Gettata via la prima stesura di questo articolo (troppo prolissa) eccomi alla seconda versione. Quella che pubblicherò. D’altra parte come si fa a riassumere un’esperienza così? Sono mille le sfaccettature di questo primo Giro E, allestito da Gazzetta, Enel, Tag Heuer e Pinarello, con le nuove Nytro tutte da provare.

E poi come omettere le sensazioni provate all’arrivo a Peschiera in treno con la pioggia e con Alessio ad attendermi con il van della Mercedes che, con il suo approccio valtellinese (è di Bormio), ha subito avviato con me (di Madesimo, d’adozione) un’intesa perfetta?

Purtroppo bisogna tagliare, limare, sveltire… perché le sensazioni del Giro non possono essere narrate con il ritmo della sciura che va a far la spesa con la sua bella Graziella. Qui si corre in velocità. E si corre grazie a queste nuove biciclette che ti supportano, se vuoi, fino ai 25 Km/h. Oltre sono fatti, o meglio, gambe tue. Anche se il vecchietto a bordo strada ti schernisce perché “tanto c’hai il motorino”. Sì però, nonno, guarda che sto andando a 41 km/h e nelle gambe ne ho già accumulati 80 di km. Vieni a provare, vieni!

Gianfranco, uno dei migliori meccanici della Pinarello, si prende cura della “mia” Nytro. Accanto il camioncino che sembra fatto di liquerizia.

Ma come funziona il Giro E?

Rapidamente e per dovere di cronaca è bene spiegare il meccanismo sperimentale, ed esaltante proprio per questo, del Giro E. Nella tappa 14, coincidente alla diciassettesima del Giro d’Italia vero e proprio, in Franciacorta (mancano le tappe di Israele) parteciperemo, manco a dirlo, proprio in 14. Ci sono Andrea Guerra, inviato della Gazzetta in sella in tutte le tappe o quasi, Amedeo, Christian, Luca & Luca e Nicolas che, insieme a Giovanni di Sky, sono i “cavalieri elettrici”, ovvero gli accompagnatori esperti che guidano e incitano. E poi ci siamo noi “ospiti”, nuovi ad ogni tappa, da “adottare” e, possibilmente, da portare al traguardo. I top guest del nostro gruppo sono Andrea Lo Cicero, il campione del rugby azzurro, e Antonio Rossi, medaglia d’oro olimpica e mondiale in kayak. Non resisto e alla partenza scatto una foto tra loro due. Io piccolissima tra i grandissimi.

Classe e stile. A sinistra quattro chiacchiere con Antonio Rossi e, nella foto a destra, Andrea Lo Cicero. Due fuoriclasse su due ruote. ph. Jennifer Lorenzini

Alla scoperta della nuova Pinarello Nytro

I due opposti, grande e piccolo, vecchio e giovane, naturale e artificiale, saranno destinati ad una profonda revisione al termine di questa tappa, in cui metaforicamente si è giocata più di una partita. Sì perché così come tante sono le sfaccettature di questo Giro, tante sono le possibili e diverse analisi da fissare con le parole. Ad esempio la Pinarello Nytro. Sebbene d’istinto tenda a non piacere troppo agli amici del Velodromo Parco Nord, la nuova eRoad bike del marchio trevigiano ribalta ogni sensazione provata prima in fatto di biciclette a pedalata assistita. Sì perché in primo luogo non fa rumore. E poi quando spingi non hai la sensazione del motorino che ti rende la vita facile. Tutt’altro. L’idea è che invece contribuisca ad agire direttamente sul muscolo. Sgonfiandolo. Rendendolo più leggero come se improvvisamente la pasta di cui sei fatto prendesse a lievitare di una sostanza aerea. È una sensazione strana, di leggerezza più che di forza. Di agilità più che di intensità. Ed è bello giocare con i rapporti e abbinarli alle tre possibili marce del motore. C’è quella verde, che mi sono sforzata di usare anche nelle salite perché è l’aiutino più lieve. Poi c’è la marcia media, con le lucine blu, che sotto all’8% di pendenza abbassa i bpm quasi come se si fosse in pianura. Eppure non ti senti mai artificiosamente aiutato, è tutto molto naturale. Infine eccoci alle luci rosse della marcia più intensa. L’ho provata solo qualche secondo e con un po’ di vergogna… pentendomi poi amaramente perché, ho saputo in seguito, tutto il gruppone degli uomini, 12 su 14, aveva ingranato la super-marcia per affrontare il GPM. “Perbacco, certo! Ma chi te lo ha fatto fare di salire così? La salita l’abbiamo fatta a tutta!” Così mi ha detto a fine corsa uno dei “cavalieri elettrici”… e sai che c’è? Ha ragione, ecco cosa frega noi donne. Troppo integerrime, più realiste del re. Se avessi ingranato la marcia rossa mi sa che una posizione in più in classifica l’avrei guadagnata.

Nella bella foto di Jennifer Lorenzini, tutto il gruppo sorridente a Riva del Garda. Ci avevano appena spiegato il funzionamento della Nytro

Sorpresa: il Giro E è anche competizione!

E infatti, parlando di classifica, veniamo ora a raccontare l’esperimento nell’esperimento. Nella tappa erano previste tre “prove speciali” che poi avrebbero determinato una graduatoria a punti, dalla prima alla settima posizione. La prima prova sarebbe stata di regolarità. Una quindicina di km da fare alla media dei 30 Km/h. La seconda coincideva con il GPM, ovvero il Gran Premio della Montagna, lo stesso della tappa vera del Giro. E infine l’anello finale intorno a Iseo, lo stesso percorso che di lì a un’oretta dal nostro passaggio, tra ali di folla festante già apparecchiata, avrebbe visto sgomitare i velocisti fino alla quarta vittoria di Viviani, la bella maglia ciclamino italiana.
Quindi… c’è gara! L’importante non è solo finire, come cantava un’ammiccante Mina anni ’70, ma anche fare punti. E vincere. I ragazzi del mucchio, le nostre guide, lo sanno bene. Ed è già dalla prima tappa che si sfidano tra loro sperando bene che non gli capiti il “brocco” da accompagnare. Si mormora infatti che un campione esimio come Chiellini abbia gettato la spugna sull’Etna o giù di lì. Quindi non solo la gara c’è, ma è molto sentita e inizia a pungere anche me, anche se ho portato la mia sella, ben più dura, peraltro, di quella standard.

Il momento della partenza, a Riva del Garda – ph Jennifer Lorenzini – Tag Heuer

Come se non bastasse, nell’aria frizzante della sera della vigilia a Rovereto, si aggiunge una piccola sorpresa. Sarò l’unica donna del gruppo? Così pare. Ed è con sollievo che accolgo la notizia perché, mi conosco ormai, se c’é un’altra galletta nel pollaio oltre a me, mi scatta la competizione. E per di più amo vincere quindi meno male che domani non dovrò spremermi ed anzi mi farò vezzeggiare da tutti questi bei campioni.
Ahimé non sarà così. Indovina chi viene a cena? Martina, triatleta-26enne-di-Storo (ovvero gioca in casa) si accomoda a sorpresa al nostro tavolo. Con un po’ di timore (fino all’ultimo speravo si occupasse del marketing, che so… della Pinarello) le rivolgo la fatidica domanda: ehm… domani corri? Sì sì, è la sua gioiosa risposta. Ok. Calma. Sorridi, va tutto bene. Non sei l’unica donna, ebbene? Dovresti essere contenta! E sì, effettivamente un po’ lo sono, tranne quella parte di me un po’ competitiva che per educazione spesso cerco di tenere nascosta. Ma brucia come magma e spesso deve fare i conti con fisico e fiato che non sono mai stati troppo innati e gratuiti.

ph Jennifer Lorenzini – Tag Heuer

Buona conversazione, simpatia, affabilità rendono Martina immediatamente l’ideale compagna di tappa. Perché non essere contenti di questa nuova amica? Sei proprio un’ingrata. Come quando gli zii, increduli, dovettero riportarsi a casa la bella bambola che erano fermamente convinti mi sarebbe pazzamente piaciuta, nonostante gli inascoltati inviti alla prudenza dei miei genitori. Per me infatti il top del giocattolo era un bell’orso tutto peloso. O una slitta. O il Lego. Mica volevo pettinare le bambole, io! Allora sì, ok, sono contenta che ci sia Martina a correre con noi. E forse sarà lei che darà una bella pettinata a me. Riuscirò infatti a stare al passo di una sportiva vera? Più giovane di 20 anni? Mai dire mai. Intanto ho la certezza del mio allenamento. E sì, anche se sono sostanzialmente “un culo di pietra”, cioè, come si dice, una che sta intere giornate davanti al computer, sento che la mia preparazione non è quella del povero Aru. Velodromo, spinning con Francesco Centrone e Gaggiano in pausa pranzo quasi every day saranno un po’ naïf stile Rocky-Stallone, ma la gamba c’è. Ed è questo ciò che conta!

Dalle parti del Lago d’Idro c’è un verde accecante – ph Jennifer Lorenzini

Partenza all’alba e tabella di marcia velocissima.

Apro gli occhi un minuto prima del cinguettio della sveglia, alle 5.49, e mi gusto tutti gli attimi della preparazione, nella bella suite al Leon D’Oro che mi hanno riservato. Doccia e poi “la vestizione del guerriero”, con i pantaloncini nuovi di Santini dal fondello multistrato a confortarmi e la maglia della salute altrettanto nuova e candida della Gore in Windstopper. Non si sa mai. La maglia del Giro E verrà consegnata alla partenza e la cosa mi inquieta non poco… Sarà effettivamente con pancia e schiena tutta bianca (e il bianco, si sa, non sfina affatto) un po’ trasparente, nonché troppo grande e con le spalle che fanno difetto. Non solo a me. A tutti, persino ad Antonio Rossi che ha le spalle che sembrano scolpite da Policleto. Premio “Who is OFF Next” allo stilista della Castelli che si è sadicamente divertito pensando agli svariati corpi che sarebbero entrati nella maglia del Giro E. Corpi di amatori non proprio affusolati come quello di un Froome che non ha grasso se non quello sulla catena. Non si può che rimpiangere la divisa rossa di Tag Heuer. Da sempre una delle più eleganti del Giro.

ph Jennifer Lorenzini – Tag Heuer

Faccio colazione con il primo gel Enervit fornito dall’amica PR Matilde e via, si parte! Già mi sento più forte, sono super-vitaminizzata.
In men che un amen siamo partiti, con la benedizione del gonfiabile dello start a Riva del Garda. Mi trovo in strada e adesso finalmente si può iniziare a fare sul serio. Con prudenza però, perché ancora non so che la tappa di 155 km sarà accorciata a 100 km e dopo il GPM la carovana farà un pick up totale di bici e ciclisti e ci trasporterà tutti per un pranzo allestito in un bellissimo posto, la Trattoria Genuisì, a Coccaglio. Consigliatissima, soprattutto per la carne alla brace.
Quindi risparmio le forze e subito arriva la prima prova “psicologica”. È una lunghissima galleria, passaggio unico e obbligato per la direzione Storo – Lago d’Idro da Riva del Garda. Già ne avevo sgamato la diritta e implacabile forma sulla carta geografica. E Martina la sera prima aveva ulteriormente confermato le paure: un drittone buio in salita, normalmente proibito alle bici.
Ma è qui, proprio nel bisogno iniziale, a muscoli ancora troppo freddi, che arriva in tutto il suo splendore l’ausilio del motorino. Lo inserisco al primo livello di assistenza. Lucine verdi. Non emette alcun suono eppure sento le gambe come più leggere. Il fiato diminuisce di intensità, cosa ottima in una galleria, e il cuore rallenta. Le lucine si sono accese anche dentro di me. E la galleria sembra spaccarsi come un’anguria per fare passare i raggi del sole.

ph Jennifer Lorenzini – Tag Heuer

Si corre, eccome se si corre. Traguardo “eroico” a Iseo

Ricapitolando: pedalata assistita fino ai 25 km/h. Ma, salite a parte, non siamo mica cicloturisti. Così nel semi-piatto con qualche strappetto spezza-gambe degli ultimi 25 km intorno a Iseo fino al traguardo si scatena inevitabilmente la bagarre. Ognuno per sé e Pinarello per tutti. Raggiungo anch’io più volte i 43/44 km/h. Che con 13 kg di bici non è affatto male.
È a questo punto, con l’idea del traguardo in testa, che commetto però l’11° peccato mortale, quello che era scolpito nella terza tavola (rotta) di Mosé-Mel Brooks (vedi primo articolo). Sono ancora nel gruppo di testa e mi godo le scie dei ragazzi più veloci. Anche Mirko non scherza e tra una descrizione dei cuscinetti che produce (adoro i dialoghi maschili in bici) e l’esortazione ad assaggiare il Trentino in bici, si raccomanda con me di attendere il momento buono e di farmi tagliare il vento da chi ne ha di più. Ok, seguo alla lettera. E raggiungo nuovamente i più veloci di fronte ad un imprevisto passaggio a livello abbassato. Fermate il treno! Magari…
Tutti scalpitano, ma è anche un’occasione per tirare il fiato e, perché no, spremersi un bel gel Enervit della mia scorta personale per chiudere in bellezza. Eccolo, il peccato mortale. Frugo in tasca, le mani sudate faticano a trovare la bustina giusta. No, non voglio l’integratore in polvere per la borraccia, voglio provare il nuovo gel all’ananas! Così ecco il treno che arriva. E passa. Ed io sono ancora lì ad armeggiare con la bustina che scivola. Ce l’ho ora in mano, che… lo butto? No no, come Popeye lo bevo tutto così li raggiungo… Sì, certo. In pochi secondi eccomi proiettata all’ultima posizione, a più di cento metri dal gruppo, in balia dei venti pre-diluvio che accoglierà i professionisti di lì a poco, al traguardo. Improvvisamente il film si rivela in tutta la sua crudezza: sarò ultima! Non ce la farò mai a raggiungerli! Che vergogna, che fessa che sono stata, che presuntuosa ecc ecc

ph Jennifer Lorenzini – Tag Heuer

Ma non mollo. Tengo la testa bassa. Il battito supera abbondantemente i 185 bpm. Non oso guardare il Garmin. Ma se alzo gli occhi è ancora peggio. Li vedo lontani-lontani. E intanto siamo a -5 Km al traguardo. Il tempo e lo spazio a disposizione scivolano come sabbia dalle dita. A bordo strada c’è già il pubblico. Un pubblico che mi grida “Dài!”, “Brava!”. Sapessero quanto poco mi merito questi incoraggiamenti… e tuttavia funzionano. È adrenalina pura: questo Giro E fa provare le stesse emozioni dei campioni. Certo, non c’è nessun pupazzone rosa che mi corre accanto, ma anche la folla dietro le transenne sa perfettamente farsi sentire. Sto però per cedere. Inizio a pensare che è solo da un anno e mezzo che ho la bici al carbonio. E cosa pretendo alla mia età? Alzo la testa e finalmente ecco il segnale che aspettavo. Laggiù nella lontananza vedo che due ciclisti stanno perdendo terreno. Sono Martina e Andrea Lo Cicero (che ha ben 120 kg da portare: è superman, ma non può essere un velocista). La speranza di non arrivare ultima si riaccende. E di lì a poco si conferma. Ecco che vedo Martina muoversi molto di spalle e di testa. Sta picchiettando come Yates sul Colle delle Finestre. Vai! Rinvigorita dal segnale, spingo di più. Aumento la cadenza. Il cuore impazza ma sto bene. Insomma… per ora sono viva. La raggiungo e l’affianco. Non sia mai mettersi in scia per approfittare. Pedaliamo insieme per un po’ e poi Martina rallenta. Non so come, ma da una mia battuta ironica ha capito che ci attendeva ancora un sacco di strada. “Pensa se… anf…sbanf…ancora 25 km… ah-ah!” Le dico per esorcizzare la faticaccia e incoraggiarla. Avevamo appena incrociato il cartello che, a inizio percorso, segnalava il circuito finale intorno a Iseo di, appunto, 25 Km. Tutti lo sapevano, ma ahimè Martina si confonde e si lascia andare. E rallenta staccandosi. Ok, mi dispiace, non era un trucchetto, e va così.

Ho ancora però un obiettivo. Lo Cicero. Prima di partire aveva ammonito: “…e chi mi supera al traguardo, lo picchio!” sfoderando poi subito uno dei suoi dolci e irresistibili sorrisi. Bene, Andrea, raccolgo la sfida. Straziami ma di bici saziami. Stessa tattica. Lo affianco. E dire che con lui la scia sarebbe stata un vortice che mi avrebbe avvolto in una nuvoletta rosa fino al traguardo. Ma no, niente, corro da sola. E sono così straziata dalla fatica e dalla foga che non sento nulla. Non sento la voce di Lo Cicero che come un sirenetto, o meglio, come un tritone canta la musica tentatrice di rallentare e aspettarlo, per tagliare il traguardo insieme. Lo saprò da lui soltanto dopo. Nel mentre sento solo il suo fiato sul collo e no, non voglio farmi sverniciare proprio sul traguardo, dove mi aspetta la grande scritta di Tag Heuer, non posso deludere il dio del tempo. E c’è tanta gente. No, voglio “vincere”. Così mi gioco le ultime gocce di benzina e metto il rapportone, balzando in piedi sulla sella.

Dopo il traguardo l’aria è più fresca e leggera. E me la bevo tutta.

98,5 Km in 3:46:18, scalando 1.530 mt e bruciando 2.276 calorie. Terzultima al traguardo e terza nel “gioco delle coppie”, con Amedeo, arrivato primo. Questi i numeri del mio Giro E. Anzi no, ne manca uno: 10. Un bel 10 tondo e con lode a questa prima indimenticabile manifestazione.

 

 

L’espressione al traguardo? Priceless! Nella bella foto di Ale Esposito, il Ciclista Fotografo, l’arrivo a Iseo con Lo Cicero.
Grazie ad Amedeo (e al fatto che non sono arrivata ultima) eccomi sul podio con un bel terzo posto! – ph Jennifer Lorenzini
ph Jennifer Lorenzini
ph – Jennifer Lorenzini