La sorpresa non è epocale come l’anno scorso, quando tutto era un meraviglioso esperimento, ma anche quest’anno si può dire che il Giro E possa esercitare tutto il fascino dell’irresistibile salto nel vuoto.

Ebbene sì, la convocazione è arrivata anche quest’anno e avrò così l’onore e l’onere di esercitare i miei muscoli su una delle e-road, ovvero la bicicletta da corsa a pedalata assistita, più nuova dell’anno. Parliamo della creatura della De Rosa, fresca di un primo debutto mediatico che risale a un mesetto fa, alla Granfondo Firenze e già disponibile da giugno. È qui che la bella e-road della De Rosa ha fatto mostra di sé dal palco dell’organizzazione della manifestazione fiorentina.

La nuovissima E-Bike De Rosa dall’anima fortemente racing… Il motore è occultato nel movimento centrale e la batteria si inserisce dall’alto (più protetta in caso di pioggia) nel tubo diagonale. Prestissimo avrò modo di testarla!

Ora è arrivato per me il momento di spingere sui suoi pedali e, sulla base del ricordo della Pinarello Nytro, esprimere le mie rinnovate sensazioni sul concetto stesso della “pedalata assistita” applicata a un telaio racing.

Ed è sempre sul filo dei ricordi che quest’anno ho forse deciso di spingere più su l’asticella. Scegliendo di partecipare non ad una ma a ben due tappe. E non certo due tappe qualsiasi. Parliamo dei percorsi che coincideranno con la 19a e la 20a tappa del Giro d’Italia. Parliamo delle due tappe di montagna decisive prima della crono finale. Quelle per intenderci che vedranno se Nibali riuscirà a mettere in cascina almeno un minuto di vantaggio per battere Roglic a Verona e che faranno la differenza per chi sarà riuscito a preservare le forze nella terza e tostissima settimana del Giro.

Parlando della sottoscritta forse ho un po’ esagerato nel scegliere proprio la fase finale del Giro E. Senza contare che a causa di questa pazza primavera le mie gambe si sono fermate per dieci giorni con tutto ciò che mi è chiaro ormai comporta a cuore e polmoni uno stop così prolungato. Non dico che bisogna imparare nuovamente ad andare in bici senza le rotelline, ma poco ci manca.

Quest’anno si fa sul serio: ci sono 10 team che partecipano (o gareggiano?) al Giro E. Mi scatterà la voglia di competere o l’ansia da prestazione?

E così mi sento un po’ come alla vigilia di un esame con l’idea vaga di non aver studiato al massimo e di conseguenza con la terrorizzante incognita di sempre: ce la farò?

In questi casi delle due l’una: o ti lasci sommergere dall’idea negativa, e allora la Croce d’Aune del gran finale sarà più pesante da portare di quella di un Gesù sul Golgota, o punterai sul talento e il recupero.

Un elemento femminile del team De Rosa che sembra proprio cavarsela alla grande in salita. Venerdì e sabato toccherà a me!

Se guardo a com’ero l’anno scorso posso dire infatti che c’è comunque un abisso in fatto di preparazione. Ho pedalato sempre. E poi vogliamo considerarli o no i 4 kg in meno della e-road De Rosa rispetto alla Nytro dell’anno scorso? Insomma, c’è da registrare un’evidente evoluzione sia sul piano fisico che su quello meccanico. E un ciclista che ce la fa è sempre un mix di questi due elementi. Se poi ci mettiamo anche la tutina della Santini che promette di essere più aderente e “kattiva” del mesto “pigiama bianco” indossato l’anno scorso ecco che il gioco è fatto.

Il festoso e variopinto gruppo dei 10 team del Giro E. Per ogni squadra 6 elementi

Così non resta che una cosa da fare. Studiare bene le mappe, capire come prendere le salite e iniziare già mentalmente a dosare forze (e batteria).Già perché la tentazione sarà quella, inevitabile, di andare a tutta e magari rischiare di rimanere a secco proprio sul più bello. Però la lezione l’anno scorso l’ho imparata. Io ero stata l’unica, nella salita della tappa di Iseo, a tenere al minimo la spinta del motore. Poi avevo scoperto che tutti gli uomini erano partiti a razzo, compreso Andrea Lo Cicero con tutto il suo peso (massimo) di 120 kg, spingendo sulla marcia rossa, ovvero la più potente. Così mentre io ero a compiacermi del mio onesto approccio al GPM, gli altri se la giocavano alla grande con quel giusto cinismo che fa bellissimo lo sport del ciclismo.
È così. Roglic è costretto a pedalare gli ultimi 20 km sulla bici dalle geometrie estranee di un compagno? Vai Nibali! Spingi a tutta!
Va bene il fair play, ma quando ce vò ce vò, che diamine.

E se questo sarà l’approccio mentale all’impresa Giro E di quest’anno non dovrò però mancare alla sfida più grande. Quella di riuscire ad arrivarci. Sì perché tra treni e pullman la vera tappona sarà costituita dalle 6 ore di viaggio che mi aspettano alla vigilia, per raggiungere la meta della prima partenza: Valdobbiadene.
E il ritorno a Milano da Predazzo? Mi sa che mi tocca l’autostop!

…Infine confidiamo nel sole!

 

Tutte le immagini sono provenienti dal sito ufficiale del Giro E