Dopo aver vinto l’Oscar con “Moonlight” nel 2017, Barry Jenkins porta sullo schermo uno dei libri più noti di James Baldwin, “If Beale Street Could Talk”, con il quale è nuovamente in gara per vincere la statuetta di Miglior Sceneggiatura Non Originale ai prossimi Academy Awards, che si terranno il 24 febbraio.

GUARDA ANCHE: Libri consigliati: romanzi da leggere almeno una volta

Recensione film IF BEAE STREET COULT TALK

Uscito nei cinema italiani il 24 febbraio, il film è ambientato negli anni Settanta, nel quartiere di Harlem, dove la diciannovenne Tish aspetta un bambino dal fidanzato ventiduenne Fonny, incarcerato per un crimine di stupro che non ha commesso. Ad ostacolare il rilascio c’è un poliziotto bianco, e far prevalere la verità appare come un’impresa sempre più difficile e costosa: Tish però non si arrende e, supportata in ogni decisione dalla sua preziosa famiglia, in particolare modo dalla madre (l’attrice Regina King, candidata agli Oscar come Miglior Attrice Non Protagonista) e dalla sorella Ernestine, farà tutto ciò che è in suo potere per far rilasciare Fonny e costruire finalmente insieme un futuro felice.

“Se la strada potesse parlare” ripercorre il presente carcerario e il passato recente dei due giovani amanti, raccontandoci come la loro innocenza venga precocemente strappate via da un sistema disegnato per metterli con le spalle al muro, o dietro le sbarre. Jenkins sullo schermo mescola due piani emotivi molto forti, ossia la passione giovanile dei due innamorati e l’ingiustizia nel far parte di una parte di comunità spinta in ogni modo a vivere nella paura e vista come semplice capro espiatorio per gli errori altrui, e nel farlo si pone in modo politico, ma elegante.

Jenkins ricorre moltissimo all’uso del primo e del primissimo piano per tutti i suoi personaggi, non solo per le scene che contemplano i due protagonisti: in alcuni casi, rappresenta uno strumento per raccontare qualcosa che va oltre le parole e che, il più delle volte, equivale alla sincerità del personaggio, alla trasparenza della sua anima e all’amore nel suo sguardo. Il film si caratterizza anche per le lunghe sequenze di dialogo, nelle quali la musica gioca un ruolo fondamentale. “Se la strada potesse parlare” non è altro che un viaggio che si fa beffe della disperazione così iper realistica di una New York dove il fenomeno del razzismo è ancora vivo e diffuso. In altre parole, è una strada che protagonisti e spettatori percorrono insieme con un’andatura morbida, in netto contrasto con il fato ingiusto che sembra volerli mettere alla prova ad ogni angolo.

Trailer ufficiale di SE LA STRADA POTESSE PARLARE

FOTO: locandine ufficiali