Che i ciclisti abbiano un’estetica tutta loro e un canone di eleganza sicuramente discutibile, ma altrettanto indiscutibilmente caratterizzato da mille fisime e convinzioni, è cosa ovvia.

Basta pensare a ciò che si vede in una crono, ad esempio quella famosa al Giro d’Italia in cui Froome sfoggiava una maglia le cui spalle erano punteggiate da tanti pois in rilievo. Arrivarono centinaia di telefonate in Rai. I forum impazzivano… di che si trattava? Il produttore della maglia, Santini, dichiarò che era un ultimo ritrovato in fatto di aerodinamicità. Funzionava? Chissà. Sta di fatto che i soliti lividi detrattori ravvisarono gli altrettanto soliti elementi di scorrettezza. Froome sarebbe stato avvantaggiato, avrebbe potuto vincere grazie a quella strana maglia.

Le immagini dei gruppi di questo articolo sono tratte da un commovente video di Rapha, dedicato alle divise customizzate dalle squadre

Ecco. Il ciclista è così. Abituato a gestire uno “strumento” tecnico complesso quale è la bicicletta, non riesce a disconnettere lo sguardo da ingegnere neppure quando si pavoneggia davanti allo specchio alla ricerca della stessa aerodinamicità anche nel suo corpo.

Può esserci inesorabilmente un po’ di pancia, magari un principio di tenera trippetta si è consolidata sui fianchi e il sederino non è più quello dei vent’anni, ma, dopo tante selle – e dopo tante lasagne – ecco che presenta due belle guanciotte tonde e rilassate.

Un altro frame tratto dal video nel sito di Rapha

Quindi che si fa? Ma certo, ci si strizza in una bella tutina aerodinamica, realizzata con gli ultimi ritrovati in fatto di tessuti. Un capolavoro di tagli a vivo e composizioni elastiche-traspiranti-contenitive in grado di trasformare qualsiasi corpo in una splendida macchina performante. Crono sei mia!

Ma oltre ai materiali, attenzione, c’è di più. C’è l’esoterica dimensione del colore.
E in questo caso basta guardarsi in giro una domenica. O dare un’occhiata attenta ai tanti colori che convivono nel vortice concentrico della pista al Velodromo Parco Nord. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Il colore è protagonista.
E con l’arrivo della primavera? Ecco che i più sobri neri delle tutine termiche piano piano scoprono lembi di pelle e si riappropriano delle amate tonalità sgargianti di cui i ciclisti sono innamorati.
Sì perché il colore sembra attrarre il ciclista come il miele l’orso.

E allora ecco che fanno capolino le combinazioni più composite. Blu, gialli, rossi, viola, verdi… ognuno ha la sua tutina colorata? No no… spesso le diverse tinte convivono tutte insieme in un unico sgargiante (o esilarante) completino.
Effettivamente è sempre stato così. Il rapporto tra ciclista e colore nella maggior parte dei casi sta come tra un adolescente bulimico e una pasticceria. Come i dolci anche i colori sembrano non bastare mai.

Uno dei gruppi che appasre nel video dedicato alle customizzazioni di Rapha. Questi ragazzi sono di Amsterdam

Del resto ho ancora stampato il ricordo del mio papà che ogni domenica rischiava il divorzio. A causa delle lunghe uscite in bici con gli amici? Oh no… a causa del look “seducente” che ispirava a mia mamma… la fuga!

E se accostare maglia, pantalone, bicicletta, scarpe e cappellino a volte sembra complicato come compilare il 740, ecco che alcuni sembrano voler sfogare nella tutina tutto il colore che hanno sempre voluto indossare e che, facendo un lavoro serio, non si sono mai potuti permettere. Così si vedono in giro sfrecciare tanti baccelli verde-pisello oppure dei sacramenti in giallo che più che l’energia evocano la polenta e infine ecco l’orgoglioso rosa, ovvero il colore che segretamente ti piace, ma, non essendo una bambina, non hai mai potuto indossare. In bici puoi. In bici il rosa è la “maglia rosa”.

Il divertente configuratore di Giessegi, l’azienda di Simone Fraccaro, ex gregario di Francesco Moser, con cui verranno realizzate le divise di dateciPista, l’ASD dei volontari del Velodromo Parco Nord

 

 

Ma non è finita qui. Per le ASD la divisa coordinata da sfoggiare nelle uscite di gruppo è talmente imperativa che si cerca di realizzarle ad ogni costo, anche se le casse piangono. Così ecco che l’imprenditore del gruppo mette mano al portafoglio e generosamente elargisce un contributo a fronte di un bel marchio stampato sulla divisa. E se c’è la colletta e tra i generosi compare anche il titolare delle pompe funebri? No problem. Pecunia non olet. Il suo marchio sarà scaramantico come un quadrifoglio. Resta poi il problema della grafica… ma i più non fanno caso a questi dettagli da “fighetti”. E allora ecco che il marchio degli anni ’80 disegnato dal copista del paese quando forse aveva alzato un po’ il gomito si fa largo con i suoi tanti spigoli asimmetrici nella convivenza forzata tra font e scrittine che non dovrebbero neppure convivere nell’hard disk di un computer. Insomma… è la tutina del ciclista, bellezza!

Si potrà sperare in una rivoluzione in questo campo? In attesa di trovare la Chanel dei ciclisti e liberarli finalmente dalle costrizioni di loghi raccapriccianti e colori devastanti, sono personalmente al lavoro sulla grafica della nuova divisa dell’ASD Datecipista. E allora… “Io speriamo che me la cavo”!

Il bozzetto realizzato per l’ASD Datecipista. ….Vi piace?