È tradizione per me correre il primo di gennaio all’alba.

Anno nuovo, nuovi progetti, nuova me, nuova tabella, nuovi obiettivi…. Bla bla bla…. tempo un mese e tutto torna esattamente come prima.

I nuovi propositi passano in cavalleria e bentornata normalità.

Onestamente, se qualcosa funziona, perché cambiarlo?

Chissà perché l’inizio di un nuovo anno viene visto sempre come un fare tabula rasa di tutto con la speranza che l’anno che arriva sarà il migliore di sempre.

E cosi, dal 1° di gennaio la nuova ME, ha deciso che: basta con i buoni propositi, le liste del “farò questo, farò quello”, del “tutto sarà più bello”, “da domani si cambia in meglio.”

Errore. La vita va vissuta ogni giorno dell’anno e non solo nel mese di gennaio come un nuovo inizio.

Questo personale libro bianco dell’anno 2022 l’ho voluto iniziare lasciando tutta la zavorra e quello che non voglio più nella mia vita, piuttosto che stilare la lista di quello che vorrei, ho fatto la lista al contrario, a cominciare dal cambiare certe vecchie abitudini che alla fine non funzionavano.

Sono uscita a correre il 6 gennaio. Giorno dell’Epifania, un giovedì di festa a metà della prima settimana dell’anno nuovo. Senza tabella e senza stress. L’ho fatto perché ne avevo voglia.

Ho infilato nuove scarpe e nuovi pantaloni. Gold e Black come solo una fashion PR può. E perché no? Ogni cosa anche le più insignificanti possono diventare il giusto incentivo per iscriversi ad una maratona.

Attivo il Garmin, e inizio piano piano la corsa. Seguo il ritmo della musica e mi estraneo da tutto quello che mi circonda.

Oggi siamo io, il rumore dei miei passi soffocati e la mia musica. 50 minuti easy a zonzo per la mia Milano.

Obiettivo: 10 kilometri.

Il minimo sindacale per cui vale la pena di mettere le scarpe da corsa. Se non faccio nemmeno i 10 sono messa davvero male.

Direzione parco Marinai d’Italia, troppo tardi per buttarmi nella mischia del centro, penso tra me e me, anche se un po’ mi spiace non vedere più il gigantesco albero di Natale in pizza Duomo, domani o domenica al più tardi lo smonteranno…. Quest’anno a differenze degli altri anni me lo sono goduta poco ed è davvero un peccato non godere ancora un po’ della magia natalizia.

Ma sì, non è poi così tardi, alla fine, magari gran parte delle persone è ancora chiusa in casa al caldo….

Toccata e fuga veloce…. sto attenta, mi copro bene bocca e naso e rientro a casa.

Mi impongo di non guardare il Garmin per tutta la durata dell’allenamento.

Inverto la rotta.

Cambio strada.

Direzione centro.

Mi distraggo in fretta tra pedoni, cani, biciclette, luci e negozi, mi guardo attorno e macino metri senza accorgermene. Non penso alla fatica e se sento male alle gambe o mi viene il fiato corto, posso sempre trovare la scusa del semaforo rosso e rifiatare. I primi chilometri sono sempre i più faticosi, aggiungiamo anche i cocktail al gin dei giorni scorsi, non sono certo di aiuto.

Già al secondo chilometro la fatica comincia ad allentare la presa, le gambe si riscaldano e correre mi diventa la cosa più naturale del mondo. L’ aria fredda che entra nei polmoni, il sole tiepido sul viso mi fanno sentire viva più che mai. Mi piace correre, è ormai parte integrante della mia vita.

Soprattutto, mi piace correre per la città. Strade, vicoli, palazzi, tram, auto sono il mio elemento naturale.

Solo correndoci è possibile conoscere realmente una città. Motivo per cui ho deciso di correre tutte le maratone sparse per il mondo. Le Major in primis.

Correre senza meta, senza vincoli, perdersi per poi ritrovare una strada diversa per casa e scoprire angoli che in normali circostanze, mai avresti avuto il piacere di vedere.

A volte indossare calzoncini e scarpe da corsa è come avere una corazza che ti libera e ti legittima a fare qualunque cosa ti passi per la testa in quel momento.

Un runner si spoglia delle paure, dei limiti, delle barriere convenzionali. Un atteggiamento declinato poi in tutte le sfumature della vita. Spesso quando rientro nei panni della PR, la magia della corsa svanisce come per incanto, “switcho “e sono di nuovo on duty, nel ruolo serioso di chi della comunicazione con tutte le sfaccettature, ne ha fatta una professione, salvo poi lasciarmi scivolare certe cose che un tempo mi facevano stare male o non dormire la notte. Oggi non è più così.

Ogni cosa la affronto come una maratona. Un kilometro alla volta, un piede davanti all’altro. La corsa è il mio boost, la mia àncora di salvezza, il mio schermo protettivo, la mia forza.

Amo la corsa.

Amo correre sull’asfalto. Più di un trail, di una tapasciata in campagna o di una Monza Resegone giusto per citarne una a caso. Il mio tallone di Achille, la vetta sospesa ancora da cinquistare, la medaglia che andrò a conquistare quest’anno insieme alle mie “partner in crime”, Galline in fuga reloaded: Simonetta e Vanessa.

Semaforo rosso, mi fermo rifiato, butto un ultimo sguardo al Duomo e dritta di corsa verso casa.

E sì. La corsa è il regalo più bello che mi potessi mai fare.