Come si direbbe in un film di Salvatores erano aaaaanni che non andavo al Leoncavallo (ndr: per i non milanesi: storica ex cartiera occupata). E ancora più inconsueto è che il motivo del mio ritorno nel grande spazio archeo-industriale non è un concerto o un’esposizione, bensì una sessione di appassionante bike polo.

Da tempo mi sfuggiva questo solido gruppetto di appassionati cultori di uno sport che forse assomiglia anche all’hockey su ghiaccio. Mi sfuggiva dai tempi in cui mi ero occupata di promuovere a Milano il polo vero, cioè quello praticato sulle quattro zampe dei cavalli. Sognavo di infrangere quel muro snob, fatto di uomini con macchinoni e gentili signore con cappellino, con una sana invasione di “bike polisti” urbani. La bizzarra alchimia avrebbe portato un po’ di equilibrio in quel parterre dove non si vedevano che tanti cloni del Briatore più spinto. Ma niente da fare: il cliente non accettò mai l’esperimento.

Un “gilet jaunes” su due ruote: è Eleonora Mele in un’azione del polo bike praticato al Leoncavallo

Così mi era rimasto l’appetito di fare la loro conoscenza e di vederli in azione. Cosa che finalmente, giovedì scorso, ha avuto luogo grazie all’invito di Eleonora Mele. Proprio lei, la protagonista delle gare di Manchester di cui ho raccontato la scorsa settimana. Da brava pistard non poteva che amare questa altrettanto urbanissima pratica sportiva inizialmente nata sulla scatto fisso e fondata a Milano da un gruppo di riders appassionati del proprio lavoro e di tutto ciò che si può fare su due ruote.

Oggi si può dire che a Milano il bike polo ha raggiunto l’età matura e questo grazie anche al Leoncavallo che ha offerto ai ragazzi un “porto sicuro” dove praticarlo costantemente ogni giovedì. Così le bici hanno raggiunto la forma ideale per interpretare al meglio lo spirito dinamico di questa disciplina, fatta tutta di scatti e ripartenze. Appesa al chiodo la scatto fisso, adesso c’è la ruota libera con un rapportino unico bello agile, un manubrio largo e dritto da mtb per assicurare stabilità e una selva di raggi nelle ruote. “Come mai?” chiedo curiosa a Pietro che capisco subito essere il riferimento del gruppo. “È per evitare che si infili la palla mentre si corre“. Ok… proprio tutte le hanno studiate. In realtà poi direi che Pietro non mi ha detto proprio tutto sul perché di tutti questi raggi. Ma durante la partita appare chiaro che hanno la stessa funzione del guantone del portiere. Sì perché con le squadre in campo composte da 3 giocatori cadauna ecco che a turno qualcuno si piazza davanti alla piccola porta, la stessa dell’hockey, ed è certo che con una lenticolare o mille raggi sarà dura che passi qualcosa di più grande di una biglia.

Invece la pallina da gioco è piuttosto grossetta, forse appena più grande di quella del tennis. E sembra di plastica, dura e vuota. Invece l’asta per colpirla è un riuscitissimo accrocchio tra una racchetta da sci e un bicchierino sempre di plastica spessa e dura, dotato di un’apertura da un lato. “È perché a volte si raccoglie lì dentro la pallina…” mi informa Pietro. Un po’ tipo cucchiaio. O una lunga pipa da pirata.
Mentre i polo biker si scaldano ecco che inizia a farsi sentire un certo languorino. E allora una visita alla cucina del Leoncavallo è proprio necessaria, sempre pronta a sfamare gli affamati, fino ad ora tarda. Sono le cose più semplici a gratificarti quando meno te l’aspetti: gli straccetti di manzo del Leo sono buoni quanto quelli di Augustarello a Trastevere. E così, a pancia piena, le evoluzioni dei polo bikers saranno ancora più emozionanti.

 

La scatenatissima Eleonora piroetta con maestria su e giù nella pista. Pietro, con la sua maglia rossa, sfreccia veloce come una saetta. Che adrenalina! È tutto un frenare e rilanciare. Uno sport nervoso, adrenalinico, a tratti sincopato e tratti fluido. E la bici sembra viva, come un cavallo che si muove all’unisono con il suo cavaliere. Come facciano a non aggrovigliarsi resta un mistero. Eppure non ci sono mai momenti statici, né incidenti. Sembra quasi un videogioco. Persino le barriere in compensato a bordo pista, illuminate a giorno, paiono la scenografia di Tron. O un’opera futurista di Umberto Boccioni. Insomma il bike polo è uno sport davvero figo, non c’è che dire. Resta solo una domanda: è ancora ciclismo o tutta un’altra storia? Qualche foto potrà aiutare a capir

 

e…

bike polo

bike polobike polobike polobike polobike polobike polo

Foto: Laura Magni