marco melandri intervista fashion times

Iniziamo dalla fine. Com’è arrivata la decisione del ritiro dal motociclismo. Ci puoi dire qualcosa che ancora non hai detto su questa fase della tua vita? Trovare qualcosa che non abbia già detto è difficile. La verità è che la scelta di un ritiro è maturata nel tempo, perché le cose cambiano. A un certo punto, quando fai un lavoro che è sempre stato la tua passione e non ti diverte più, allora ti rendi conto che forse è il momento di cambiare e di guardare oltre, anche se non è facile, perché ho sempre fatto solo quello nella vita.

Intervista a Marc Marquez: la moto era un hobby, Valentino Rossi il mio idolo

Ma c’è stato un momento particolare che ti ha fatto prendere questa decisione? No, direi che tutto è maturato un po’ alla volta. Forse dopo la gara di Misano ho iniziato a dire “basta”. Lì ho capito che era giunto il momento.

Qual è il tuo primo ricordo legato al motociclismo? Qual è la prima cosa che associ alla moto? Sicuramente l’emozione e l’adrenalina che si provano nel guidarla. Certo non potrò mai dimenticare quando i miei genitori me la regalarono per Natale: era il Natale del 1986, io avevo 4 anni e mi ricorderò per sempre che la moto era lì nascosta in una camera… ed era la mia.

Durante tutto il percorso che hai fatto c’è una persona che ti senti di voler ringraziare particolarmente? Mio padre di sicuro, perché ha fatto sacrifici enormi, soprattutto economici. C’è stato un periodo che lui faceva addirittura due lavori per far divertire me e mia sorella, perché noi abbiamo poi perso la mamma molto presto.

Avevi un mentore o qualcuno da emulare? Chi c’era sul poster della tua stanza? Diciamo che io avevo il poster un po’ di tutti. Mi piacevano le gare e mi piacevano tutti i piloti, perché erano tutti diversi tra di loro. Mi piacevano molto i piloti italilani e in particolare quelli un po’ più “sfigati”, quelli che secondo me avevano molto talento, ma che per qualche motivo non riuscivano a raccogliere risultati che meritavano.

Hai mai avuto paura di salire in sella? No, neanche la prima volta. Emozione sì, ma paura no.

Ci puoi dire quali sono stati i momenti più tristi e quelli più belli della tua carriera? Ce ne sono tantissimi sia tristi, sia felici. Un ricordo bello sicuramente è legato alla vittoria del mondiale. Vincere una gara così combattuta per 7 millesimi è stata davvero una botta di adrenalina incredibile, così come la prima vittoria in MotoGP, ma anche la prima vittoria a 15 anni di una gara del mondiale. Ce ne sono tanti di bei ricordi, così come ce ne sono tanti di brutti, come quando a 16 anni persi il mondiale per un solo punto, vincendo 5 gare, contro un pilota che non aveva vinto neanche una gara; devo dire che quell’anno mi sono sentito un po’ derubato.

Prima delle gare avevi un rito o un portafortuna? C’è qualcosa che eri abituato a fare sempre prima di salire in sella? No, tendenzialmente io non sono mai stato superstizioso, anche se gli atleti spesso lo diventano anche inconsapevolmente. Si cerca di legarsi a ciò che si fa, che si mangia, che si veste ecc…quando l’evento va a finire bene, e quindi si cerca di ripeterli la volta successiva. Però io sinceramente non ho mai avuto gesti scaramantici.

Come si fa a coinvolgere persone che non hanno la passione per il motociclismo? Qual è il punto da cui si potrebbe partire per far avvcinare qualcuno che non ama le corse in moto a questo sport? Sicuramente bisogna trovare un pilota carismatico che da subito attiri e invogli a essere seguito. Se una persona non è appassionata difficilmente riesce a capire il bello delle gare e la loro difficoltà, quando invece si vede un personaggio, mi viene in mente Marco Pantani per il ciclismo, di sicuro quest’ultimo crea un certo fascino e si fa seguire con un certo interesse.

Come ti senti adesso a vestire i panni del commentatore televisivo? Mi diverto molto e mi trovo bene. Siamo un gruppo di lavoro giovane e sono tutti con una mente innovativa e fresca. Ci divertiamo molto.

Se non fossi diventato un motociclista cosa avresti fatto nella vita? Non ne ho idea. Io mi sono trovato ad essere un motociclista professionista a soli 15 anni e quindi non ho mai avuto il tempo di pensarci. Ancora adesso non so dire cosa vorrei fare da grande!.

Ti rivedi in qualche giovane motociclista di oggi? Non tanto, perché adesso ho la sensazione che sia tutto diverso rispetto a qualche anno fa. La vita in generale è cambiata, basti pensare al mondo dei social. Anche i ragazzini sono meno genuini, perché quando arrivano, anche le prime volte, sono già impostati, perché sanno che devono farsi vedere nel modo in cui la gente li vuole vedere e magari non come loro sono realmente. Invece ai miei tempi eravamo più naturali, in un certo senso noi eravamo all’opposto, c’era più riservatezza e non c’era la voglia di farsi vedere veramente o di mostrare la vita privata, soprattutto davanti alle telecamere. Questa genuinità oggi è quasi una cosa negativa, perché si deve sempre essere professionisti, in ogni momento.

Parlando di vita privata, come si svolge una tua giornata tipo? Quali sono i tuoi hobby oltre al motociclismo? A me piace molto lo sport in generale. Vado in bici, sia strada che mountain bike e mi piace molto lo sci, alpinismo e fondo. Fortunatamente ho il tempo per fare sport, perché collaboro con il Trentino per promuovere il territorio e lo faccio facendo sport, cosa che mi piace davvero molto.

Cosa ci puoi dire dei tuoi prossimi progetti? Saranno più legati al motociclismo o alla tua passione per lo sport in generale? O magari hai qualche altro progetto di cui ti piacerebbe parale? Adesso l’idea è quella di portare avanti progetti interessanti con Dazn per riuscire a far vivere ai nostri appassionati qualcosa di innovativo e diverso a proposito del mondo delle corse, facendo capire anche cosa c’è dietro questo mondo e anche l’importanza di chi ci lavora e dell’essere umano in generale: dove c’è tanta tecnologia c’è sempre un essere umano che la gestisce.

Fonte foto: Foto di Jiří Rotrekl da Pixabay