alessandro bonacorsi alle tattoo

Che cos’è il tatuaggio per te? Il tatuaggio è un’espressione d’arte, una forma di ribellione; è un ricordo indelebile sulla pelle. Io credo che il nostro corpo sia come un album di fotografie e ogni tatuaggio fatto ha una storia da raccontare. Detto ciò, non disdegno comunque il tatuaggio decorativo, quello fatto per abbellire il corpo. Fondamentalmente il tatuaggio è quello che ciascuno vuole che sia, una forma d’arte da rispettare e da far capire.

Quali sono i tatuaggi che preferisci? Ho girato tutto il mondo facendo tatuaggio avantgarde e mi piace qualsiasi cosa che sia molto strana e molto particolare. Lo sketchato, che è uno stile molto irregolare, un po’ come il bozzetto dell’Uomo Vitruviano di Leonardo è molto bello; mi piacciono molto anche i maori che seguono perfettamente le linee del corpo. Dopo 31 anni di carriera faccio comunque tutto, tranne il realistico, ma fortunatamente lavoro in una struttura in cui c’è lo specialista che fa anche quello.

In questi tuoi 31 anni di carriera come hai visto il ruolo del tatuaggio cambiare? Negli anni in cui ho iniziato, la mia fortuna è stata quella di fare il tatuatore non per business, ma assolutamente per passione e ribellione. Oggi i ragazzi che scelgono questa strada sanno che diventeranno dei professionisti e che lavoreranno in uno studio. È vero che quando ho iniziato il mondo del tatuaggio era avvicinato ad altri settori, come poteva essere quello della musica; infatti tutto quello che era rock o metal era tatuaggio. Tutto quello che era illegale era legato al tatuaggio, vedi l’esempio dei carcerati, iconizzati spesso con i tatuaggi, come anche la prostituzione. C’è stata però un’evoluzione incredibile, per la quale ringrazio il mondo dello sport, dello spettacolo e della musica, perché hanno reso pubblico e affascinante il tatuaggio, portando molti ragazzi verso questo settore, che ha così coinvolto moltissimi giovani. Nel tempo il tatuaggio è diventato un costume. Io non sono assolutamente contrario al tatuaggio fatto per costume, perché è comunque sempre personalizzato. Lo scopo del tatuaggio, infatti, è quello di personalizzare il proprio corpo.

Hai parlato di ribellione. Come è nata la tua passione per i tatuaggi? Immagino che prima dei tatuaggi ci sia un passato fatto di disegno. Per molti è così, per me è stato l’opposto. Mia mamma faceva la disegnatrice per la Panini e quando ero piccolo, avevo 13 anni, l’avevo accompagnata a Londra perché doveva fare un colloquio di lavoro; sono rimasto ad aspettarla e ho visto un negozio di tattoo che in Italia ancora non esisteva. Sono entrato nel negozio e mi è piaciuto da subito, aveva il fascino del segreto, tanto che sono rimasto in questo studio per 3 giorni. Da lì è nata la mia passione, che è poi diventata la mia vita. Io non nasco come disegnatore, quindi ho dovuto imparare le basi del disegno, cercando di migliorare un po’ tutto.

Il primo tatuaggio che hai fatto? Avevo 13 anni, cosa totalmente illegale oggi, e mi sono auto-tatuato insieme alla mia fidanzatina dell’epoca: ci siamo tatuati le iniziali a vicenda: praticamente abbiamo fatto tutto quello che non andrebbe fatto!

Il primo tatuaggio che hai fatto ad una persona invece? Era proprio questa ragazzina qui. Le ho tatuato una lettera, la mia iniziale. Diciamo che il motivo per cui oggi siamo molto attivi sui social, abbiamo scritto un libro e siamo molto attenti sulla comunicazione è proprio quello di aiutare a non sbagliare in materia di tatuaggio. Noi abbiamo fatto errori di gioventù in tempi in cui vigeva l’ignoranza completa in questo settore, oggi, diversamente, basterebbe far capire a tutti che cos’è il tatuaggio.

Come è possibile che oggi su Google si possano trovare le istruzioni per farsi tatuaggi da soli? Ci sono due fattori importantissimi: innanzitutto la comunicazione del tatuaggio non esiste. Io sono stato premiato in America come miglior comunicatore positivo nel mondo del tatuaggio. In Italia sono il tatuatore più premiato al mondo, ma pensare che noi non abbiamo il potere di scrivere sui giornali, di parlare in radio o in tv è molto brutto, perché potremmo fare una comunicazione intelligente. I ragazzi di oggi che vivono con trapper che si tatuano il viso o ragazzine che dicono di tatuarsi gli occhi, sono una devoluzione del mondo del tatuaggio ed è un peccato, perché persone competenti e capaci fanno difficoltà a parlarne.

Quali sono i limiti da non superare quando si vuole fare un tatuaggio? Poco tempo fa un papà con un figlio sono venuti da me per farsi tatuare una svastica (uno sul collo, l’altro sulla testa). Io per una questione politica, legislativa ed etica mi sono rifiutato di fare questi tatuaggi, anche perché credo che un ragazzino di 15 anni non possa avere la conoscenza e la maturità per fare una scelta di questo tipo. Ho litigato con il padre, che è andato via insultandoci. È tornato dopo pochi giorni facendoci vedere di aver fatto i tatuaggi altrove, dove aveva incontrato dei “professionisti” che l’avevano accontentato. Il risultato è che essere professionisti con una morale e con l’intenzione di seguire le leggi, purtroppo, fa perdere il cliente, che poi incontra non-professionisti.

Andando oltre al soggetto da tatuare, ti è mai capitato di rifiutare di tatuare in una certa parte del corpo? Per darti una percentuale, almeno il 20% dei clienti al giorno. Spesso sconsigliamo una posizione per motivi lavorativi, o anche etici… oppure per la qualità della resa del tatuaggio. Ti faccio un esempio: tatuarsi sui palmi, sui gomiti, sulle ginocchia, quelli sono tatuaggi che non rimarranno mai bene nel tempo. Mi dispiace una cosa, ovvero che ultimamente sono molti i genitori che non sanno consigliare i figli: poco tempo fa dei genitori hanno accompagnato la figlia a farsi un tatuaggino sul collo per premiarla dei voti presi a scuola.

Cosa pensi di chi non si tatua perché non sa cosa tatuarsi? Penso che siano le persone migliori. Parlando con me le persone hanno la fortuna di parlare con una visione molto ampia del mondo del tatuaggio. Ho avuto la fortuna di girare tutto il mondo e di poter conoscere tanta gente, parlando a 360 gradi della mia attività. Mi piacerebbe affascinare la gente parlando di tatuaggi e magari portarli a fare un tatuaggio, ma il tatuaggio non è da fare per forza, anzi. Nella presentazione di uno dei libri che ho scritto con Mondadori ho scritto che quando facevo le presentazioni in giro per l’Italia ho incontrato una sera una signora di oltre 70 anni, che aveva accompagnato i nipoti che mi seguivano perché io tatuo molti personaggi famosi. I ragazzi volevano fare una foto con me. Alla fine, la signora ha comprato il libro e ci segue ancora oggi! Noi non dobbiamo tatuare, dobbiamo portare avanti una concezione: l’arte.

Chi è il tuo mentore se ne hai uno? Il mio mentore è la morte. Non avendo avuto una famiglia alle spalle, sono stato costretto a crescere in fretta, sbagliando molto. Questo mi ha permesso di guardare le cose da diversi punti di vista e oggi, quando penso a me stesso, penso di essere una bella persona. Provo spesso a spiegare ai ragazzi giovani che lavorano con me che nella vita ho conosciuto moltissime persone, anche molto famose e nella vita di tutti i giorni per loro ci sono stati aspetti difficili che mai ci aspetterebbe. Il mio mentore sono io stesso, perché almeno so il motivo per cui ho fatto degli errori.

Se non avessi fatto il tatuatore, chi saresti diventato? Qualsiasi cosa che mi avrebbe dato l’opportunità di fare ciò che mi piace. Sono stato davvero molto fortunato, perché ho vissuto gli anni più belli del tatuaggio. Avrei voluto campare nel mondo della musica, ma non è la mia dote! La mia passione è l’arte. La differenza tra una persona realizzata e una che non lo è c’è quando si va a letto la sera e si è tranquilli con se stessi e con quello che si fa: io sono realizzato.

Tra tutte le persone che hai tatuato c’è qualcuno di cui vai più fiero? Ho tatuato moltissime persone: da Fognini, ai fratelli Abbagnale, passando per la Molfetta, Aradori, Berardi, Brumotti, Cairoli, ecc… Tutti personaggi che mi hanno trasmesso qualcosa, raccontandomi parte della loro vita. Siccome sono obbligati a stare fermi magari 2 o 3 ore, non possono scappare dalla mia curiosità. Un esempio? Io fino a qualche anno fa ero molto ignorante in materia di gaming, poi ho tatuato i ragazzi di MelaGodo e ho scoperto un mondo davvero incredibile, tanto che adesso ogni giorno noi andiamo in live su Twitch, che è la piattaforma dei gamer. Io prendo spunto da tutti, cercando di rielaborare il bello da ogni persona.

Ci puoi raccontare il progetto del museo? Come nasce? Il progetto del museo a livello personale è il progetto più importante nel mondo del tatuaggio che sia mai stato fatto. Ho la fortuna di aver trovato supporto nel Presidente di Regione Emilia-Romagna e in altre persone che ci stanno molto aiutando: faremo il museo più grande del mondo dedicato al tatuaggio, in cui ci sarà anche uno studio molto grande che dividerò con i miei colleghi che faranno workshop e attività dello studio Alle Tattoo. Al piano di sopra ci sarà la sezione museo, dedicata a tutta la storia del tatuaggio, ma anche alle persone famose che si sono tatuate, di cui saranno presenti anche degli oggetti della loro vita quotidiana; mischieremo storia e attualità, sport, arte, musica e altro ancora. In un piano più in alto ci sarà il primo B&B dedicato, con stanze a tema tattoo. Pensa che il museo non è ancora completato, ma abbiamo già delle prenotazioni dall’Australia per venire a visitarlo, con tanto di prenotazioni delle stanze. Il nostro obiettivo è quello di far vivere alle persone il nostro mondo a 360 gradi: possono dormire con noi, mangiare con noi e possono anche provare a tatuare sulla pelle sintetica, portando a casa un ricordo di questa esperienza così particolare. Io detengo un Guinness World Record per aver tatuato una persona per 60 ore no stop avendo creato un tatuaggio utilizzando le 5 diverse tecniche e sono proprio queste 5 tecniche quelle che vorrei far testare agli aspiranti tatuatori.

60 ore no stop per un tatuaggio. Cosa ricordi di quel momento? Avevo fatto 14 record, ma quello delle 60 ore è il record che ha racchiuso un po’ i record precedenti per esperienze. Ho tatuato quella che attualmente è la mia manager e ho unito forza fisica e mentale per raggiungere questo traguardo, utilizzando queste 5 tecniche diverse, perché volevamo far vedere a tutti cosa comprende il nostro mondo.

alessandro bonacorsi alle tattoo

Prima hai sottolineato la differenza tra Italia e resto del mondo. Cosa ti trattiene in Italia? Qual è il tuo obiettivo oggi? Credo che stiamo diventando molto bravi qui in Italia, non tanto come livello artistico, quanto come concezione, poiché oggi tatuarsi è del tutto normale. Io poi sono molto legato al territorio e sono convinto che, come è successo in tutto il mondo, l’Italia sia una base culturale e artistica che ha esportato ovunque nel mondo e io vorrei che adesso il tutto possa ritornare qui. Partendo dal museo del tatuaggio mi piacerebbe che le persone poi si possano spostare in altre città vicine, gustando e apprezzando quanto l’Italia ha da offrire.

Con gli altri tatuatori c’è più rivalità o più amicizia? Personalmente credo che i tatuatori siano come i cantanti, siamo tutti prime donne. Con alcuni si va d’accordo e con altri no, ma fondamentalmente è il cliente che premia: io tatuo per il cliente, non per gli altri tatuatori. La rivalità ci sarà sempre, perché tutti vogliamo essere migliori degli altri. Il tatuatore è molto egocentrico, ma a me piacerebbe creare una grande famiglia.

Il tatuaggio è arte. A differenza di un quadro che viene autografato dall’artista, come si sente un tatuatore quando lascia un pezzo della propria arte sul corpo di un cliente? Come si sente un tatuatore lasciando parte della propria arte e sapendo che magari non sarà neanche riconoscibile? I più grandi sono diventati grandi da morti! Il tatuatore deve ringraziare che ci sia sempre qualcuno che fornisce “la tela” su cui esprimersi. Noi dobbiamo vivere per soddisfare il cliente e il nostro appetito d’arte. Se riesci a trovare entrambi sei molto felice, altrimenti stai svolgendo semplicemente un’attività. Mi capita molto spesso che mi chiedano di firmare un tatuaggio, ma io trovo sensato firmare un tatuaggio quando si è già creato un certo rapporto con la persona, quasi di amicizia.

Parliamo di social network. Come hanno cambiato il ruolo dei tatuaggi? Come ci si può proteggere dalle false informazioni che spesso veicolano? I social hanno cambiato il mondo del tatuaggio per un aspetto che molti non conoscono: è giusto che ognuno abbia il proprio gusto artistico, ma molti tatuatori, dopo aver usato la macchinetta usano Photoshop, quindi imbrogliano per invogliare i clienti. Internet purtroppo ha un po’ rotto il romanticismo. D’alta parte non posso assolutamente dare contro al mondo dei social e del web, perché a noi ha dato davvero tantissimo. Diciamo però che anche in questo ci vorrebbero un po’ più di cultura e un po’ più di regole.

Oltre al museo, quali sono i tuoi prossimi progetti? La verità è che il museo mi sta coinvolgendo a 360 gradi, 24 ore al giorno. Si tratta di un progetto che anche a livello economico è molto importante per noi e tanti sponsor ci stanno dando una grande mano. Voglio costruire un’opera, una statua che esigo diventi un’icona a livello mondiale per il tatuaggio e anche per fare questo stiamo investendo molto tempo e molti soldi. Sto scrivendo un nuovo libro, il nostro quinto libro, e lo scopo è quello di cercare molti ragazzi che abbiano la voglia di tatuare. Abbiamo poi una linea di abbigliamento che sta andando molto bene e i social network sono diventati un lavoro, infatti Instagram e Twitch ci stanno davvero dando molte soddisfazioni. Bisogna curare tutto!

Fonte foto: press office Alle Tattoo