“Quel giorno, non so proprio perché decisi di andare a correre un po’, perciò corsi fino alla fine della strada, e una volta lì pensai di correre fino la fine della città, e una volta lì pensai di correre attraverso la contea di Greenbow. Poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell’Alabama, e così feci. Corsi attraverso tutta l’Alabama, e non so perché continuai ad andare. Corsi fino all’oceano e, una volta lì mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre. Quando arrivai a un altro oceano, mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui, tanto vale girarmi di nuovo e continuare a correre; quando ero stanco dormivo, quando avevo fame mangiavo, quando dovevo fare… insomma, la facevo!” Tom Hanks in Forrest Gump

Cosa c’è di peggio per un runner di non poter correre? Niente!

Avere voglia di correre, essere al massimo della forma, ma non riuscire a muoversi per più di 5-6 kilometri perché ad ogni passo ti senti un cane che ti azzanna alla caviglia, non solo è frustrante, ma anche terribilmente triste.

Trovarsi di fronte ai propri limiti, quelli che sei abituata a superare per andare oltre, perché non ne hai mai abbastanza, e quando tagli il traguardo di una maratona sotto le quattro ore ti senti invincibile e onnipotente, e invece di colpo il corpo ti dice stop e non c’è volontà che tenga o che possa superare l’ostacolo.

Ti devi fermare e rifiatare. Far passare il tempo, tutto il tempo necessario perché il dolore possa passare e tu riesca di nuovo a correre. Come prima, più veloce di prima e forse più di prima.

Quello che si prova correndo dopo essere guariti ha qualcosa di unico. Correresti per sempre, senza mai fermarti e forse è in uno di quei momenti dove decidi di programmare un’altra maratona, anzi addirittura un’ultra-maratona, quella che l’amico Fulvio e l’amico Sandro hanno deciso di correre il 29 di Aprile insieme ad un centinaio di altri runners: la Milano Sanremo. No, non quella storica da fare in bicicletta.

Si tratta piuttosto della gara podistica su strada più lunga d’Europa. Ben 285 chilometri non stop attraverso la pianura e l’appennino ligure da coprire in massimo 48 ore.

Tra gli iscritti dell’Ultra si scopre che ci sono certi atleti, conosciuti e stimati nell’ ambiente, è il caso di Joao Oliveira vincitore nel 2015 e nel 2016, ma non solo, sono presenti anche professionisti, manager, e semplici appassionati.

Tra questi, spicca il nome di un certo Michele Graglia che prima di macinare chilometri alle Ultra-maratone e gare podistiche in tutto il mondo calcava da modello sulle passerelle di nomi altisonanti del mondo della moda, suo il libro scritto a quattro mani con Folco Terzani, ULTRA.

Oppure Lauren Hadley, la donna che alla Milano-Sanremo dello scorso anno ha emozionato tutti perché, nonostante fuori tempo massimo per concludere la gara, non ha mollato un secondo e ha portato a termine la sfida con se stessa raggiungendo il traguardo dopo ben 54 ore di corsa.

Il percorso della Ultra Maratona Milano-Sanremo può essere affrontato in due modalità

Single stage, vale a dire in solitaria, ogni atleta percorre per intero i 285 chilometri, oppure in relay mode, staffetta, con passaggio del testimone tra 5 partecipanti in corrispondenza dei “cancelli” lungo il percorso di gara. In entrambe le modalità di percorrenza, il tempo massimo per concludere la prova con la piena assistenza dell’organizzazione è sempre di 48 ore.

La gara attraversa la pianura padana, tre Regioni italiane e 54 Comuni,  passando tra risaie, incantevoli centri storici, raggiungere Pavia e Tortona, dove si inizia a risalire l’appennino ad Ovada e Masone, scollinando il Passo del Turchino e sbucando infine lungo la costa all’altezza di Voltri e da lì lungo la riviera fino a destinazione: il mare di Sanremo.

Dalla partenza, alla rinnovata Darsena sotto gli occhi benevoli del Sindaco Sala, il primo “cancello”, il check-point dei maratoneti, si trova a Casteggio, 53 chilometri dal centro città, qui gli atleti dovranno raggiungerlo entro 7 ore dalla partenza; il secondo cancello è a Ovada altri 70 chilometri che iniziano a inerpicarsi lungo un tratto da coprire in un tempo massimo che già sembra proibitivo, 17 ore. Da quel punto, oltre alla fatica di avere alle spalle e nelle gambe, più di 100 chilometri, inizia una bella salita fino a 600 metri di altitudine da percorrere altri 44 chilometri,  per arrivare all’apice e rivedere il mare di Genova Voltri. Dalla città ligure per raggiungere la metà mancano un cancello a Loano ed un tragitto di altri 120 chilometri. Noccioline insomma per un ultra maratoneta.

Fulvio e Sandro, per niente competitivi e schiavi del Garmin, hanno deciso di correre ultra-maratone perché troppo lenti in maratona (stiamo parlando di 3 ore e 36 minuti il PB e non si erano neanche impegnati).

Le gare le corrono sempre insieme. Una volta stavano per chiudere una maratona in 3 ore e 15, ma vista una ragazza in difficoltà, in piena crisi di testa e di fisico, che voleva ritirarsi, Fulvio non ci ha pensato due volte, le si è affiancato e l’ha portata a tagliare il traguardo in 5 ore e 50. Perché Fulvio è una persona così, la felicità che ha visto negli occhi di quella ragazza l’ha ripagato più di un personal best. “del resto la medaglia me l’hanno dato… sia che finissi in 3 che il 6 ore…. ”.

Le ultra non sono gare, sono veri e proprio viaggi che ti riempiono corpo e spirito, sono esperienze emotive che arricchiscono chi le fa e chi sta vicino ed ha la fortuna di sentirne raccontare.

Di ultra-maratone nel deserto Fulvio ne ha corse ben quattro. In una si è addirittura classificato al terzo posto, nonostante avesse aiutato due persone in crisi lungo il percorso, crisi che se sottovalutate ti mandano dritto all’ospedale se non peggio, è arrivato a podio subito dopo professionisti che di corsa ci vivono e che il lunedì mattina non devono andare in ufficio o in fabbrica a lavorare.

La struttura fisica e la preparazione atletica aiutano, ma certe persone sono portate per natura ad una certa tipologia di gare, non ce n’è.

Per quanto il fisico possa essere forte, la vera forza viene sempre dalla mente” mi spiega Fulvio. E forse il fatto di non dover dipendere da tempi e Garmin, probabilmente aiuta. Fatto sta che Fulvio si spara lunghi da 45 kilometri e ripetute in salita sul colle della Maddalena a Brescia, salite che io non riuscivo a fare nemmeno con il mio motorino Ciao nuovo di pacca.

E lo fa con una semplicità disarmante, lo vedi dai video che ti mostra con orgoglio non per vantarsi ma per coinvolgerti in quelle emozioni che solo chi ha il coraggio di affrontare una ultra-marona prova e riesce a trasmettere.

Così come quando ti racconta con estrema non-chalance, della sua ultima impresa, perché non potrei definirla in maniera diversa, la Milano-Sanremo, 285 kilometri da coprire in 48 ore dal via, partenza dalla Darsena di Milano per proseguire poi lungo il tracciato della classicissima del ciclismo.

Una gara vissuta in maniera massacrante, a causa di errore di tattica e imprevisti che purtroppo un maratoneta non è in grado di prevedere. Una gara da correre su strada e cemento, di notte, al buio, e quando arrivi al Turchino, la testa si inganna perché vede il mare, in realtà manca ancora da percorrere tutta la Riviera di Ponente, fino al mare di Sanremo. La gara finisce quando il concorrente si tuffa nelle acque del mare.

285 in 48 ore, fa paura solo a scriverlo. E per Fulvio che l’ha fatta insieme al compagno di corse e di avventure di sempre, Sandro Gaffurini, sembra essere la cosa più naturale del mondo. Con Sandro, Fulvio ha corso parecchie gare e non solo nel deserto. Il legame che si è creato tra i due è così forte ed è tale la fiducia reciproca che Fulvio ha imparato a correre dormendo. Si aggancia allo zaino di Sandro e fa dei micro-sonni di tre, quattro minuti che gli permettono di rigenerarsi senza sospendere la corsa.

La sua prossima corsa in programma, è la Boavista Ultra trail, in calendario il 2 e il 3 dicembre.

150 kilometri, è una gara regina nel suo genere: gli atleti devono effettuare un giro completo dell’isola di Boa Vista, attraversando scenari mozzafiato come il deserto di Viana e gli angoli più pittoreschi come il villaggio di Espinguera, un tempo insediamento di una piccola comunità di pescatori.

Una gara che Fulvio ha già corso ma che lo scorso anno ha dovuto abbandonare per un dolore fisico che non gli dava tregua. Da persona saggia, si è ritirato e ha tenuto il contro aperto per quest’anno e sono certa che chiuderà in maniera esemplare comunque vada.

“Del resto anche se ti ritiri da una gara non c’è proprio nulla di grave, comunque impari sempre qualcosa di cui fare tesoro in futuro, soprattutto bisogna sempre ascoltare i messaggi del proprio corpo, se no vai poco lontano”.

E poi altra gara in programma nel breve, la Spartathlon ovvero, la vera impresa dell’antico messaggero Filippide, non la classica 42 da Maratona ad Atene che tutti conosciamo, eh no, si tratta della vera storia che poco conoscono e che centinaia di folli maratoneti replicano ogni anno: Atene > Sparta 246 kilometri e ritorno.

Ma questa è un’altra storia di cui non vedo l’ora di raccontare nel 2018 però.

Sentire parlare Fulvio, sembra davvero facile e poco faticoso correre anche e soprattutto le ultra maratone. Io da parte mia domenica sarò sulla linea del traguardo di Nizza e il mio unico obiettivo sarà quello di portarla a termine.

Il dolore è li latente ma io farò finta di nulla. Lo ignoro e mi godo il viaggio.