Sono pochi kilometri all’inizio, e poi piano piano in maniera impercettiva la passione ti entra nel sangue e diventa quasi una droga.

Arrivano in sequenza le prime 10 kilometri, quelle divertenti, in gruppo con chi già corre o con chi invece corre da poco, in palestra sul tapis roulant (ecco io proprio non vi capisco, ma vi stimo, sempre meglio che stare sul divano), nel parchetto sotto casa, quando pensi che tutti ti stiano guardando perché in fondo non ti senti a tuo agio in quella tuta troppo larga per fare running, ti senti goffa nel correre,  mentre invece, magari ti guardano con invidia perché tu lo hai fatto: infilarti le scarpe da corsa e andare a correre all’alba, o la domenica mattina o la sera dopo l’ufficio, e loro lo vorrebbero fare, ma no, non lo fanno e si barricano dietro a scuse improbabili o continuando a rimandare a tempo infinito.

Le 21kilometri, forse un pochino meno divertenti delle 10k, sicuramente più dure da correre e da preparare, e sembrano non finire mai, perché la differenza tra i 10 e i 21 non è poi tanto breve, anzi tra i 17 e i 20 è un passaggio infinito, meglio non ti passa più,  che impari ad apprezzare quando i 21 diventeranno il tuo allenamento della domenica, una cosa easy che quasi non ti rendi conto di fare, quando i lunghi saranno di 32, 36 kilometri, quando decidi che è arrivato il momento di fare il  grande passo, di correre una maratona.

La maratona o la ami o la detesti

In fondo, pensi nell’inconsapevolezza di non averne mai corsa una, sono 4 gare da 10k più un pezzettino, sono due mezze maratone tonde tonde, sono 5 kilometri alla volta che mancano alla fine, sono un passo dietro l’altro di un viaggio meraviglioso che ti conduce alla gloria del traguardo della distanza regina. Quel traguardo che quando lo tagli ti fa toccare il cielo con un dito, ti fa sentire onnipotente e capace di affrontare qualunque cosa, qualunque problema, qualunque avversità, ti senti #fearless e nulla più ti spaventa.

Un passo dietro l’altro. Chi me lo fa fare?

Domenica sarò a Edimburgo, correrò la maratona nella mia seconda città del cuore, dopo Londra, dove i ricordi di Maria Stuarda e William Wallace imperano ovunque. Dove ogni angolo e ricco di energia e di storia, dove suderò ogni singolo metro nella città vecchia che è tutta in salita per arrivare al rettilineo di Portobello di fronte al mare. Edimburgo e una di quelle città in cui ci arrivi e ti senti a casa, ti abbraccia con la sua vibrante energia, ti fagocita in un mare di gente, ti rapisce con i suoi angoli gotici oscuri a tratti esoterici.

Talmente a casa e a mio agio nonostante tutto, che quando ad agosto ci sono stata in vacanza per la paura di non tornare a breve ho deciso di correrci una maratona. Detto fatto, nemmeno un attimo per ripensarci mi sono iscritta.

Conosco gente che dopo una maratona non ha più voluto sapere nulla della corsa e ha buttato le scarpe, conosco gente che alla maratona sputa sangue, ma una volta terminata si iscrive subito alla successiva, conosco gente che dopo una maratona decide di correre una ultra-maratona, di quelle che durano 100, 150, 200 kilometri e anche oltre.

Odio le bolle ai piedi, le unghie nere, lo smalto perennemente sbeccato, i dolori alle gambe il lunedì mattina, odio doversi svegliare tutte le domeniche all’alba e non poter dormire a oltranza. Ma amo come mi sento una volta tagliato il traguardo, amo il bagno di endorfine una volta terminato di correre, ormai per inerzia, quel senso di torpore e di ebrezza che per pochi secondi ti stordiscono ma ti fanno capire che ancora una volta sei Finisher, ancora una volta ce l’hai fatta, ancora una volta sei una maratoneta.  E baci la medagli ache nol frattempo qualcuno ti ha infilato al collo.

E poi ci sono le 10 kilometri della domenica, quelle nella mia città, Milano, bellissima quella di domenica la POLIMIRUN, onestamente non l’avevo mai corsa, folle, mi sentivo come dire fuori target, e poi diciamola tutti noi maratoneti a volte diventiamo anche snob e spesso le 10k non le prendiamo nemmeno in considerazione, a meno che non siano quelli della staffetta della Milano City Marathon e li sì, si respira aria di maratona e si fa anche del bene.

Errore, le 10k sono bellissime e divertenti, soprattutto se corse insieme agli amici di sempre, gli amici ritrovati, gli amici del “dai vediamo” e poi passano i secoli, gli amici che “corriamo insieme”, e poi non si riesce mai ad incastrare il momento giusto, gli amici che corrono per la prima volta una gara ufficiale e che ti dicono “quando ne facciamo un’altra insieme?”.

E’ stato bello, partire con loro e fare tutto il percorso in compagnia, “spararsi” dei selfie nel tunnel della stazione, tagliare il traguardo tenendosi per mano. Riassaporare le emozioni che la corsa da. I primi limiti abbattuti, la voglia di continuare a correre, e di migliorare, l’emozione di chi ti stringe e ti ringrazia per essergli stata a fianco.

E poi accompagnare Patrizio alla sua prima corsa, vedere da esterna le emozioni, la fatica di cominciare, il fiato che fatica a rompersi, le gambe che formicolano e che quasi sicuramente il giorno dopo saranno di legno e ti faranno camminare come una marionetta.

Hai voglia a bere magnesio la sera e la mattina

Tutto ciò è combustibile per noi assatanati di kilometri, per noi che non guardiamo in faccia nessuno durante gli allenamenti, perché siamo talmente incazzati e stiamo soffrendo le pene dell’inferno e allora ci inventiamo mille pensieri, barzellette, ricordi per distrarre la mente e non pensare alla fatica, non abbiamo tempo e forze per niente e nessuno, perché in fondo siamo maratoneti duri e amiamo la corsa talmente da non poterne più fare a meno, e siamo così felici quando corriamo, che vogliamo condividere con chiunque queste emozioni, noi che amiamo al punto la corsa da non poterne più fare a meno.  Noi.

E allora forza Urban Runners a noi che saremo a Edimburgo, a chi sarà alla 100 kilometri del passatore a chi farà il tifo e a chi non vede l’ora di correre ancora con noi.