“Rocketman” non è solo un film su Elton John ma è anche stato realizzato, approvato e basato sulla sua visione della vita da Elton John: a dirigere questo biopic musicale è Dexter Fletcher, colui che ha ereditato “Bohemian Rhapsody” in seguito al licenziamento di Bryan Singer per portarlo a conclusione.

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A produrlo invece è sempre Elton John, che si affida a Fletcher e allo sceneggiatore di fiducia Lee Hall, autore dello script di “Billy Elliot”.

Il film, presentato in anteprima al Festival di Cannes 2019, usa le travagliate vicende di Elton John come parabola a metà tra il reale e il fantastico che apre uno spiraglio per comprendere come la fortuna e il peso del talento convivano, si scontrino e contribuiscano al genio creativo; ma soprattutto, si tratta di un grande spettacolo con le musiche di Elton John a fare da colonna sonora: Taron Egerton lavora tantissimo per cantare come Elton John e per usare le movenze del cantante per raccontare una storia.

“Rocketman” è appunto prima un musical e poi un biografico, in quanto tiene decisamente di più ai numeri musicali, agli abiti e alle canzoni riarrangiate, senza tuttavia tralasciare gli aspetti intimi del protagonista, come problemi con la famiglia, problemi d’amore e sessuali, di affari, di droga, di alcol e di insoddisfazione. Mentre aumentano gli abiti, si ingrandiscono i palcoscenici e si ammassano i soldi, Elton John sprofonda, sta sempre peggio, sorride e fa il matto sul palco ma urla e beve dietro.

L’intento è chiaro: mettere a confronto quel che conosciamo di lui con quello che c’era dietro. È quasi irreale la potenza visiva e narrativa con cui Fletcher, scegliendo un periodo ben preciso della sua vita, si addentra nelle emozioni sconosciute di Reggie e di Elton. Impauriti, insicuri, ardenti. Splendidamente esagerati.