Oggi ho corso 28 kilometri. La settimana scorsa 24 e quella prima 21.

Sono felice.

Era dal 2019 che non riuscivo a correre così tanto e così bene. Poi, per un certo periodo ho appeso le scarpette al chiodo e non per mia scelta.

Doppia conquista considerato il mio periodo IN e OUT con la corsa.

Passo da momenti di amore folle per la corsa in cui mi sento invincibile, ad attimi di scazzo in cui anche solo infilare le scarpe da corsa diventa una vera fatica.

Tutta questione di testa.

Perché alla fine ogni volta che rientro sono contenta e piena di energia anche se la notte prima ho dormito solo poche ore.

Completare i 28 non è stato facile diversamente dai primi 21.

Li ho sofferti tutti. O meglio, non proprio. Fino ai 19 sono andata via tranquilla. Seguendo una mia tabella mentale perfetta al decimo di secondo e godendomi ogni passo. Il che per una maniaca del controllo come me, è carburante per il mio Ego. E se il mio Ego è contento tutto il resto funziona di conseguenza.

Ho corso piano ma costante. Sono lontani i tempi in cui bruciavo tutte le energie subito perché partivo a razzo e poi mi arenavo come un capodoglio sulla spiaggia senza energia e con la testa già sotto la doccia calda.

Stavo così bene che mentalmente già pianificavo mentalmente i 30 della prossima domenica sul Lago di Garda da mamma e papà. Ai 28 di oggi ne avrei aggiunti 2. Easy. Pensavo.

L’importante era mantenere il ritmo costante senza distrazioni o variazioni effetto elastico. Come un robottino. Lineare fino alla meta. Incredibile parchè di solito, mi assale una strana forma di ansia che dura per quasi tutta la durata dell’allenamento. Quell’ansia di quando vorresti fosse già tutto finito, schiacciare lo stop del Garmin, sorridere e godersi il resto della domenica sul divano con telecomando in mano.

Questa volta, think positive, ho avuto un approccio diverso. La corsa deve farmi stare bene ed essere una cosa divertente, non un obbligo da fare controvoglia. E così è stato, fino a quando ho preso l’integratore. Non ne avevo bisogno per essere onesti, eppure mi ero prefissata di buttarlo giù al 15mo kilometro e così ho fatto.

Ho commesso il più grosso errore che potessi fare: non solo per l’integratore che seppure rodato, non prendevo da anni ma, soprattutto bere due sorsi d’acqua (fredda) alla fontanella di Piazza Castello.

Da lì è stato l’inizio del calvario. Dolori di pancia fortissimi che ho cercato di ignorare mentre arrancavo non so neppure come, da Parco Sempione a Parco Palestro dove so esserci dei bagni chimici.

Ho perfino fatto il miglior kilometro della tabella tanto correvo veloce. Basta la motivazione no?

Potete immaginare? Una Fashion PR in un bagno chimico? Dai tempi della Mezza Maratona di Windsor del 2018 che non ne usavo uno!

Eh già perché non avevo nemmeno 1 euro per permettermi di entrare in un bar con la scusa di un caffè. Secondo errore della giornata. Una principiante! Però in compenso, avevo la mascherina FFp2. Almeno quello.

Capita.

Capita di programmare tutto nel dettaglio e poi succede l’imprevisto. Siamo umani.

Mi era capitato una volta in gara, alla mezza di Windsor appunto. La mia prima volta in un bagno chimico o forse no, forse era già successo a New York nel 2015 e a Milano dopo una staffetta. Si alla fine non sono così “posh “in versione runner, diciamo che domenica non è stato il battesimo del bagno chimico ora che ci penso.

Questa volta è successo in allenamento, e non un allenamento da poco. Nulla di grave. Tutto si supera e soprattutto serve per la volta successiva a non commettere lo stesso errore.

Gli ultimi 8 kilometri che ancora mi mancavano per completare la tabella sono stati un vero inferno.

La testa aveva perso il focus, e sono entrata nel tossico loop “quanto manca ancora che non ne posso più?”

e a guardare il Garmin ogni dieci passi, nella speranza di aver corso chissà quanto, per realizzare invece di aver fatto solo venti metri.

Ho iniziato a pensare ad altro, fare tabelline era l’unica soluzione visto che ad un certo punto anche gli auricolari mi hanno abbandonato.

Ho iniziato a sentire male ai polpacci, bruciore ai piedi, dolori alle anche. E giù di tabelline. Ormai sono un mago.

Ai 24 ho iniziato a tirare respiri di sollievo, ai 25 mi sono risvegliata dal torpore, ai 26 non ci credevo, ai 27 e mezzo addirittura ho allungato la falcata.

Allora ne avevo ancora, fisicamente parlando. Perché tanta fatica?

E’ tutta una questione di testa. Ci devo lavorare ancora un po’.

Chi mi incrociava e mi guardava chissà cosa avrà pensato del mio modo di correre.

Chissene. Li ho portati a casa.

E domenica si replica.

Con 30.