Avete mai tenuto un oggetto perché “vi dispiaceva” lasciarlo andare e separarvene? (Naturalmente sapevate benissimo che non vi sarebbe mai più stato utile e rubava solo spazio?)

A volte, la logica e le emozioni dicono cose diverse, con il risultato che qualunque cosa facciamo, proviamo disagio.
Se teniamo l’oggetto, ci sentiamo in colpa perché aumenta il senso di blocco e pesantezza in casa. Ma l’idea di lasciarlo andare, di escluderlo per sempre dalla nostra vita, ci fa sentire tristi, vulnerabili.

La trasformazione del nostro rapporto con gli oggetti è un lungo processo interiore, ma possiamo agevolarlo con semplici tecniche pratiche, piccoli stratagemmi che ci aiutino a fare la cosa giusta anche quando ancora non siamo le persone che ci stiamo impegnando a diventare.

Decluttering: per facilitare il distacco dagli oggetti “difficili” vi sono due tecniche facilissime e molto efficaci

Sappiamo già che conservare un numero eccessivo di oggetti ha un costo più alto del ricavo in termini di benessere. La nostra mente ha chiaro il concetto di priorità. Ma il cuore, a volte, ce l’ha un po’ meno chiaro: prendiamo un oggetto, l’idea di distaccarcene ci crea disagio, ne prendiamo un altro, ci crea disagio, e anche il terzo, e anche il quarto, e finiamo per tenerli tutti. Dobbiamo quindi trovare un modo per assegnare delle priorità con il cuore, oltre che con la testa.

Ci viene in aiuto un semplice principio psicologico: il principio di contrasto.

La nostra percezione di una certa qualità in X cambia notevolmente quando lo accostiamo a Y, se Y possiede tale qualità in misura molto maggiore o minore.

Come possiamo usare questo principio per facilitare il distacco da un “caro ricordo”? Semplice: sapendo che dobbiamo fare una scelta, mettiamo l’oggetto a cui ci sentiamo affezionati vicino a uno a cui ci sentiamo MOLTO PIÙ affezionati, dicendo: “lascio X, ma è per tenere Y, a cui tengo molto di più!”

Possiamo accostarli mentalmente, o perfino fisicamente per aumentare l’effetto.

Avere un termine di paragone ci aiuta a dare un contesto alla nostra sensazione di attaccamento, a “misurare” la reale importanza di quell’oggetto per noi.

Ed ecco invece il secondo metodo. Per usare efficacemente questa tecnica basta capire una cosa molto semplice ma molto importante: l’oggetto ci è caro solo in quanto è un SIMBOLO. Il valore monetario o di utilizzo dell’oggetto è irrilevante; spesso sappiamo benissimo che l’oggetto in questione risulta inutile e fastidioso sul piano pratico, ma lo teniamo in quanto è il segno tangibile di un’esperienza, un ricordo, una qualità, di qualcosa che ha per noi un valore particolare.

Quello a cui siamo attaccati in realtà è l’esperienza che abbiamo vissuto. E quell’esperienza ha già avuto il suo effetto su di noi, ci ha già formati, ci ha già arricchiti, ed è nostra per sempre. Non potrà mai andare persa o rubata, non più di quanto ce l’abbia già rubata il trascorrere del tempo.

La sensazione di disagio all’idea di separarci da quel vecchio stereo deriva semplicemente dal fatto che attiva e in qualche modo preserva il ricordo dell’esperienza. Ma esperienza e oggetto non sono la stessa cosa. E quando troviamo un modo di attivare e conservare il ricordo dell’esperienza proprio come fa lo stereo rotto, lo possiamo salutare senza rimpianti.