L’Ironman è una delle distanze standard del triathlon, sport caratterizzato dall’insieme di tre discipline, nuoto, ciclismo e corsa. Definita anche come distanza “super lungo” è la più dura competizione di tale sport, caratterizzata da 3,86 km di nuoto, 180,260 km in bicicletta e 42,195 km di corsa (cioè la distanza della maratona).

La distanza è ben più lunga del Triathlon Olimpico, che misura invece 1.500 m di nuoto, 40 km in bicicletta e 10 km di corsa. Nelle gare le distanze sono le stesse sia per il maschile che per il femminile.

Tra tutti, Simone, amico di corsa e di avventure, fidanzato di Raffaella con la quale ho iniziato la mia avventura di corsa, la Raffa che ha tagliato il traguardo della maratona di New York (la nostra prima) con me, e che mi ha supportato gli ultimi kilometri alla maratona di Milano.

Simone poche chiacchiere e tanta sostanza, perché a volte basta uno sguardo per capirsi e per trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda.

Simone ha corso il suo primo IRON MAN lo scorso luglio a Nizza, città che amo e che non perdo occasione di andarci. Quasi in sordina, zitto zitto si è preparato con meticolosa dedizione e questa è la sua intera testimonianza, vera, emozionante, commovente come solo lo sport e chi compie grandi imprese sanno essere e che io non avrei saputo trasmettere diversamente.

Lo scorso anno l’esordio nel triathlon, a Cannes e due 70.3 (mezzi IRONMAN): a Budapest e all’Isola d’Elba. Il primo con la Raffa, il nostro battesimo. Il secondo con quasi tutta la mia squadra il CNM; presidente in testa a guidarci alla conquista dell’isola. Lì ho conosciuto BIBI. Una persona speciale, instancabile, ma soprattutto entusiasta della vita e terribilmente buona d’animo. Di quelle persone che dici, cazzo che culo ho avuto ad incontrarlo. E proprio con lui i primi ragionamenti sul Full. L’IRONMAN completo.

La gara che ti proietta, volente o nolente, in quella categoria di persone guardata in modo strano da molti (gli altri) e che alcuni, spesso con non poca invidia, definiscono “maniaci, esaltati, fuori di testa, fissati, malati bla bla bla … Ma che io ho sempre considerato una sorta di EROI moderni. Come Leonida che grida: “Questa è Sparta” e catapulta giù dal Monte Taigeto gli ambasciatori persiani, condannandosi di fatto a morire poi alle Termopili pur di non perdere onore e libertà.

Io No però. Io no.

“Io no, io un Full no, non ce l’ho proprio. Una maratona dopo 180 km di bici. Ma figurati BIBI. Dai, intanto abbiamo Mallorca da fare a maggio e poi con Raffa andiamo ad Elsinore a giugno. Come? Dai si, vieni anche tu in Danimarca. Ci sono anche Bernardo, Frank e Stefano, con loro abbiamo fatto Budapest insieme lo scorso anno. Ci divertiamo sicuro”. Dopo qualche giorno BIBI si iscrive ad Elsinore assieme a Benny, neo acquisto del CNM e subito neo caro amico. Ma questa è un’altra storia.

Dove eravamo rimasti? Ah si. Mate.3, gennaio scorso.

Roby e Davide andranno a Nizza a luglio. IRONMAN France. Vanno su con altri compagni di squadra, Jacopo, Mish, Alessandro e Romeo. Roby mi allena da un anno. Mi ha portato a finire con il sorriso sulle labbra i due mezzi e tante tante altre gare in giro qua e là. Lui dice sempre che sono troppe. Mah!!! Tornando al Full ribadisco “Figurati te se io arrivo in fondo ad un Full, e poi proprio Nizza 2000 mt di dislivello in bici. Ma quando mai”. E Roby: “Simo ma che dici. Tu Nizza lo finisci, certo che lo finisci”. E Davide annuisce, braccia conserte, sguardo beffardo di chi ha capito tutto.

Fuoco, lampi, tuoni, tempesta… Dentro mi esplode una bomba atomica. Le gambe per un istante cedono, mi vedo all’arrivo con lo speaker che grida prima il mio nome e poi “YOU… ARE… AN… IRONMAN”. Roby e Davide pensano che ce la posso fare. Cazzo… Ma gli allenamenti, i sacrifici, il tempo da rubare ad altre cose? Mmmmhh… “No no ragazzi magari il prossimo anno. 2017 niente Full”.

Torno in ufficio, poi a nuotare e infine a casa… e il tarlo scava scava e scava… “Simo ma che dici. Tu Nizza lo finisci, certo che lo finisci”. Non penso ad altro… Qualche giorno dopo al telefono con la Raffa: “Senti devo dirti una cosa. Sai Nizza no?! Roby e Davide dicono che ce la posso fare. Tu mi accompagneresti? Che ne pensi?” Raffa: “Certo che ce la fai. Vengo e ti faccio pure le foto”. Il giorno dopo sono iscritto al mio primo IRONMAN. Prenoto l’albergo che non si sa mai e mando subito la mail con la conferma d’iscrizione a BIBI. Ma questa è un’altra storia.

Sette mesi volano. Allenamenti, gare, allenamenti, gare. Rulli in soggiorno. Serate in piscina. Fine settimana di combinati che scombinano. Trasferte. Dolori e sonno, che sembra sempre troppo poco ma che non arriva mai quando dovrebbe. E nel poco tempo libero si pensa ai 3.800 in acqua, si studia il percorso in bici e si immagina la maratona sulla Promenade. Fine luglio con 35/40 gradi, dopo oltre 8 ore di gara già sulle gambe. Maniaci, esaltati, fuori di testa, fissati, malati… EROI.

Emozioni che crescono. Rapporti che si saldano sempre di più. Ansia. Momenti tristi, molto. Gioie enormi come fare 150 Km di salita in bici con oltre 2000mt di dislivello e avere la forza, e la voglia, di iniziare correre. Penso a Roby che mi ha detto: “Quando ti alleni pensa alla gara, immagina come sarà. Al momento particolare che stai provando ora in allenamento. Sarà un’emozione incredibile tutto”. E allora pensi che si, magari “SI PUO’ FARE” … Ma in cuor tuo, in fondo in fondo, non lo sai davvero. Ancora.

23 luglio. Nizza. Ore 4.30. Suona la sveglia. Raffa mi dà un bacio e si rimette a dormire.
È tutto pronto. La bici è da ieri in zona cambio, le gomme aspettano di essere gonfiate e le borracce di essere riempite. Anche le scarpette le ho lasciate ieri attaccate ai pedali. A Mallorca a momenti me le dimentico nella sacca bianca (chi sa, capisce). Vado in bagno tatuaggio alla gamba sinistra e al braccio destro con il numero. È il 1511. La somma fa 8 come il numero di Luciano Re Cecconi (chi sa, capisce). Prendo la borsa frigo con le mie cose e scendo per fare colazione con gli altri. Prendiamo un tavolo grande.

Chi parla, chi sta in silenzio. Davide con le cuffiette e la musica a manetta; è carico. Il coach è tranquillo e mi dice di pensare a quanto sarà bello il viaggio che stiamo per fare. Io non capisco un cazzo. Mangio. Ho fame nonostante la tensione. Meccanicamente saluto tutti. Risalgo in camera prendo la sacca bianca con la muta, la cuffia e gli occhialini e la pompa. Do un altro bacio a Raffa che mi raggiungerà insieme a mia sorella, Michele, Manzai e Monica alla partenza. Ho una CREW che nemmeno Frodeno a Kona. Dall’Italia poi saranno in tantissimi a seguirmi. Mio figlio Jack. I ragazzi e le ragazze dell’Associazione CAF Onlus che mi hanno accompagnato in questa avventura e per i quali abbiamo raccolto oltre 8000 euro per progetti legati all’affido familiare. Il mio fratellino Dandy e l’elegantissima e sempre british (gira la manina) Lallina. Poi IronMario che dalla sua pagina Facebook farà la cronaca della mia gara. Quindi Magister e la Taty e Paolino e la Marce dalla Liguria, Run18, la Vale e il pres Giulio e tutti gli Urban, gli Homies, i compagni del CNM e gli amici del ProPatria e le mitiche Bambole. E poi la mia mamma e il mio papà. E tante amiche e amici che mi sono stati vicini in questi mesi di allenamento.

Riscendo. Non ce la faccio ad aspettare gli altri della squadra. Mando un messaggio in chat: io vado ci vediamo dopo. E qui inizia davvero il mio primo IM.

Qualche minuto a piedi, dall’albergo alla zona cambio, che solo ora riesco a rivivere. Gente come me che cammina con lo sguardo fisso verso un punto laggiù, laggiù dove tutto sta per succedere. Dove tutte le paure di questi mesi – e non solo – ad una ad una, lentamente o all’improvviso verranno fuori e proveranno a tagliarmi le gambe. Qualche minuto per arrivare ad un cancello dove mi controllano e mi ritirano i sacchetti con i rifornimenti personali per la bici e la corsa, poi si entra nel “sancta sanctorum” dell’IRONMAN: la zona cambio prima della partenza.
QUESTA È SPARTA …

E già qui si inizia a capire. Si inizia a respirare aria di immortalità. Gli eroi silenti che si preparano alla battaglia. Alle prime rastrelliere con le bici, i PROs stanno facendo esattamente quello che fanno tutti gli altri. Gonfiano le gomme, riempiono borracce, mangiano o bevono, si preparano a scendere nelle bolge infernali. Anche io. Si cazzo, ci sono anche io. L’aria sa di buono, il sole sta sorgendo, l’ora è arrivata. La bici è pronta, lascio la sacca bianca e la pompa ed esco fuori. Incrocio i compagni di squadra. Ci salutiamo, un check alla muta, un sorso d’acqua. Caramella alla menta in bocca (un rito). E si scende verso il mare.

Sulla curva per scendere in spiaggia Capitan Taveggia e Clay mi chiamano. Vado verso di loro, un abbraccio bellissimo e inaspettato, un sorriso e le parole del Capitano: “Simo, divertiti”. Una foto con loro e giù verso la griglia di partenza. Cerco tra la folla Raffa, PIPPI e tutti gli altri. Non la vedo, o almeno non ricordo di averla vista. Ma so che c’è. Mi ha seguito, supportato e spronato e ancora sopportato per 7 mesi. Così come tutte le persone care. Ma lei di più. Perché immagina cosa vuol dire preparare una gara del genere, perché tante ne abbiamo preparate assieme, sa come mi sento e sapeva di cosa avevo e ho bisogno. Il cuore gonfio è per l’emozione, i muscoli tesi, i sensi allertati al massimo. Partono i Pro; prima gli uomini, ora le donne. Giù gli occhialini. Tocca noi. Tocca a me. Via!!! Due, tre, quattro passi in mare, mi tuffo e inizio a nuotare.
E qui ci sta una pausa. Di quelle lunghe. Di quelle che per Celentano è ROCK!!!

Hai fatto una pausa lunga? Si? No? Non importa. Io si perché mi sono sorpreso a emozionarmi un’altra volta. O forse “per la prima volta” in questo preciso punto del viaggio.

Di colpo dalla musica a palla, dalla concitazione della corsa verso il mare, dalle grida di incitazione di centinaia di persone… al silenzio del mare. Dal caldo quasi opprimente, con la muta addosso, al fresco dell’acqua limpida. Il rumore delle bracciate, il respiro che rallenta e si stabilizza. Alzo la testa punto la prima boa. Ci siamo. Ritmo gara, penso. Un po’ più piano. Non strafare. E come per magia, senza mai fermarmi finisco il primo giro. 2.400 metri sono passati. Senza una sbavatura, un errore di rotta, una virata sbagliata, un crampo o una distrazione. Aumento il ritmo, sto bene mi sento invincibile. In quel preciso istante ho capito che quella gara l’avrei portata a casa; che sarei diventato un EROE.

Il mio IRONMAN non è ovviamente tutto qui. Ma questo è stato un punto fondamentale. Un pensiero felice che mi ha accompagnato durante tutta la gara. Un rifugio dove andavo con la mente quando stava per arrivare una crisi. E risentivo il fresco dell’acqua sulla faccia e il ritmo delle bracciate che aumentava. E quella sensazione di onnipotenza che mi ha tenuto in carreggiata evitando di perdere la testa.

Altro giro da 1.400mt. e la prima frazione è finita. Senza mai fermarmi!!! Bracciata dopo bracciata. Respiro dopo respiro. Esco dall’acqua e comincio a correre su per la rampa di cemento che porta alla zona cambio. Ma prima una cosa che faccio sempre, dalla prima gara a Cannes. Mi fermo e mi guardo indietro. Come a rendere omaggio al mare e… a controllare di non essere uscito dall’acqua per ultimo. Ah ah ah…

Si. Ora posso salire e alla fine della rampa Raffa con l’obiettivo puntato che mi impallina come un cacciatore la sua preda e mia sorella Pippi e Mick che urlano il mio nome. E poi ancora Ale e Clay. High Five al volo saltando come un grillo. Adrenalina fuori controllo.

Tutto gira alla perfezione. Prendo la sacca Blu (B for BIKE) e via nella tenda. Giù la muta su panta, maglietta da bici e casco. BePanthenol tra le gambe, come se non ci fosse un domani. Prendo un gel, lascio la sacca con muta e accessori e via. Corro felice verso l’uscita spingendo la bici, saluto tutti, ringrazio ogni volontario con un “bonjour” e un ”mercì, alè alè” , mi scappa pure un “vive la France”… E via sulla Promenade pedalando verso il sole.

180 km, 2000 mt di dislivello. Ho studiato ogni metro di quel percorso e so che dovrò tenere duro fino alla fine delle salite. Km 120, poi tutta discesa e falso piano negativo. E allora giù testa e mani sulle prolunghe per i primi 20 km di falso piano a salire.

FLASHBACK!

Qualche giorno prima di partire per Nizza incontro Cristiano Marchese vicino Parco Sempione dopo un allenamento. Ci salutiamo, l’ “in bocca a lupo” di rito pre partenza e mi dice: “sai del muretto intorno al 20mo km prima di iniziare a salire, vero?” Silenzio. Cazzo, avevo studiato… “Beh comunque ad un certo punto la strada stringe e gira a gomito a destra. Appena girato ti trovi davanti 300 mt di verticale che se non lo sai e non stai pronto a buttar giù il cambio, ti pianti e rischi di cadere. La strada stringe sempre di più fino alla cima e molti sbandano o si fermano di botto, sali veloce e togliti da lì il prima possibile. Tanto dura poco”.

RESTART!

Appena mi accorgo di essere vicino ad una curva dove tutti spariscono a destra cambio con calma, giù il rapportino, svolto e su, in piedi sui pedali veloce a schivare chi si stava impantanando. Pettata della miseria, gambe roventi ma arrivo su e tiro un sospiro di sollievo (grazie Cristiano). Quando al ritorno l’ho fatta a scendere credevo di cappottare, tanta era la pendenza. Comunque passato il muretto iniziano le salite, lo sapevo che sarebbe stata dura e così è stato. Ma il clima è perfetto, il panorama toglie il fiato e poi devo arrivare solo al 120mo km poi tutta discesa.

Incontro Roby che mi raggiunge dopo essersi fermato per una noia alla catena, chiacchieriamo un po’. Poi lui aumenta e mi saluta. Io memore dei consigli di tanti compagni di squadra (Luca Carola grazie per la telefonata il giorno prima della partenza per Nizza) e dei suoi, tengo il mio passo. Non devo strafare la gara è lunga. E così tra un pensiero e l’altro arrivo al ristoro con il rifornimento personale, 70 km fatti. Mi danno la sacca e la svuoto nelle tasche della maglia. 8 mini panini integrali tacchino e marmellata e borracce di ricambio con sali e succo di frutta. Uno lo divoro subito. Alla fine della frazione di bici nelle tasche non sarà rimasto nulla. Riparto e anche gli ultimi 50 km di salita passano. E arrivano i primi problemi. Il collo inizia a dar fastidio, il sedere pure e alle gambe quel sentore di “crampetto” che non promette nulla di buono e devo fare pipì.

Aspetto il ristoro mi fermo. Scendo vado in bagno tra le fratte perché il chimico è impegnato e io non resisto. Altro panino, bevo e prendo i sali. Bevo, sempre. Poco ma spesso. Risalgo in bici e so che ora mi potrò riposare in discesa. E recuperare un po’ di minuti lasciati sulle salite. Il Garmin segna quasi 2000mt dislivello+. Non avevo però fatto i conti con il vento. Arrivati in cima, infatti, iniziamo a scendere con il vento contrario, nei punti di falso piano tra un colle e l’altro tenere una media decente è dura. Ma non esagero, devo recuperare un po’ di energie ma non perdere troppo tempo allo stesso tempo. Quindi giù a manetta nelle discese e agile a sciogliere le gambe nei punti di passaggio. Gli ultimi 20km potrò farli in posizione spingendo un po’ di più. E così va a finire. 7h40’, avevo preventivato 7h30’. Ci stiamo dentro alla grande. Considerando che la frazione di nuoto è andata ben oltre le mie aspettative…

Gli ultimi metri sono uno spettacolo. Raffa con la macchina fotografica e il telefono che spara foto a nastro e sorride sempre, Pippi e Mick che saltano, Manzai che agita pollice e mignolo (Aloha socio) e Monica che grida GHOOOOST!!!

Ci sono, ci sono, ci sono cazzo… Scendo dalla bici e corricchio verso la zona cambio. Dolori. Tanti. Ovunque. Ah ah ah. E Sorrido… Maniaci, esaltati, fuori di testa, fissati, malati… EROI. Entro nella tenda. Sacca Rossa (Red for Run) via tutto, su calzoncino e maglietta asciutta. Scarpe, occhiali e visiera. Gel in tasca, 42.195 mt di corsa e sarò un IRONMAN. Adrenalina a mille, corro cazzo!!! Si corro proprio, le gambe girano.
4 giri sulla Promenade des Anglais, 23 luglio, ore 15.30 circa (se non sbaglio i conti) 35/37 gradi. Un caldo mortale. Ma mi metto lì e corro. Capitan Taveggia mi accompagna qualche metro al primo giro. “Simo tutto ok? Dai che sei un grande. Ricordati: divertiti e – aggiunge stavolta – assapora ogni istante”. La prima mezza maratona passa senza crisi particolari, poi la stanchezza arriva. Tutta insieme. Ad ogni passaggio in prossimità dell’arrivo le grida di incitamento della mia banda personale, e di tutta la gente che guarda la gara, mi danno una carica pazzesca ma quando giro e torno verso l’aeroporto per la terza volta è dura. Durissima. Pippi e Raffa mi affiancano corrono qualche minuto con me in infradito. Poi Raffa mi chiede: “Vuoi che corro un po’ con te?” Non fa neanche in tempo a finire che le rispondo con un grosso SI. Raffa si ferma e va in albergo a cambiare le scarpe. Pippi prosegue con me e avvisa Mick per telefono di prepararsi, così al prossimo passaggio si unisce a noi per darle il cambio.
E qui inizia lo spettacolo. Non dimenticherò quei momenti finché vedrò il sole sorgere… e forse anche dopo. Chiacchieriamo, sono stanco, mi fermo, cammino un po’. Riparto. Mick col telefono aggiorna tutti quelli che da casa mi stanno seguendo. Ad ogni ristoro acqua e arance. Poi agli ultimi 10 km inizio a bere coca cola. Lo zucchero mi tira su. Mangio anche un paio di panini con la marmellata. Sono stanco. Raffa mi strilla un “corri cazzo” che ancora mi riempie le orecchie ma soprattutto il cuore. Mick mi dice di respirare e contrarre addominali e glutei. E qui le parole di Capitan Taveggia tornano prepotenti: “Simo divertiti e assapora ogni istante”. E così faccio. Mancano pochi km… 4, 3, 2, 1. Sento lo speaker. Vedo le luci del traguardo. Il sole è tramontato. Il cielo è di un colore meraviglioso grigio e azzurro, striato di arancio. Inizio ad avere i brividi. Mi viene da piangere. Ultimo ristoro, non mi fermo. Le gambe ora vanno da sole. Corro, volo…

Mi ricordo tutto, tutto, tutto. Gli ultimi metri transennati. Inizio a dare il 5 a tutti. Mick mi corre accanto. Non capisco più nulla. Accelero, ancora 400 metri, vorrei non finissero mai. Accelero. Cerco di catturare volti, profumi, rumori. Arrivo. Tappeto rosso. Ultimi 100 mt, a metà c’è lo speaker. Lo indico come a dirgli: “Cazzo sto arrivando, sei pronto uomo?” E lui, come se lo avessimo provato un miliardo di volte grida, al mio passaggio: “Simone, YOU… ARE… AN… IRONMAN”… e io salto ed esulto e strillo e corro, corro per passare quella linea e prendermi la medaglia.

Maniaci, esaltati, fuori di testa, fissati, malati… EROI.
Sento da dietro Simooooo… arriva Mick di corsa. Passiamo il traguardo praticamente assieme. Il segno della croce a ringraziare chi da lassù è stato sempre accanto a me, le mani sul viso, sulla testa. Non ci credo, abbraccio Mick: “Simo sei un IRONMAN”. E vado verso una gentile signorina che mi mette la medaglia al collo. Adesso mi “devo” fermare.

Cerco tutti e intravedo Capitan Taveggia dietro le transenne, mi grida: “Simo ce l’hai fatta”, agitando un pugno al cielo e facendomi segno di raggiungerli per la birra di rito. Cerco Raffa, Pippi e gli altri. Esco fuori dalla Finish Area con Mick come fossi posseduto. Medaglia al collo, occhio spiritato (mi diranno), cuore a mille. Sono tutti lì. I compagni di squadra con Roby che mi abbraccia e mi fa i complimenti e poi Ale che mi passa una birra – non troppo fredda – e il primo brindisi tutti insieme. W il CNM. Arriva Raffa la bacio, la guardo, la ringrazio. E poi Pippi che si commuove sempre alle mie gare, Manzai che mi snocciola già tutti i parziali e Monica che è come se avesse fatto la gara con me tanto ha strillato il mio nome ad ogni passaggio.

È fatta, è finita. È già finita. Mica vero. Ora pasta party e maglietta Finisher. Ma bisogna arrivarci. L’adrenalina, piano, inizia a scendere. Manzai e Monica ripartono per Milano. Mick e Pippi tornano in albergo e cercano un posto per cena. I ragazzi fanno lo stesso. Raffa ed io andiamo al pasta party. Devo mangiare e bere qualcosa. Gira un po’ la testa. Gli infermieri e i volontari hanno un gran daffare; dopo l’arrivo molti non si sentono proprio in forma e scivolano giù come marionette a cui hanno staccato i fili o restano seduti in stato catatonico. Opto per rimanere in piedi e in movimento. Ritiriamo la maglia, prendiamo una birra ma non riesco a mangiar nulla. Due sorsi, la testa gira ancora un po’. Ho bisogno d’aria. Meglio camminare, tornare in albergo e fare una doccia.

Così recupero le mie cose in zona cambio, continuo a salutare e a ringraziare tutti i volontari e gli organizzatori che incontro. Prendo la bici e sotto braccio alla Raffa passeggiamo verso l’albergo mentre inizio a raccontarle la gara. Qualche goccia di pioggia, lo speaker annuncia che sta arrivando l’ultimo concorrente e che tra poco l’edizione 2017 dell’IRONMAN France si concluderà. L’aria sa ancora di buono. Arriviamo in camera: “Doccia e raggiungiamo gli altri”, le dico. Apro l’acqua calda entro vestito. 10 minuti per riprendere coscienza di chi e dove sono. Esco dalla doccia e improvvisamente l’energia che alimenta il mio corpo si esaurisce. Inizio a tremare dal freddo come se avessi 40 e passa di febbre. Mi devo scaldare. Mi asciugo battendo i denti, maglia e tuta e mi infilo sotto le coperte. Bevo quasi un litro d’acqua, a forza. Raffa mi guarda e chiama Flami al telefono: “Noi restiamo in camera”. Spegne la luce, io chiudo gli occhi.
I … AM … AN… IRONMAN
#glieroisontuttigiovaniebelli

EPILOGO
Bellissimo l’IRONMAN, emozionante… Ma davvero pesante e faticoso. Non parliamo poi della preparazione e di quanto tempo devi rubare ad altre cose. Rulli in soggiorno. Serate in piscina. Fine settimana di combinati che scombinano. Trasferte. Dolori e sonno. Nel 2018 non se ne parla nemmeno…

Il 30 agosto scorso Raffa ed io ci siamo iscritti all’IRONMAN European Championship a Francoforte. L’8 luglio 2018 Raffa esordirà nella gara che ti proietta, volente o nolente, in quella categoria di persone guardata in modo strano da molti (gli altri) e che alcuni, spesso con non poca invidia, definiscono “maniaci, esaltati, fuori di testa, fissati, malati” … Ed io sarò con lei a guardarla diventare un EROE… “

Grazie Simone per averci regalato emozioni.
A luglio saremo tutti con voi!