Incomincia a percepirsi un pochino d’aria di primavera, forse perché le giornate si allungano, ma è proprio febbraio il mese più critico per riprendere coraggio e tornare a fare qualche lunga uscita.

Nel mio caso il cerchio magico del Velodromo Parco Nord dateciPista è stato la salvezza. Per molti invece l’idea di affrontare il freddo oppure anche soltanto la fatica di vestirsi a strati li ha dirottati verso i più rassicuranti rulli.

Vero che vestirsi in inverno è un rito infinito. Tra maglie termiche, naturalmente a strati, gambali o calzamaglie, almeno due paia di calze, il puntale sulla scarpa e la ghettona che l’avvolge tutta, possibilmente in neoprene o simili. E il cappellino imbottito che rende praticamente sordi. Gli occhiali anche se c’è nebbia da tagliare con il coltello altrimenti ti si ghiaccia la cornea. E i guanti? E lo scaldacollo? Insomma alla fine di tutto ciò sei già sfinito.

In velodromo d’inverno è tutto più facile, anche scegliere il treno giusto e andare alla propria velocità

Allora non c’è che una soluzione. Il rullo. Se poi hai il modello top che puoi connettere a Zwift, il social che piazza il tuo avatar dentro a corse immaginarie a Londra o a Watopia, ecco che puoi effettivamente superare quella spiacevole sensazione claustrofobica che i rulli normali ti regalano mettendo a dura prova la tua forza di volontà. Altrimenti… benvenuti a Noia City.

C’è poco da fare. Per sconfiggere quella sconfortante sensazione che stai facendo troppo poco in un tempo infinito non c’è che la forza della mente. Ommmmm… L’idea è di immergersi in una proto-meditazione fai da te, che forse qualcosa di zen ce l’ha anche senza maestri che te la spiegano.

Già il fatto che la pedalata è rotonda aiuta molto. Poi è fondamentale imporsi dei traguardi. Se si ha un bel Garmin l’impostazione indoor permette di vedere, in base al sensore di velocità sulla ruota posteriore, quanti km stai affrontando. Bene. Per chi spinge sui rulli non c’è traguardo più accattivante.

I rulli hanno uno svantaggio: la perniciosa ossessione per il “numerino” sul Garmin

Nel mio caso scatta la competizione del record personale. La volta scorsa ho raggiunto 40 km? Questa volta saranno 45! L’importante è lasciarsi prendere dall’ossessione e superare i primi 10 è già un primo giro di boa molto importante. Senza Londra e Watopia in 3D davanti agli occhi è poi allora importante scegliere il programma tv giusto. Qualcosa che distolga la testa dal frullare continuo, che dopo un po’ fa sentire la sella dura come il marmo. Ecco allora che io scelgo una bella replica di Masterchef, dove la Mistery Box interviene magicamente in soccorso, portando via la testa. E la frusta che affronta la maionese di uova di quaglia sembra proprio il frullare senza tregua sui pedali. Così anche per brevi momenti sparisce l’ossessione per il numerino pazzo: sì faccio due ore… sì adesso raggiungo le 500 Kcal… non posso smettere a 39,8 km…

Insomma, ogni valore numerico sul computerino porta necessariamente a ingabbiarsi sempre di più nell’idea ossessiva di un obiettivo. Un po’ come quando ci si scopre a camminare tra una riga e l’altra delle strisce pedonali. Non è un bel segno. La bici è gioia, divertimento, aria fresca al cervello. Se diventi schiavo di un numero allora fuggire è imperativo.

L’aria aperta non ha equali!

 

 

E fuga fu. Per me coincide con la pausa pranzo. A volte basta così poco per tornare a immaginarsi in un itinererio lungo. Basta uno stacco di meno di un’ora. L’importante è uscire. La fortuna di avere vicino all’ufficio una lunga ciclabile, quella del Naviglio Grande, non può essere ignorata. E così si parte a manetta. Sole, freddo, cuore a mille, polmoni… ogni singola molecola sembra impazzita di felicità. Dov’è finito il numerino sul Garmin? Non pervenuto. C’è l’asfalto che scorre sotto alle ruote. Tutto il resto… è noia!

Fonte foto: Laura Magni