Altro immancabile must have di primavera è senz’altro l’impermeabile. Dall’epoca greco-romana fino al Rinascimento gli uomini tentarono di rendere impermeabile dall’acqua i loro indumenti, spalmandoli di varie sostanze come oli vegetali, gelatine animali e cere. Nel XVII sec. in Lombardia, per ripararsi dalla pioggia e dall’umidità della nebbia era diffuso il “sanrocchino”, un mantello di tela cerata ispirato a quello dell’iconografia di S.Rocco. Fu solo nel XVIII sec. che attraverso l’impiego di stoffe bollite o spruzzate con materiale come il caucciù, paraffina, guttaperca, polvere di sughero o vernici da barca, si tentò di inventare dei soprabiti che si potessero chiamare “impermeabili” (dal latino in-permeabilis, che non può essere attraversato), a tutti gli effetti.

 

 

Verso la metà del ‘700 il principe di S.Severo, Raimondo di Sangro regalò al Re di Napoli Carlo di Borbone una mantella impermeabile di sua invenzione, affinché potesse proteggersi dalla pioggia durante le battute di caccia. Segreto il trattamento, anche se forse si pensa ispirato dalle cappe di tela cerata usate dai pescatori dei mari del nord. Ma l’inventore vero dell’impermeabile come lo intendiamo noi fu il chimico scozzese Charles Mackintosh, che, ai primi dell’800, brevettò ufficialmente un tessuto impermeabile di lana; nel 1824 impiantò a Glasgow la 1^ fabbrica di soprabiti confezionati con quella stoffa, che divennero così celebri da essere chiamati comunemente “mackintosh”.

Il suo esempio fu seguito da un altro imprenditore, Burberry, che si mise a produrre impermeabili (uomo-donna) che badavano oltre che alla praticità, anche all’eleganza. Agli inizi del XX sec. scoppiò la moda del trenck-coat (soprabito da trincea); era indossato dagli ufficiali dell’esercito inglese durante la 1^ guerra mondiale, ma con gli anni si diffuse sempre di più anche tra i civili d’ambo i sessi. Il motivo di questo successo di moda si deve anche al cinematografo: si ricordano gli impermeabili strizzati sensualmente in vita indossati da Marilyn Monroe e Audrey Hepburn, quello grondante di pioggia e svolazzante di Gene Kelly in “Cantando sotto la pioggia”, quello dal bavero rialzato e cintura annodata che Humprey Bogart indossava in “Casablanca”, o invece, quello liso e sgualcito del Tenente Colombo.