Fulvio Moneghini

L’ultramaratona è una sfida con se stessi, non con gli altri: correre per centinaia di chilometri, in tutte le condizioni atmosferiche, tra i ghiacci del Canada o con cinquanta gradi nella Valle della Morte, spingendo il corpo e la mente oltre ogni limite immaginabile. Passo dopo passo, mentre le gambe cedono e i muscoli si disfano, nella solitudine di una corsa infinita”. Cit. ULTRA di Folco Terzani e Michele Graglia.

Già correre una maratona da amatori non è una cosa facile, figuriamoci una ultra-maratona.

Cosa scatta nella testa di una persona per decidere di correre 100, 175, 200 kilometri, spesso in condizioni ostili e “innaturali” per una persona nata e cresciuta nel mondo occidentale tra confort e agi di ogni tipo?

Ancora una volta entra in gioco il mio babbo. Appena arrivata a casa con il mio trolley da milanese in vacanza per l’intero mese di agosto, trovo sulla scrivania della camera il libro di Marco Olmo: “Un regalo” mi dice papà “un regalo che io faccio a te perché a me lo hanno regalato ed è stato uno dei gesti più apprezzati e inaspettati che potessi ricevere”... “regalato da chi?” replico con acidità tipica di figlia unica gelosa del proprio papà “Fulvio” mi risponde.

“Fulvio chi?”

“Fulvio, un maratoneta di Salò, anzi un ultra-maratoneta che tra le altre ha corso alla Marathones des sable quella di marco Olmo!”.

Fulvio Moneghini
Fulvio Moneghini

Tanto è bastato per accendere la mia curiosità di cogliere questa opportunità al volo e per sentire direttamente da chi lo ha vissuto, cosa significa aver corso una (più di una per la verità) ultra-maratona.

“Conosciamolo questo Fulvio!”.

Fulvio Moneghini classe 1967 ci riceve a casa sua con l’entusiasmo di chi ti conosce da sempre, te ne accorgi già da come ti stringe la mano, con un sorriso aperto e sincero che ti fa sentire subito a tuo agio.

Cosa ti porta a correre una ultra-maratona? “Correre per centinaia di chilometri è più, mi ha insegnato tante cose. Quando ti trovi solo nel deserto, cosa che mi è capitata spesso, ti senti come un puntino nell’oceano e capisci che per vivere non hai bisogno di molto, te lo dimostrano le persone che incontri, e lo scopri anche da te. Ti basta un po’ di acqua, una maglietta, un pentolino e delle scarpe da running. Tutto il resto è un di più del quale puoi fare a meno. Capisci che meno cose hai e meglio stai. Scopri il senso più profondo della vita. E non solo in corsa. Questa filosofia, la declini poi nella quotidianità, e inevitabilmente, finisci col vivere meglio”.

Fulvio come tanti di noi ha iniziato a correre tardi, dopo una vita di mangiare, bere, TV, divano, pancetta. Un giorno ha detto basta e ha iniziato a correre, gli amici e la famiglia, come spesso accade, ne so qualcosa anche io, gli hanno dato del matto, ma Fulvio dopo le prime corsette di zona ha iniziato a correre maratone e poi, il colpo di testa, l’iscrizione alla 100 kilometri del Sahara. 100 partecipanti da tutto il mondo, non uno di più. Una gara tosta, solo per gente di carattere e di un certo spessore non solo fisico.

Basta solo considerare che l’organizzazione inserisce nel kit in dotazione, un coltello perché nell’eventuale e sfortunato caso in cui un runner si perda nel deserto e resti senza acqua, piuttosto che morire di disidratazione che pare essere una morte terribile, ti spiegano come reciderti la vena femorale e morire in fretta.

“Conosco una persona” mi spiega Fulvio “che ha fatto la Marathon des sables negli anni ’90. Si era perso e del tutto inconsapevolmente si era diretto verso l’Algeria, circa 200 kilometri dal percorso ufficiale. Stava ovviamente morendo di sete perché essendo fuori pista aveva saltato tutti i check-point di rifornimento, a quel punto ha deciso di tagliarsi le vene dei polsi ma essendo disidratato, il sangue non usciva. Ha interpretato questa cosa come un segno divino, non era il suo momento, da li ha ritrovato le forze per ripartire e, poco dopo si è imbattuto in un accampamento di donne Tuareg che l’hanno aiutato e lo hanno salvato. Ovviamente poi la polizia algerina l’ha arrestato per aver sconfinato senza documenti. Nel 2012, ha rifatto la gara ed è arrivato al traguardo”.

Fulvio, per niente competitivo e schiavo del Garmin, ha deciso di correre ultra-maratone perché troppo lento in maratona (3 ore e 36 minuti il PB e non si era nemmeno impegnato). Una volta stava per chiudere una maratona in 3 ore e 15, ha però visto una ragazza in difficoltà, crisi di testa e di fisico, voleva ritirarsi, Fulvio non ci ha pensato due volte, le si è affiancato e l’ha portata a tagliare il traguardo in 5 ore e 50. Perché Fulvio è una persona così, la felicità che ha visto negli occhi di quella ragazza l’ha ripagato più di un personal best. “del resto la medaglia me l’hanno dato… sia che finissi in 3, sia che arrivassi in 6… ”.

Le ultra non sono gare, sono dei veri e proprio viaggi che ti riempiono corpo e spirito, sono esperienze emotive che arricchiscono chi le fa e chi sta vicino ed ha la fortuna di sentirne raccontare.

Di ultra-maratone nel deserto Fulvio ne ha corse ben quattro. In una si è addirittura classificato al terzo posto, nonostante avesse aiutato due persone in crisi lungo il percorso, crisi che se sottovalutate ti mandano dritto all’ospedale se non peggio.  Ha conquistato il podio subito dopo professionisti che di corsa ci vivono e che il lunedì mattina non devono andare in ufficio o in fabbrica a lavorare.

La struttura fisica e la preparazione atletica aiutano, ma certe persone sono portate per natura ad una certa tipologia di gare, non ce n’è.

“Per quanto il fisico possa essere forte, la vera forza viene sempre dalla mente” mi spiega Fulvio. E forse il fatto di non dover dipendere da tempi e Garmin, probabilmente aiuta. Fatto sta che Fulvio si spara lunghi da 45 kilometri e ripetute in salita sul colle della Maddalena a Brescia, salite che io non riuscivo a fare nemmeno con il mio motorino nuovo di pacca.

E lo fa con una semplicità disarmante, lo vedi dai video che ti mostra con orgoglio non per vantarsi ma per coinvolgerti in quelle emozioni che solo chi ha il coraggio di affrontare una ultra-maratona prova e riesce a trasmettere.

Così come quando ti racconta della sua ultima impresa perché non potrei definirla in maniera diversa, la Milano-Sanremo, 285 kilometri da coprire in 48 ore dal via, partenza dalla Darsena di Milano per proseguire poi lungo il tracciato della classicissima del ciclismo. Una gara a dir poco massacrante, da correre per lo più su strada e cemento, attraverso il Turchino per arrivare, attraverso tutta la Riviera di Ponente, fino al mare di Sanremo. La gara finisce quando il concorrente si tuffa nelle acque del mare.

285 km in 48 ore, fa paura solo a scriverlo. E per Fulvio che l’ha fatta insieme al compagno di corse e di avventure di sempre, Sandro Gaffurini, sembra essere la cosa più naturale del mondo. Con Sandro, Fulvio ha corso parecchie gare e non solo nel deserto. Il legame che si è creato tra i due è così forte ed è tale la fiducia reciproca che Fulvio ha imparato a correre dormendo. Si aggancia allo zaino di Sandro e fa dei micro-sonni di tre, quattro minuti che gli permettono di rigenerarsi senza sospendere la corsa.

Prossima corsa in programma, la Boavista Ultra trail, in calendario il 2 e il 3 dicembre. Con i suoi 150 kilometri, è una gara regina: gli atleti devono effettuare un giro completo dell’isola di Boa Vista, attraversando scenari mozzafiato come il deserto di Viana e gli angoli più pittoreschi come il villaggio di Espinguera, un tempo insediamento di una piccola comunità di pescatori.

Una gara che Fulvio ha già corso ma che lo scorso anno ha dovuto abbandonare per un dolore fisico che non gli dava tregua. Da persona saggia, si è ritirato e ha tenuto il contro aperto per quest’anno e sono certa che chiuderà in maniera esemplare comunque vada.

“Del resto anche se ti ritiri da una gara non c’è proprio nulla di grave, comunque impari sempre qualcosa di cui fare tesoro in futuro, soprattutto bisogna sempre ascoltare i messaggi del proprio corpo, se no vai poco lontano”.

E poi altra gara in programma nel breve, la Spartathlon ossia, la vera impresa dell’antico messaggero Filippide, non la classica 42 da Maratona ad Atene che tutti conosciamo, ma la parte saliente dell’impresa: Atene – Sparta 246 kilometri. Ma questa è un’altra storia di cui non vedo l’ora di raccontare.

Comunque sia, Go Fulvio! Qui a Salò faremo tutti il tifo per te e anche un po’ da Milano.