo ad allenarci al Forlanini o all’Idroscalo quando il traffico estivo ce lo permette.

Perché se vuoi andare veloce, corri da solo. Se vuoi andare lontano corri insieme a qualcuno. [Proverbio Africano]