“Quello che non so di lei” (D’après une histoire vraie), basato sul bestseller di Delphine De Vigan “Da una storia vera” è la storia di Delphine Dayrieux, una scrittrice che dopo il grande successo del suo ultimo libro, una sorta di autobiografia che ripercorre i diversi drammi legati alla sua famiglia, ha un pesante blocco creativo.

I figli lontani, un compagno sempre impegnato, la fama opprimente e delle lettere anonime che la accusano di essersi arricchita sulle disgrazie dei suoi cari, portano Delphine a legarsi a Lei, una donna sicura e affascinante che con modi pacati e sinceri conquista la sua fiducia. Lei sa ascoltare e riesce ad essere più che una buona amica per Delphine, che decide di affidarle il potere di gestire la sua agenda e i suoi contatti in questo momento di crisi.

Un rapporto che però diventerà progressivamente una sorta di morboso legame tra due donne molto sole, entrambe scrittrici e amanti del buon vino, ma ognuna con un diverso approccio alla vita; ambiziosa e organizzata Lei, emotiva e distratta Delphine. Tuttavia, questa nuova conoscenza s’introdurrà nella sua vita sempre più, fino a risucchiare Delphine in un vortice diviso tra folle ossessione e una crescente violenza psicologica.

Ed è qui che sorge la fatidica domanda: Chi è Lei? E cosa vuole da Delphine?

Polanski firma una pellicola che, come la maggior parte delle sue opere, non delude. Sembra essere una sorta di ripresa di temi già da lui stesso affrontati, ma con un’ originalità sempre vincente.

La storia, infatti sembra riportarci ad una trama che possiamo definire “già sentita” o che si lega a molti riferimenti come “Misery non deve morire” di Stephen King, il cult di Fincher “Fight Club” o situazioni che ricordano i soggetti del “L’uomo nell’ombra” e l’ansia sospesa di “Rosmary Baby” firmati dallo stesso Polanski. Tuttavia, una volta finito il film, la sensazione di banalità che sembrerà tenervi la mano per tutto il film lascerà spazio al quesito e alla voglia di dare una spiegazione a quella vertiginosa relazione tra una donna sull’orlo del precipizio e quella che sembra essere un’ancora di salvezza e allo stesso tempo il boia pronto a tendere il colpo di grazia. Ricollegare il tutto alla coppia cult Norton-Pitt sembra semplice, ma è lì che sta il colpo da maestro di Polanski che riprende un genere ampiamente trattato con un nuova ambiguità e una nuova analisi sul doppio tra vero e finzione.

A dar vita a questo thriller psicologico è la “Venere in Pelliccia”, nonché moglie di Polanski Emmanuelle Seigner nel ruolo di Delphine e la magnetica Eva Green ( Miss Peregrine, Penny Dreadful ) che regala al film un’interpretazione elegante ed efficace.

Non passa inosservata la struttura teatrale che caratterizza i film di quello che è da sempre un allievo hitchockiano; la narrazione, come – in modo assolutamente sopraffino- vediamo in Carnage e nella Venere in Pelliccia, è limitata a pochi interpreti, due in questo caso che si presentano e si fanno conoscere al pubblico rendendoci ancora più intima e ‘vicina’ la storia. Il tutto è accompagnato dalle note dolci e ricche di suspance di Alexander Desplat, neovincitore di un Golden Globes per The Shape of Water e ora in corsa per l’ambita statuetta.

Il film, nelle sale italiane dall’1 Marzo, è stato premiato fuori concorso al Festival di Cannes 2017 riscontrando diverse critiche positive di pubblico e di critica.