Prima di diventare un punto di riferimento degli eventi e della comunicazione, Laura Morino ha calcato le passerelle delle più importanti fashion week del mondo, in un periodo in cui salire in passerella era un privilegio per poche (anni 90). Un’esperienza che le ha permesso ovviamente di entrare in contatto con i più celebri fotografi di moda che le hanno fatto la corte anche quando aveva deciso di intraprendere nuove strade professionali. La campagna di Tod’s scattata da Giovanni Gastel è un chiaro esempio di quello che Laura ha rappresentato per la moda italiana.

Nella sua agenzia, Morino Studio, oggi è racchiuso tutto il know-how di Laura, da quel primo passo in passerella ad oggi.

Intervista a Laura Morino, tra le più richieste modelle degli anni 90 e oggi titolare di Morino Studio

Partiamo dal principio. Come nasce il tuo interesse nei confronti del mondo della moda? Tutto è nato da quello che inizialmente era un gioco, poi diventato una vera carriera durata 15 anni. Sono stata una modella, indossatrice e modella fotografica. Io sono di Torino e per caso mi venne proposto di presentare dei capi di maglieria per una manifestazione organizzata per la prima volta a Torino, dopo anni. Avevo appena finito la maturità e ho accettato. La cosa mi divertiva molto, anche perché sono sempre stata un’appassionata di moda fin da ragazzina. Con la paghetta che prendevo andavo a comprare Vogue già a 12 o 13 anni. Dopo quella presentazione a Torino sono stata vista da aziende di abiti da sposa e abiti da sera e da lì mi dissero che avrei potuto avere delle opportunità come modella andando a Milano. Ai tempi mi ero anche iscritta all’università, studiavo lingue, e un po’ per scherzo sono venuta a Milano per vedere se potevo fare qualcosa nella moda. La mia passione è poi diventata un lavoro: dopo sei mesi di viaggi Torino-Milano ho iniziato la carriera. Se dovessi scegliere tra le sfilate e le fotografie, ti dico che la mia grande passione è sempre stata per le sfilate. Considera che ho lavorato come indossatrice fino ai 35 anni, ma sui 30-32 anni ho iniziato a chiedermi cosa avrei potuto fare dopo. Conoscendo bene il settore ed essendo molto curiosa, ho preso conoscenza degli aspetti tecnici delle sfilate. Mi sono quindi resa conto che avrei potuto aprire una mia società dedicata proprio all’organizzazione delle sfilate a 360 gradi: location, casting, modelle, parte tecnica ecc… Il tutto è durato qualche anno, fino a quando il mondo della moda è completamente cambiato. Non è stato più possibile avere una società che si reggesse solo sulle sfilate. A quel punto ho deciso di ampliare le conoscenze, non limitandomi più al solo mondo della moda, ma mantenendo comunque un target alto. Circa 13 anni fa, una mia cliente di gioielli mi ha chiesto di seguire anche la sua mailing e non solo di organizzare eventi. Ho iniziato anche questa attività e devo dire che ha funzionato molto bene, tanto che è uno dei nostri servizi tutt’oggi. Su certi eventi ci occupiamo anche dell’ufficio stampa, ma tutto dipende dalle richieste dei clienti e dalle loro esigenze.

Facciamo un passo indietro. Dopo la prima esperienza da modella sei stata notata e hai scelto di venire a Milano. C’è qualche brand per cui hai sfilato che vorresti citare? Ho sfilato molto per l’alta moda. Roma, Parigi, Milano. Ho sfilato per Lela Curiel, Balestra, Lancetti, Sorelle Fontana, poi ancora Ungaro, Saint Laurent, Chloé e tanti altri. Ho fatto anche tante sfilate per brand di pellicceria, perché ai tempi erano molto in voga. Ho fatto poco abbigliamento casual, perché non avevo molto il fisico per quel genere di capi. Ho sempre avuto un’immagine poco da ragazzina e un po’ più sofisticata, più legata all’alta moda. Una volta le ragazze non avevano il fisico che hanno adesso, erano magre, perché entravano nella taglia 38, ma non come adesso. Quando dovevamo andare a sfilare a Parigi facevamo 15 giorni di digiuno, perché noi eravamo taglia 40 e dovevamo entrare nella 38! Adesso le modelle sono davvero piccolissime e portano la 36, e a parer mio sono anche troppo giovani.

Renato Balestra

Cosa ti piaceva delle sfilate? Sei una donna molto carismatica e dalla forte personalità, quanto ha influito questa esperienza sul tuo modo di essere e di lavorare oggi? Sicuramente la voglia di voler fare questo lavoro mi ha aiutata molto a crescere. Ero davvero molto timida e lo sono ancora, anche se non sembra. Grazie a questo tipo di lavoro e alla passione per questo lavoro, ho superato un po’ la timidezza. Nel lavoro sono stata molto aiutata dal mio passato fatto di danza classica, che ho frequentato per 13 anni: non solo per un discorso legato al portamento, ma anche per l’approccio con il palco, sul quale non ho mai avuto timidezza. Questo mi ha aiutata sulle passerelle. Le emozioni più grandi sono state durante l’alta moda a Roma con la celebre scalinata di Piazza di Spagna, che diventatava una vera passerella. Era uno spettacolo a livello mondiale, perché eravamo in diretta in mondo visione. Quei gradini non erano così facili da fare con abiti lunghi e tacchi altissimi. Eravamo tutte terrorizzate! Momenti di tensione, ma anche di grande soddisfazione a livello personale. Questo lavoro mi ha molto aiutata, a crescere e a confrontarmi con le persone, avendo anche un approccio con gli altri diverso dalla mia natura, un po’ più chiusa a riccio, non aiutata anche da una città come Torino, sicuramente non open mind.

Secondo te perché Torino ha questa difficoltà? A Torino c’erano delle importanti sartorie, molto sviluppate, ma non l’alta moda. Purtroppo Torino, città splendida, ha questa mentalità. A Torino c’era la moda, non l’alta moda, ma le sartorie con i tessutai. Prima ancora di Sala Bianca a Pitti, a Torino c’erano le modelle che facevano le sfilate per le sartorie. Tanto è nato a Torino: la moda, la telefonia, la radio, la Rai, la pubblicità. Poi però Torino ha perso tutto. I torinesi hanno la genialità di fare le cose, ma non riescono poi a far sviluppare le attività, magari accettando anche interferenze di altre realtà che porterebbero alla progressione.

Sei rimasta in contatto con qualche tua collega modella? Ho amiche da 35 anni, da quando si sfilava insieme. Alcune si sono sposate, hanno avuto figli e fanno le mamme, altre invece sono entrate in aziende nel settore vendite, ma siamo comunque in quattro o cinque ad aver stretto questa amicizia molto stretta, una vera sorellanza. Eravamo in tante e crescendo con alcune ci siamo perse di vista.

C’è qualche aneddoto divertente di quel periodo che vorresti condividere? O qualcosa che ti piace ricordare? Sicuramente mi piace ricordare la famosa scalinata di Piazza di Spagna, fonte di enorme emozione. Poi mi piace ricordare anche l’emozione che ho avuto per l’inaugurazione dei mondiali di calcio a San Siro.

Eri presente a quella sfilata fatta a San Siro? Sì. Giocava il Camerun e mi ricordo che finita la sfilata sono rimasta con altre amiche, una delle quali camerunense, a guardare la partita.

Finita l’esperienza come modella ha aperto la società per organizzare sfilate. In che anni è successo? 1993, 94 e 95. Ho mantenuto per un periodo i lavori più importanti come l’alta moda Roma e Parigi e i servizi fotografici che non richiedevano troppo tempo. La più grande soddisfazione dal punto di vista della vita come modella è stata per Tod’s. Avevo 41 anni! Con Giovanni Gastel siamo proprio molto amici e lui continuava a chiamarmi per questo lavoro. Io volevo trovargli una ragazza che lavorasse al servizio fotografico, ma lui ha fortemente voluto che ci fossi io. Ho accettato ed è stata una bella soddisfazione.

Tod's
Tod’s

Come è stata la fine degli anni ’90, un’ epoca che ha segnato diversi cambiamenti nel mondo della moda? Effettivamente i cambiamenti sono iniziati proprio lì. Dopo un po’ di anni ho infatti pensato di diversificare la mia offerta, ampliando il raggio, poiché la moda andava scemando come modus operandi. I primi anni le aziende avevano le 4 collezioni (due collezioni con altrettante pre-collezioni) e ogni collezione veniva presentata tre volte: una volta per la stampa, una volta per i buyer e una volta per il cliente. Io come modella prima e come regista poi, sapevo che c’erano da fare 12 sfilate all’anno per ogni azienda. Sono poi iniziati i periodi di crisi, che hanno portato a diversi tagli di costi e a fare meno collezioni e meno sfilate, arrivando a realizzare una sfilata a stagione. Tutto è molto cambiato, ultimamente diventa difficile stare dietro a questo meccanismo, soprattutto se si ha vissuto la moda di allora.

Secondo te ci sarà uno sguardo al passato o si andrà sempre di più verso una direzione digital? Per il momento credo che l’euforia del digital sia forte, ma credo che potrebbe anche avere altri sviluppi. Stando ad alcuni professionisti del settore pare che il mondo delle influencer e del solo digital inizi a rallentare, a favore un po’ di un ritorno della carta stampata. Un po’ di marcia indietro quindi potrebbe esserci. Dal punto di vista delle sfilate sinceramente non lo so, perché andranno sempre di più a sparire. Il tutto naturalmente per ottimizzare i costi. Molti già vogliono presentare uomo e donna insieme e dedicarsi alla vendita subito dopo la sfilata, anche se bisogna ancora capire come potrebbe avvenire il discorso legato alla produzione.

Al giorno d’oggi le aziende saltano il passaggio della crescita del brand awareness. Secondo te quali sono i mezzi che possono accrescere la brand awareness di un marchio, come un tempo faceva la televisione? Quale pensi che potrebbe essere la chiave per unire crescita di brand awareness e mancanza di budget? Ci vorrebbe la bacchetta magica! Ci sono marchi che stanno un po’ rientrando dal discorso legato esclusivamente al mondo online, soprattutto brand non rivolti ad un target esclusivamente giovane. Credo che un target alto abbia ancora bisogno di vedere in maniera diversa, che sia televisione o carta stampata. Molti altri organizzano eventi di nicchia mirati, pensati per gruppi selezionati, magari anche in partnership con altre aziende. Il discorso televisivo mi dicono un po’ tutti che sia un po’ passato, perché nonostante tutto è un po’ superato. Per quel che concerne la carta stampata, sembra che ci possa essere un ritorno, certo è che per il momento, se si guarda un settimanale viene un po’ di tristezza, perché sono giornali da 30 pagine.

CASA D'ASTE IL PONTE by Alfonso Catalano ( Abito Capucci)
CASA D’ASTE IL PONTE by Alfonso Catalano (Abito Capucci)

Quanto pensi che abbia inciso un cambiamento del livello culturale degi italiani su quanto mi hai detto adesso? Anni fa probabilmente i grandi marchi investivano nella televisione perché c’erano contenuti di qualità… Bisognerebbe puntare alla cultura, ma questo riguarda l’Italia in toto e non solo il settore moda. A livello globale, non vorrei essere antica a pensarla così, ma i dispositivi elettronici rendono tutto più veloce, troppo più veloce. Anche lo studio non è più come una volta, ma sempre più volto alla ricerca su Google o su Wikipedia, che fanno assimilare anche poco. Lo stesso vale per la tv, che oggi ha un target culturale davvero basso. Se quelli che si vedono in tv sono i modelli da emulare per i giovani, allora è una situazione che andrà sempre a peggiorare, culturalmente intendo. Mancano molti valori oggi.

Il tuo libro preferito? Adoro Grisham. Purtroppo riesco a leggere pochissimo ultimamente, ma resto comunque un’appassionata di libri gialli. Mi piace molto Antonella Boralevi, che è anche un’amica.

Secondo te le persone che ti conoscono bene cosa dicono di te? Sicuramente che sono una precisa, tosta e che si butta anima e corpo sugli obiettivi che vuole raggiungere. Ho orari improponibili. Avendo una struttura di casa-ufficio, la sera lavoro anche fino alle 3.00, 3.30. Il mio è un lavoro che mi fa stare molto fuori di giorno, tra appuntamenti e attività di PR, quindi il resto del lavoro me lo ritrovo alle 3.00 di notte. Spero che di me dicano che sono una persona onesta moralmente, ma io so di esserlo.

C’è qualcosa del tuo percorso che non rifaresti? Rifarei tutto. Certo, con il senno del poi potrei affrontare certe situazioni in maniera diversa, ma di sicuro rifarei tutto. Mi sarebbe piaciuto ritagliarmi un po’ più di tempo per me, magari per viaggiare.

Laura Morino per Alessandro Enriquez
Laura Morino per Alessandro Enriquez

Qual è il prossimo viaggio che farai o che ti piacerebbe fare? Spero al più presto di andare a New York, una passione e un grande amore. Il mio sogno nel cassetto sarebbe quello di andarci a vivere per un po’ di tempo. Viaggiare è bello sempre. Ho scoperto da poco Napoli, città stupenda che non avevo mai visitato con attenzione.

Parliamo dell’agenzia. Qual è il plus che riuscite a dare ai clienti? Sicuramente è il nostro saper fare eventi anche di nicchia, non massificati. Ci piace poter avere dei clienti da coccolare, creando eventi ad hoc, pensando anche diverse partnership tra diverse realtà. Diamo servizi personalizzati, magari anche con quel quid in più che altre agenzie non riescono a garantire.

Laura Morino - Prima alla Scala 2019
Laura Morino – Prima alla Scala 2019

Hai mentori che segui o che hai seguito? Non direi. Viaggiando si impara, tutto serve per imparate, anche se non ho preso come esempio una persona o una società nello specifico. La curiosità è fondamentale.

Quali sono i prossimi progetto di Morino Studio? Ne abbiamo un paio nel cassetto, ma ancora non posso rivelarli perché sono sorprese del 2020. Una nuova energia per quest’anno nuovo.

Fonte foto: Morino Studio