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Il Copenhagen Fashion Summit, ovvero uno tra i principali appuntamenti annuali in materia di sostenibilità dell’industria della moda.

Ed è proprio qui che si è appena parlato, di un esperimento molto speciale che ha “a cuore” il delicato tema della sostenibilità: tema sempre più attuale… e oggetto di dibattiti, polemiche, meeting e riflessioni.

La moda oggi ha infatti sempre più un occhio di riguardo al bene della Terra, al Clima che cambia, destabilizzando anche noi stessi… che viviamo in una ruota di stravolgimenti talmente sconvolgenti che in toto, stanno portando tutti noi, a diventare finalmente più responsabili.

In poche parole l’impatto sull’ambiente dell’industria dello stile e del “fashionismo”, è davvero significativo e in crescita, basti pensare che questo settore, è responsabile del 20% delle acque reflue e del 10% delle emissioni di carbonio a livello globale.

La tecnologia offerta da Google Cloud risponde così a questa sfida, con uno strumento in grado di consentire ai retailer di effettuare scelte più informate sin dalle fasi di approvvigionamento delle materie prime. E di tutto ciò ne ha parlato – in un blogpost –  Nick Martin, Head of Retail, Google Cloud.

Impatto sull’ambiente quindi… E gran parte di questo si verifica appunto a livello di produzione delle materie prime, una fase del processo su cui i brand hanno poca o nessuna visibilità. Si tratta così di un problema esteso all’intero settore, caratterizzato da una supply chain molto frammentata e poco trasparente.

Ecco allora che sono tante le aziende e i marchi che si sono già attivati per raccogliere e far emergere i dati necessari a prendere decisioni migliori in materia di approvvigionamento, anche se le lacune nelle informazioni disponibili persistono a causa della complessità e natura globale del settore.

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A seguito della collaborazione con Current Global, società di consulenza in ambito innovazione che accompagna i brand della moda nel raggiungimento dei propri obiettivi di sostenibilità attraverso l’uso della tecnologia, si è ritenuto che Google possa dare un contributo alla soluzione del problema attraverso l’impiego di strumenti basati sul cloud per la raccolta e l’analisi dei dati.

E il lavoro… è a stretto contatto con Stella McCartney, marchio pioniere dell’industria della moda verso l’adozione di comportamenti sostenibili, che tanto ha contribuito al lancio della Carta della Moda Sostenibile dell’ONU per il cambiamento climatico e che recentemente ha introdotto Stella McCartney Cares Green, una delle aree di attività della Stella McCartney Foundation, dedicata alla promozione di comportamenti sostenibili e alla protezione dell’ambiente.

Ecco che per iniziare questa sfida, verrà creato uno strumento che utilizza il data analytics e il machine learning su Google Cloud, per offrire ai brand una visione più completa della propria filiera, in particolare a livello di produzione delle materie prime.

Si partirà dal cotone e la viscosa, scelti per via della vasta scala di produzione, della disponibilità di dati e delle considerazioni in termini di impatto.

 Il cotone rappresenta, infatti, il 25% di tutte le fibre utilizzate dall’industria della moda, con un notevole utilizzo di acqua e pesticidi. La produzione di viscosa è più contenuta, ma in crescita, ed è direttamente collegata alla distruzione delle foreste – alcune delle quali a rischio estinzione e fondamentali nella riduzione delle emissioni di carbonio.

Questo progetto pilota consentirà di testare l’efficacia dello strumento su queste materie prime, aprendo poi all’opportunità di estensione a una più ampia varietà di prodotti tessili presenti sul mercato.

E le fonti di questi dati? Saranno utili alle aziende per misurare meglio l’impatto delle loro materie prime, alla base di fattori ambientali chiave quali l’inquinamento atmosferico, le emissioni di gas serra, lo sfruttamento del suolo e la scarsità d’acqua.

E ancora l’obiettivo? Non solo quello di essere in grado di misurare le conseguenze provocate dalla produzione di queste materie prime, ma anche di mettere a confronto l’impatto nelle diverse aree geografiche in cui avviene la produzione. Ma questa è solo la prima fase dell’esperimento…… un esperimento molto speciale.