7 domande alla curatrice Giulia Cirillo

Abbiamo incontrato la curatrice emergente Giulia Cirillo che ci ha raccontato il suo percorso professionale e i suoi desideri e prospettive future.

Un viaggio nell’arte, quello di Giulia, intenso ed iniziato per caso e che prosegue con una continua ricerca d’emozioni, una voglia di fruire ancora l’arte ‘alla vecchia maniera’.

Scegli tre parole per descriverti e perché.
Determinata: perché non mi piace mai lasciare le cose a metà, ma le porto sempre a termine. Istintiva: spesso mi lascio guidare dalle mie sensazioni. Solare: mi piace affrontare la vita con il sorriso e la positività.

Raccontaci un po’ come è nata la tua passione per l’arte.
Mi ricordo della prima volta che andai a Venezia con la mia famiglia, avevo più o meno 12 anni. Fu impossibile per noi non imbatterci in una fugace visita alla Biennale. Non so dirti con precisione cosa vidi, però mi ricordo di esser stata completamente rapita, incuriosita e divertita da ciò che mi circondava, pur non avendo la minima idea di cosa fosse! Mi piace ricordare quel giorno come il mio primo incontro con quella che poi, negli anni, grazie ai libri di storia dell’arte al liceo, divenne una delle mie più grandi passioni.

Dopo il liceo che percorso universitario e professionale hai affrontato?
Mi sono laureata nel 2015 in Comunicazione nei mercati dell’arte e della cultura all’Università Iulm di Milano, dopodiché ho conseguito un master in Organizzazione di eventi e mostre all’Università Cattolica del Sacro Cuore, grazie al quale ho potuto lavorare per un periodo come assistente della curatrice Gabi Scardi. Ho poi lavorato come mediatrice culturale in Fondazione Prada a Milano.  Ho avuto occasione di esplorare diverse realtà: quella del museo, quella del curatore e quella delle gallerie, come per esempio la Galleria d’arte moderna Orler a Madonna di Campiglio.

Giulia Cirillo, curatrice

Che percorso completo, complimenti. Ma ora svelaci, qual è il tuo periodo artistico preferito?
Devo dire che non ne ho uno in particolare…ci sono artisti che mi trasmettono più di altri, opere che mi emozionano più di altre, per svariate ragioni. Amo molto la forza espressiva di Egon Schiele, mi piace la tranquillità di Claude Monet, mi incuriosisce la provocazione di artisti come Piero Manzoni, Damien Hirst, Maurizio Cattelan. Mi affascina il mistero celato dietro le opere di Gustav Klimt, mi emozionano le performance di Marina Ambramovic, Tino Sehgal, Yoko Ono. Rimango colpita dalla forza che alcuni artisti traggono dall’arte per sopravvivere, esprimersi e lottare; un esempio tra molti Frida Kahlo.  Qua mi fermo altrimenti potrei continuare all’infinito!

Hai fatto delle associazioni molto interessanti! Ma ora è il momento di una domanda un po’ ostica: cosa ne pensi dell’arte oggi ai tempi dei social?
Penso che i social oggi rappresentino un’arma a doppio taglio, dipende dall’uso che si fa di essi.  Se utilizzati in modo intelligente possono sicuramente essere un eco che rimbomba a lunga distanza. Penso siano utili per di più per diffondere idee, progetti, per comunicare, per farsi conoscere. Ma per fruire dell’arte in modo totalizzante, per sentire le vibrazioni che ogni opera potenzialmente può emanare, per godere della cosiddetta sindrome di Stendhal, penso sia fondamentale essere a diretto contatto con “l’aura” di cui parla Walter Benjiamin nel suo saggio L’opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica. I social possono essere un supporto, un modo per condividere, ma l’arte ha bisogno di essere respirata e fruita vis-à-vis.

Proprio per la fruizione dell’arte nella maniera ‘tradizionale’ ora parliamo del tuo progetto concluso sabato 27 Luglio (Le mille facce della montagna): come è nato?
Questo progetto nasce da un forte desiderio di valorizzare l’arte e gli artisti professionisti del mio territorio. Volevo creare una mostra che potesse dare spazio all’arte in tutte le sue forme: pittura, scultura e fotografia.  Ho selezionato quindi gli artisti che, secondo i miei canoni, potessero esporre le loro opere orientandomi anche verso un’ottica di mercato. Il progetto ha avuto successo, sia per quanto riguarda l’affluenza, la vendita e anche dal punto di vista mediatico a livello locale.

Giulia Cirillo (curatrice), Matteo Lencioni (artista) e Cesare Orler (gallerista),Mostra Le mille facce della Montagna, Galleria Orler, Madonna di Campiglio, 2019

Giunti alla fine della nostra chiacchierata, prima di ringraziarti ed augurarti un grande in bocca al lupo, ti chiedo qualche piccola anticipazione sui tuoi progetti futuri.
Data la buona riuscita di questo mio primo progetto curatoriale per la mostra Le mille facce della montagna a Madonna di Campiglio, posso sicuramente dirti che ci sarà un’altra edizione.
Spero di poter ampliare l’esposizione, creando qualche evento collaterale oppure inserendo qualcosa di ancor più contemporaneo come le performance.

Mostra Le mille facce della Montagna, Galleria Orler, Madonna di Campiglio, 2019