Il 2014 è stato un anno importante. L’Istituto Secoli ha festeggiato 80 anni di attività. Ripercorriamo velocemente la storia di questa importante scuola di moda. In 80 anni di aziende ne sono nate e morte. Purtroppo la stragrande maggioranza di attività nate all’epoca, oggi non ci sono più. Normalmente la vita di un’azienda si misura in poche decine d’anni. Soprattutto per quanto riguarda le aziende piccole, che una volta scomparso il fondatore, determina la fine dell’attività stessa. Noi siamo andati avanti. Siamo qui da 80 anni. Probabilmente perché dietro c’è una ragione, un’idea, un perché.

Quanto si è evoluto questo ‘perché’? E’ una ragione che deve calarsi nel tempo in cui viviamo. La scuola è nata per la sartoria, poi è partita l’industria, poi il prêt-à-porter… quindi è evidente che l’idea fondante del saper fare il vestito fatto bene, è passato dall’idea di fare un vestito fatto bene in maniera sartoriale, a fare un vestito fatto bene industriale fino al prêt-à-porter con un contenuto moda molto forte all’interno, senza dimenticare la possibilità di utilizzare strumenti sempre più sofisticati (per esempio CAD e tutta la parte grafica sul computer). Da oggi è un sapere che deve sapersi coniugare, da una parte ritornando un po’ alle origini – con il recupero dell’alta artigianalità – e dell’altra invece, con un utilizzo di strumenti di comunicazione molto forti, che poi, se ci pensi, sono un po’ i due settori che stanno crescendo di più. Basta pensare alla commercializzazione e alla vendita su internet, ma non solo… Questa è solo la punta dell’iceberg di una struttura organizzativa che utilizza in modo determinante le possibilità che questi nuovi strumenti ci offrono, creando una forte connessione a distanza tra chi produce e chi vende, con un’organizzazione logistica che prima non era pensabile. Questo è quello che di fatto succede oggi nel mondo e se vuoi restare a certi livelli devi calarti nella realtà, senza dimenticare un grande ritorno all’artigianalità, per distinguersi.

Quando suo padre negli anni ’30 fondò la scuola, che all’epoche era una scuola di taglio, poteva immaginare che un giorno, questa sua idea, riuscisse a celebrare questo importante traguardo? Sicuramente ci sperava, perché ci ha dato tutta la sua vita dentro. Immagino che quando una persona da tutta la sua vita per qualcosa, spera che questo progetto vada avanti… una speranza ce l’aveva… poi far diventare questa speranza in realtà (Stefano Secoli sorride)… noi siamo contenti di aver concretizzato questa speranza.

Cos’è la cosa più importante che le ha insegnato suo padre? Una delle caratteristiche di mio padre che più mi hanno lasciato il segno era la sua disponibilità con le persone che era unica e non interessata. Questa è una cosa che mi porto dietro, con i pro e con i contro, perché a volte quando sei tanto disponibile c’è il rischio di disperdersi… però io penso che sia importante mantenere un certo tipo di comportamento verso le altre persone. L’altra cosa è che pur guardando, inevitabilmente, al lato economico, non ha mai messo questo punto tra i primi valori. Nella scala dei valori prima c’erano altre cose… come l’onestà, la correttezza, l’etica…

Qual è il grande insegnamento che lascia l’Istituto Secoli ai suoi studenti e ai professionisti che seguono i vostri corsi? Da una parte un sapere professionale. Non dimentichiamo che dietro questo saper fare c’è una tecnologia importante. L’altra cosa è proprio la correttezza, l’onestà, il rispetto. Questi valori – semplici, banali, dell’umanità – che però qualche volta, nel nostro mondo, ti rendi conto che non tutti hanno. Non bisogna inventare l’acqua calda nella vita. Le cose importanti della vita sono sempre quelle. I valori sono quelli, non è che cambiano. Quello che è difficile è il comportamento: sei coerente con questi valori o non sei coerente con questi valori? Nel lavoro, nella formazione, nella disponibilità verso gli altri. Nell’arco della vita si trasmette sempre l’esempio, e anche la formazione è un’esperienza condivisa che ti lascia quello che hai fatto insieme, ma soprattutto come l’hai fatto.

Riuscite a trasmettere questi valori allo stesso mondo anche agli studenti stranieri, o avete un approccio diverso? Penso che non ci sia un altro modo di fare. Possono cambiare gli studenti, possono passare gli anni, possono cambiare anche i professori, ma l’umanità resta sempre la stessa e i valori che trasmettiamo sono li stessi per tutti. Oltretutto non abbiamo i mezzi per fare una grande comunicazione internazionale per raggiungere numeri altissimi di studenti stranieri. Chi arriva dall’altra parte del mondo per studiare all’Istituto Secoli, lo fa per passaparola con persone soddisfatte, e devo dire, che gli stranieri, ultimamente sono in aumento, quindi presumo che siano soddisfatti, anche dei valori che trasmettiamo.

Può essere che il vostro approccio ad una scuola del saper fare italiano, con un approccio basato su forti valori umani, sia più apprezzato di altre proposte che, invece, hanno puntato ad internazionalizzare la loro proposta con un approccio più freddo verso lo studente? Sicuramente può essere così, ma devo dire che le scuole italiane sono molto buone. Noi cerchiamo di dare qualcosa di diverso cercando di coniugare una tradizione a un contesto attuale. Penso che chi viene a scuola da noi lo percepisce. Comprende che non è un business. La persona che viene qua capisce che sta imparando facendo, realizzando. Questo è il vero imparare. Perché quando realizzi qualcosa, diventa tuo. Quando ascolti una lezione teorica è diverso. Se riesci a fare delle cose e le fai insieme, quel momento diventa tuo. I ragazzi qua fanno dei manuali di confezione o di modellazione che gli rimangono per tutta la vita. Diventano proprietari del metodo, perché le hanno fatto loro. Anche solo semplicemente imparare tutti i modi di fare una tasca… con proposte che ora nemmeno si vedono più, ma che tu hai di tua proprietà in un dossier fatto da te, è una proprietà intellettuale meravigliosa. Questo metodo ti abitua ad appropriarti delle tecnologie e quando vai a lavorare puoi addirittura arricchire l’azienda stessa in cui stai lavorando, portando una grande autorevolezza dell’argomento.

Per arrivare a questi risultati, immagino abbiate bisogno di interlocutori con caratteristiche professionali e umane che corrispondano a quanto detto. Come vengono scelti i professori? Devono essere ex allievi e devono aver fatto delle esperienze, devono aver fatto dell’assistenza ai nostri corsi. Insomma devono fare tutto un percorso prima di arrivare alla cattedra. Non un percorso che si fa dall’oggi al domani. Una selezione che non facciamo noi, ma che diventa naturale, quando una persona condivide questo modo di pensare, di agire, questo perché che c’è dietro, questi valori… se no non ci sta bene nel gruppo. Il gruppo non è l’azienda. Non è il Sig. Secoli che sceglie. L’azienda è fatta da persone e se non hai certi valori, non riesci a far parte del team.

Quali sono le prossime sfide? Su questo ho le mie idee. Sono quarantadue anni che lavoro e in tutto questo tempo ho sempre cercato di essere coerente, perché ritengo che quando uno parla e poi nella vita non si comporta in modo conforme con quanto ha detto, per me è una sconfitta. Io nella mia vita ho sempre valorizzato i giovani, perché non sono solo una risorsa, ma una necessità. Quindi non possiamo farne a meno. Dico “faccio un investimento e prendo un giovane”, no! Il discorso è ben diverso.. Non posso fare a meno di avere dei giovani. Ma non tanto per fargli fare i supporter, ma per fare le strategie, perché se noi le strategie le facciamo fare a persone di 60-70-80 anni, dove andiamo a finire? Le strategie devono farle i giovani. Poi quando avranno esperienza, dovranno fare il supporto ad altri giovani. Questa è la mia visione. La sensibilità che può avere un giovane al futuro, alle icone che ci sono oggi, verso l’ecologia o le problematiche sui conflitti generazionali, tra chi ha avuto tutto troppo facilmente e chi adesso per avere le stesse condizioni deve combattere. Se tu mi chiedi quali sono le mie strategie, io le ho, ma devo confrontarmi con i giovani, e poi starà a loro prendere le decisioni.

Sembra un fattore molto importante per Lei. Ci spiega meglio il suo punto di vista? E’ un punto chiave importantissimo ed è anche un grosso limite della nostra società. Se non fai così, il rischio è che i giovani subiscano: fanno le cose ma le hanno deciso gli altri. Ma siccome noi stiamo parlando di futuro, dare il timone strategico a chi ha esperienza può essere molto pericoloso. L’esperienza è un fattore molto importante, ma anche molto negativo. L’esperienza ti fa diventare diffidente, non hai più grandi prospettive… Guarda che non c’è niente di grande nella storia che è stato fatto da vecchi. I cambiamenti non possono essere fatti da queste persone. Le cose nuove le fai anche perché sei incosciente, perché credi. Questo è il sistema per muovere le cose, perché altrimenti non le muovi più. Questo è un po’ il limite che ho avuto con mio padre, perché la generazione passata era molto decisionista. Ecco perché se mi chiedi le prossime sfide, io non posso risponderti. Ho passato la mia vita a dire che queste strategie toccano ai giovani, e così farò. Ho le mie idee, so che la scuola farà delle cose nei prossimi vent’anni, ma non tocca a me decidere come. Tocca ai miei figli. Tengo molto a questo aspetto. Pensa che quando vado a visitare un’azienda, la prima cosa che vado a guardare è l’età media. E ci sono aziende in cui appena entri, capisci che è un’azienda morta, indipendentemente dal prodotto… perché c’è un’azienda con un fondatore di una certa età, che è centrista… e l’azienda muore, si asciuga, perché non vedi più giovani e nessun futuro. E’ una forma di egoismo terribile.

Mi verrebbe voglia di far ascoltare la sua intervista a chi gestisce la moda in Italia…. Guarda che Alessandro a 18 anni ha conquistato il mondo… i grandi sono tutti giovani. Guardiamo solo le più grandi aziende mondiali da chi sono state fatte.. Chi ha esperienza può fare tante altre cose, ma sicuramente non vincere le sfide. Solo un ricambio verso i giovani può garantire un futuro all’azienda. Io sono felice perché all’Istituto Secoli le scelte degli ultimi 5-6 anni le ha fatte mio figlio e i risultati si vedono. Speriamo di riuscire a celebrare anche i 100.

Allora ci vediamo tra 20 anni? Volentieri (e sorride, come durante tutta l’intervista)