Erano giorni che pregustavo di fare un po’ di giri al Velodromo Parco Nord. Con l’approssimarsi dell’inverno è impossibile immaginare di rientrare in tempo dal lavoro (chiude alle 17) e così l’unica possibilità si concentra nel week end.

E lì, nell’ombelico d’asfalto immerso nel parco, si danno appuntamento tutti i compagni di pedalate. Gruppi che, con tanto di maglie e calzoncini personalizzati, esprimono, dal Makako Team ad Army of Two, la loro particolarissima visione del fare ciclismo.

Così, felice di essere arrivata in un orario decente, tipo alle 10.30, dalla discesa del ponte vedo già la truppa variopinta sfrecciare in curva. Una conferma sempre gradita: il velodromo è aperto, nessuna brutta sorpresa. Ecco quindi profilarsi la giornata ideale. Un sole tiepido, poco vento e qualche nuovo incontro. Sì perché dopo l’intervista a Marco Mua_zi, il gentle-rider, e nonostante la severa recensione sul profeta dei messengers, Lucas Brunelle, avevo incontrato virtualmente alcuni nuovi amici su Strava. Oggi ci sarebbe stato una specie di convegno live a bordo pista. Per stringersi la mano sul serio.
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Maglia nera corredata da lettering aggressive-horror, tatuaggi e barbe più o meno lunghe (quella di Massimo è imbattibile) compongono l’affascinante divisa degli Army of Two Street Legendary. Un gruppo di cui è apprezzabile lo spirito. Perché sì, c’è modo e modo di praticare ciclismo, e forse, anche se li conosco ancora troppo poco e naturalmente la curiosità è tanta, il loro modo è quanto si avvicina di più al mio.
C’è il gusto di praticare in ogni momento, testimoniato dal grilletto facile alla voce “rec” di Strava. C’è il divertimento puro per un movimento semplice ma perfetto: quello circolare sui pedali. Si vede che il gesto lo assaporano ad ogni giro con la complicità di biciclette, spesso Cinelli da pista, concepite proprio per sgranare al meglio, dente per dente, il rapido rosario della catena.
C’è infine lo scanzonato e goliardico eroismo del ciclista urbano, che “sente” con orgoglio il proprio ruolo, ma non assume atteggiamenti integralisti per ciò che concerne il resto del mondo del ciclismo, da quello competitivo a quello televisivo, ma, ispirato dal contesto, coniuga la performance spontaneamente atletica ad una convinta ricerca estetica.

Tutte le foto in bianco e nero del team Army of Two sono di Francesco Morello
Tutte le foto in bianco e nero del team Army of Two sono di Francesco Morello

Così sfogliare la pagina Facebook di Army of Two è un vero piacere per chi ha sensibilità verso le belle foto, spesso firmate da Francesco Morello. Dove all’archeologia industriale metropolitana si abbinano telai tirati a lucido e quadricipiti femorali di una certa entità. Ma non c’è esibizione gratuita del muscolo, il tutto è ritratto attraverso un codice “grafico”, che armonizza la vecchia fabbrica con l’immagine del ciclista. Come se telaio, ruote, corpo fossero un tutt’uno con le vestigia sgarrupate di lamiere arrugginite e coperture in odore di amianto. Il ciclista urbano nel suo elemento: maglia nera, asfalto e cemento per un vigoroso black and white che si distacca totalmente dalla massa ipercolorata del ciclista medio.

Non mancano pennellate di colore, ma tutto è calcolato nei dettagli. Se la scatto fisso di Giako è verde, i calzettoni scaldamuscoli sono esattamente della stessa tonalità. Alessandro li ha gialli fluo, coordinati con occhiali e scarpe, mentre Massimo esibisce un modello optical con protagonista lo Stregatto disneyano, perfetto per halloween!
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E mentre la sua Vigorelli Cinelli è in fase di riverniciatura, c’è anche Marco Mua_zi, amico del gruppo, con la nuova bicicletta da corsa rossa che si abbina, nel perfetto understatement che lo distingue, a un gilet della DHL.
Scordiamoci che sia casuale: il ciclista urbano, il rider, il messenger è più attento allo styling di un fashion editor de L’Uomo Vogue. E tutto ciò nulla toglie alla forza che mette nei pedali, anzi, la consapevolezza di “essere giusto” sicuramente l’aumenta, come in un perfetto gioco di ruolo.
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Su un fronte che qualcuno potrebbe considerare opposto, ma in realtà tutti sono schierati dalla stessa parte, cioè dalla parte della passione per la bicicletta, ci sono i coloratissimi membri del Makako Team. Il sottotitolo nelle informazioni sulla pagina Facebook recita: “animali in bicicletta”. Qui tutto è immerso in una grafica di sapore manga in salsa wasabi-verde fluo e così, coerentemente, dall’asfalto e il cemento degli amici urbani si passa al colore esuberante della Brianza, non più velenosa come la cantava Lucio Battisti.

E mentre il contesto ideale di Army of Two è la notturna di Red Hook Criterium e si parte per il Ghisallo solo se si arriva al Vigorelli, il Makako Team affronta ridendo (e mangiando) veri monumenti del ciclismo come il passo dello Stelvio o del Turchino. Gruppi sempre numerosi, corredati da donne molto atletiche di cui non reggerei il ritmo che per pochi metri. Di solito le Makake hanno la treccia e questo è, nel ciclismo femminile, un sintomo inequivocabile che fanno sul serio. Ne vedo alcune su Strava. Nei segmenti dove ho raggiunto il mio primato personale a costo di un mezzo infarto, mi staccano di 4 o 5 secondi. Un’eternità se si pensa che il segmento in questione a volte dura solo poche centinaia di metri.

Il girl power secondo il Makako Team. Le immagini sono tratte dal loro blog e dalla pagina Facebook del gruppo
Il girl power secondo il Makako Team. Le immagini sono tratte dal loro blog e dalla pagina Facebook del gruppo

Non c’è quindi che una riflessione da fare. Il mio modo di andare in bici è proprio personale e differente, se paragonato a ciò che fanno le mie simili. Anche al Velodromo incontro sempre pochissime donne e l’unica con cui ho scambiato due parole era una triatleta. Cioè tutto un altro mondo.
Quindi forse è più congeniale rifugiarsi nella pratica del ciclismo maschile dove non c’è la rigida selezione naturale che invece percepisco a livello femminile dove o hai 20/30 anni e sei un’atleta o, come direbbe Briatore, sei fuori. L’abbondanza di ciclisti maschi fa sì che ci sia più tolleranza e diversità sul campo: puoi correre al tuo ritmo, quando e quanto vuoi, anche semplicemente per andare al lavoro, ed età, prestanza fisica, resistenza saranno sempre quello che sono, ma potrai ugualmente sentirti al top, a modo tuo.
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Signori incontrastati di questa filosofia nonché pratica del ciclismo day by day sono i “padroni di casa” di dateciPista, ovvero l’associazione che esprime i volontari per gestire il Velodromo, le fondamenta della “macchina”, i garanti del rispetto di regole e sicurezza. Tra di loro vivono incredibili leggende: “si è rotto il femore l’anno scorso, a 85 anni, ed eccolo lì che pedala ancora in pista” oppure “Marco è un metronomo. Quando è in testa al gruppo può mantenere i 40 Km/h giro dopo giro senza sgarrare di mezzo secondo”.

E in questo c’è tutto lo spirito del vastissimo gruppo: padri che tramandano ai figli la stessa folle passione, anche per le macchinine a pedali, mariti che cercano di convincere mogli a provare selle da corsa, veterani della pista, appassionati praticanti delle Gran Fondo… c’è chi pedala per mantenersi in forma, chi per il gusto di farlo e chi per due chiacchiere con gli amici. Impegno e leggerezza.

Così è anche la mia visione: non occorre diventare veri atleti per praticare il ciclismo, ma il ciclismo esalta lo spirito atletico che si nasconde in ognuno di noi.

 

 

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