In un’estate dove i media sportivi erano distratti da tanti altri eventi di grande rilevanza, primo fra tutti il mondiale di calcio, sento il bisogno di fare due riflessioni sul “caso” di Vincenzo Nibali al Tour de France. La storia in breve la si conosce tutti: il campione dopo una brutta caduta sull’Alpe d’Huez, in piena progressione d’attacco, si è fratturato una vertebra.

Niente di tragico sul piano della recuperabilità, ma bici appesa inevitabilmente al chiodo per 15 giorni. E quindi bye bye sogni di gloria al Tour.

Naturalmente nell’Italia ciclistica questa notizia è deflagrata così inaspettata e potente da spalancare le porte al commento e alla congettura.
A partire dai conduttori RAI in diretta si è subito aperta la caccia al colpevole, oggi sport molto praticato nel Belpaese, e quindi, tutti a puntare subito il ditino sugli incolpevoli gendarmi in moto, accusati di aver spintonato il nostro campione per raggiungere e proteggere il “loro” campione, il francese Bardet.

Già qui, in questa prima fase, ci sarebbe un po’ da vergognarsi, ma è anche vero che era bella viva la memoria dello scontro tra due moto di polizia, sotto al palco presidenziale, nella parata del 14 luglio. E i francesi, si sa, se la tirano da paura. Così è bello poterli spernacchiare un po’ quando fanno figure da pasticcioni. A ciò si aggiunge la storica rivalità. Da chi è più bravo a spingere sui pedali, fino a chi è più bravo a organizzare Giro/Tour. Perché, come cantava Paolo Conte, i giornali svolazzano e i francesi s’incazzano (quando passa Bartali… o Nibali?).

Così lo sdegno pompava sotto le ceneri finché, per fortuna, è uscito il solito video girato con il telefonino da uno spettatore che tra fumogeni e pazzi travestiti da puffi con il berretto frigio rosso in testa (probabilmente era uno di loro) ha centrato casualmente il momento in cui la lunga cinghia della macchina fotografica di un tifoso sembra agganciare il manubrio di Nibali. Naturalmente tutti hanno sempre telefonini di ultimissima generazione che fanno foto-video di qualità professionale, ma quando c’è da tirare fuori uno straccio di documentazione attendibile su un fatto controverso ecco che di colpo salta fuori un’unica ripresa fatta con quello che non si può definire smartphone, ma un vecchio cellulare, ovvero una creatura preistorica, ormai inevitabilmente paralizzata dall’obsolescenza programmata. E naturalmente colui o colei che ha fatto il video teneva il dinosauro in verticale, come usa adesso, non rendendosi conto che per sviluppare una narrazione decente di ciò che vedi scorrere davanti ai tuoi occhi è senza dubbio una ripresa che, sul piano orizzontale, ti permette di avere un campo più allargato della scena. Visto che i ciclisti pare non saltellino su e giù…

A sinistra si intravede la cinghia della macchina fotografica. A destra due immagini di organizzazione a confronto

Comunque, questo passa il convento e ciò per fortuna basta a zittire la montante protesta contro l’incolpevole gendarmerie. Già, ma siamo sicuri che sia del tutto innocente? Ho raccolto le voci di tanti appassionati. La chat di Equilibrio Urbano infatti si è scatenata in un vivace dibattito. E domenica non è mancato anche un fruttuoso scambio di idee con Mario Bodei, presidente di dateciPista, l’associazione dei volontari del Velodromo Parco Nord, nonché esperto corridore su pista e non solo.

Insomma, ci sono due partiti. Da una parte i “colpevolisti” e dall’altra i “fatalisti”. Ecco la sintesi delle due visioni.

I “COLPEVOLISTI”

1 Ok, i gendarmi non hanno spintonato Nibali, ma continuavano a muoversi su e giù con imperizia rendendo ancora più caotica la situazione.
2 Maledetti fumogeni, c’è sempre qualche pirla che li accende, ma in Francia non ci sono i nostri alpini pronti ad affogarli nel barbera.
3 Sullo Zoncolan è esemplare l’immagine dei volontari in pettorina gialla schierati a mo’ di transenna umana. I francesi invece, ligi alla regola, hanno fermato le barriere a -4 km dal traguardo, ignorando la pericolosa strettoia della strada a -4,01 km.
4 Fanno salire un milione di tifosi sull’Alpe d’Huez e poi non hanno abbastanza uomini per gestirli.
5 Il Giro attraversa una polveriera come Gerusalemme indenne. Al Tour, anche senza scomodare i terroristi, quattro stupidi bastano e avanzano per incidere sull’esito della gara ciclistica più importante al mondo.

I “FATALISTI”

1 I fumogeni entrano anche negli stadi, figuriamoci se si possono impedire su una montagna a libero accesso.
2 Purtroppo il ciclismo è così. Il giorno prima stai bene, il giorno dopo le gambe non vanno. Puoi cadere, puoi sempre farti male. E tutti i sogni di gloria possono sfumare in pochi secondi.
3 Gli idioti che attraversano la strada, che spintonano, che scattano selfie e che gettano secchiate d’acqua (o peggio, come capitato a Froome) ci sono sempre stati e ci saranno sempre.
4 È dato statistico che qualche incidente debba accadere. È un miracolo quando fila tutto liscio e non è certo quindi colpa dell’organizzazione.

Insomma, se i “colpevolisti” vincono 5 a 4 sui “fatalisti” (mi pare di avere citato tutte le osservazioni che ho sentito) rimane la certezza che il povero Nibali ha rilasciato dichiarazioni che gli fanno onore. Mai ha nominato il “colpevole” con un eccellente nonché diplomatico “…e sono andato giù”. Mai ha recriminato nei confronti dell’organizzazione che pure, e qui la colpa forse c’è tutta, non è neppure riuscita a tirar fuori un elicotterino per portarlo via da lì, con una sospetta frattura ad una vertebra, per ulteriori esami all’ospedale di Grenoble, ovvero a 70 km dalla scena del delitto. Ebbene, a chi rimane allora in mano la pistola fumante?

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