I primi 100 km dell’anno non si scordano mai… ed era da tempo in programma un’uscita con Sebastian, che io amo immaginare sia il mio “gregario di lusso”, come Kwiatkowski lo è per Froome.

Naturalmente vanno fatte le debite differenze, ovvero, considerare che tra me e il campione keniota ci sono infiniti gradi di separazione, mentre tra Sebastian e Michal probabilmente non ce ne sono affatto altrettanti. Al Velodromo Parco Nord spesso è infatti la locomotiva del gruppo. Tutti dietro a Sebastian, che tira il treno degli sgagnamanüber!

Alla partenza si aggiunge Fulvio, amico storico di Sebastian, e così ci imbarchiamo tutti e tre in un itinerario che ho sognato durante l’intera fiera di Pitti, mentre attraversavo come una trottola i tre piani del padiglione centrale, ottimo allenamento pre-ciclistico. La meta? Il mitico Bici Binda Bar che avevo adocchiato con Carola, assessore allo sport di Castano Primo e guida personale nell’esplorazione da Panperduto in giù, durante la bellissima escursione organizzata da InLombardia. Chissà se l’avrei incontrata. E chissà se ce l’avrei fatta ad arrivare fino al Binda. Calcolando andata e ritorno sarebbero stati poco più di 100 km, quindi come una granfondo Dee Jay. Certo, non una passeggiatina, ma la certezza di avere Sebastian che ti spiana la strada? Priceless!

Ed eccoci quindi giunti al vero tema di questo articolo, che non vuole essere la cronaca di un fantastico giro, quale è stato, bensì una carrellata di riflessioni a ruota libera su un imprevedibile quanto affascinante elemento della natura: il vento. Il vento e il ciclismo.
Una ciclista solitaria come me, infatti, avvezza a fendere con le sue sole piccole spalle l’aria densa che d’inverno è ancora più dura, può solo sperare che il suo naso, come la piuma magica poté far volare un Dumbo, divenga aerodinamico in stile Coppi e compia il miracolo. E invece esistono le gioie di quando si può succhiare la ruota. Sebastian è preciso come un metronomo e viene voglia proprio di incollarsi al centimetro così da godere appieno del raffinato privilegio di avere in squadra uno davvero forte. Che si mangia tutta l’aria.

Sebastian al Velodromo Parco Nord… io sono felicemente in scia

Pedalata dopo pedalata già sognavo la pioggia di PR su Strava se non addirittura coppe dorate che certificano l’ingresso trionfale in top ten. Sul Naviglio Grande! Dove sono passati tutti e tutte ed hanno lasciato la loro velocissima traccia sul gps di Strava. Non più così imbattibili. Un sogno. Ecco, c’era da immaginarselo: l’assenza di vento fa pensare. Soffri meno, sei rilassato, un po’ viziato e quindi, ti metti a fare castelli in aria. O a rimuginare scomode sensazioni. Ad esempio pensavo ai numeri. Il tragitto che stavo percorrendo trainata dal precisissimo treno tedesco, puntuale metro per metro nella sua tirata perfetta, sarebbe stato lungo, appunto, quanto una granfondo. Poco più di 100 Km. Ed è così che con un vago senso di malessere mi sono chiesta: ma come ho fatto a percorrere tutta da sola, con il vento solo per me, un’intera granfondo? Alla media di quasi 32 Km/h? Roba da non crederci di potercela fare un’altra volta, la prossima stagione. Vedremo. Intanto è così bello andare a traino… così bello che al primo pit stop dal ciclista lungo la ciclabile, per comprare le camere d’aria di scorta a Fulvio che ne aveva forate ben due in partenza, penso di approfittare di una pompata alle mie. Saranno stati almeno due mesi che non le gonfiavo, anche se al tocco mi sembravano abbastanza dure. Dure? Eh no, cara signora, non direi proprio… Lei sta correndo con due atmosfere.
Parbleau! Due atmosfere su otto? Come pensare di remare con uno stuzzicadenti. O fare graziose piroette con gli scarponi da sci. Insomma… vedi cosa vuol dire correre senza vento?

 

Ma il vento, se c’é e corre insieme a te nella direzione giusta, può anche essere un grande amico del ciclista. Il vento in poppa è più soave della spintarella di un tifoso sullo Stelvio nel Giro del ’53, più artistico di una giottesca pedalata rotonda, più fluido del balsamo dopo lo shampoo. Evoca persino l’andare a vela, cosa di cui Sebastian è grande esperto. Un giorno mi spiegò perché i cipressi disposti sul confine occidentale del Velodromo Parco Nord risultano ancora più efficaci, quale schermo alle folate più intense, di un’ipotetica barriera continua, di un muro. Già, perché? Troppo complesso ripetere le riflessioni scientifiche di un ciclista-velista.

Gli alberi che al Velodromo Parco Nord schermano il vento

 

Però, ciò che non dimentico, è che nel gestire le correnti d’aria tra i due sport c’è senz’altro più di un punto di contatto. Pensiamo ad esempio ad un paio di ruote dall’alto profilo e la difficoltà a mantenere la rotta quando si corre in discesa con un bel vento laterale. La bolina stretta non è un toccasana per il ciclista, mentre per il velista è il carburante ideale. Effetti opposti, quindi, ma è certo che conoscendo queste dinamiche si può fare comunque bene: preservarsi da una brutta caduta oppure vincere una regata. Puoi scegliere.

Pedalando e pedalando, rimuginando e riflettendo, in scia al ciclista-velista Sebastian K, eccoci giunti alla meta-metà del percorso: il Bici Binda Bar. E siccome i ciclisti che amano il vento sono anche fortunati, ecco che ad attenderci, neppure avessimo preso un’appuntamento, Carola con due sue amiche! L’esperienza al Binda (mia prima volta) non sarebbe stata completa senza di lei.
Presto si vorrà un bis di questo bel giro. E via, col vento, verso nuove avventure. La bella stagione si avvicina e… domani è un altro giorno!

Il Bici Binda Bar invaso da un bel sole. Al centro c’è Carola Bonalli, assessore allo sport di Castano Primo

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