A cura di Nenella Impiglia Curzi

 

Nenella Impiglia Curzi

Cosa più di un accessorio moda, oltre a completare una mise, può definire la personalità, lo stile, l’identità di chi lo indossa? La sua storia rivela ciò che siamo stati e ciò che siamo oggi. L’etimologia stessa (dal latino accedere = aggiungere, accrescere), gli conferisce una importanza che va aldilà del concetto di qualcosa di secondario e superfluo; anzi è così importante e qualificante che nessuno di noi può farne a meno. Via libera, dunque, anche per questo inverno ad una miriade di meravigliosi oggetti  che ci arricchiscono e ci particolarizzano. In ogni caso, tutto dovrà stupire: bijoux ricchi, che decretano la morte del minimalismo, borchie, paillettes, maxi collane metalliche e bracciali di legno e pelle; anelli super elaborati, cinture di tutti i formati; tantissimo tricot per sciarpe, cappelli, ma anche nei gioielli, proposti in maniera originale, con pon pon ed intrecci di lana. Grande ritorno, stile sixties, delle calzamaglie, calde, pesanti, coprenti, colorate, o in tinta unita, decorate ed impreziosite da strass, spille, ricami.

Uno dei must di stagione sono, poi, i guanti: in abbinamento con l’abito o in assoluto contrasto, in pelle, in lana tricottata, corti, lunghi o anche lunghissimi fin sopra il gomito. Nati con funzione protettiva, all’inizio sacchetti di pelle dura con cui riparare le mani, indossati dai barbari, ai quali devono anche il nome (il vocabolo wanto, gwantus, o, wantus del  latino medievale, è di origine germanica), sono diventati accessorio comune dell’abbigliamento solo nel  XV secolo; indispensabili e insostituibili in tutte le cerimonie solenni.

 

Senta Berger in “O sole mio” (1960)

Anche nell’antico Egitto erano simbolo di enorme prestigio: venivano offerti ai faraoni dalle popolazioni vassalle, come tributo. Nella tomba di Tutankamon vennero trovati guanti di lino bianco da bambino. Cleopatra ed altre donne famose dell’antichità, affidavano a leggeri guanti di tela la bellezza ed il candore delle loro mani, dopo averle spalmate con miele ed oli profumati. Nell’epoca rinascimentale divennero oggetto di lusso, preziosi, amati e vezzeggiati in tutte le corti europee; ma la vera novità erano quelli profumati, con conce a base di olio di gelsomino, ambra grigia o grasse, che rendevano le mani bianche e morbide; in Italia si fabbricavano anche guanti “avvelenati”, alla moda di Cesare e Lucrezia Borgia.

All’epoca del Re Sole nascevano i “mitaines”: mezzi guanti, che coprivano il dorso della mano, lasciando libere le dita, per mostrare preziosi gioielli. Oltre che segno di status sociale, autorità, potere, il guanto assunse un importante valore simbolico: ad esempio nel diritto barbarico il venditore di terreni donava all’acquirente, alla presenza di testimoni, un guanto pieno di terra, presa dal campo venduto. Un’eredità si
trasmetteva senza testamento, passando semplicemente il proprio guanto all’erede. Ma, senza dubbio, i guanti sono stati un importante strumento di seduzione: indimenticabili quelli indossati da Rita
Hayworth nel film “Gilda”, neri, lunghissimi, che salgono fino alle spalle, mettendo in risalto la sua prorompente sensualità.

Oggi, finalmente, eccoli tornare di moda, per completare un abbigliamento, ma ancora di più per sottolineare uno stile, portare una nota ironica, aggiungere personalità ed un tocco di bon-ton, che non guasta mai. Sicuramente, però, gli accessori per eccellenza, da sempre i più amati e prediletti dalle donne, insieme naturalmente alle scarpe, sono le borse, proposte per questa stagione grandi, pratiche, a mano, o a spalla, con la tracolla da aggiungere come optional. Per la sera restano invece in voga le pochettes, in particolare la busta, in molteplici colori.

 

Patrizia Pepe

Possiamo sicuramente affermare, dunque, che la borsa è stata, è e sarà sempre uno degli oggetti simbolo, che più ci aiuta a capire le evoluzioni di costume e sociali legate al mondo femminile. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. La parola borsa deriva dal greco byrsa , che significa cuoio, dal materiale con cui veniva confezionata e utilizzata, all’inizio, per il trasporto di armi e utensili vari. Le prime borse di cui abbiamo testimonianza, sono raffigurate nei graffiti rupestri preistorici, nel deserto dei Tessali, in Algeria. Dal XI al XVI secolo, la “scarsella” rappresenta la tipologia più diffusa, usata sia dagli uomini che dalle donne, appesa al collo o alla cintura. Nel Medioevo si utilizza l”aumonière sarazinoise” (elemosiniera saracena), per contenere le monete destinate alle elemosine, strumento necessario per guadagnarsi le indulgenze.

 

Roberto Cavalli

Sostituita da manicotti nel 1500 e 1700 e da tasche inserite nelle ampie vesti nel 1600, solo dopo la Rivoluzione Francese, con la moda impero, nacque la borsa vera e propria, la “reticola” (dal latino reticulum), appesa al braccio.

La storia di questo insostituibile oggetto corre parallela a quella dell’emancipazione femminile; rispecchia la personalità di chi lo indossa, lo status sociale, lo stile di vita. E’ un segno di distinzione, rappresenta, forse, la parte più segreta di una donna, una casa in miniatura da portare sempre con sé; è una proiezione di noi stessi, che ci infonde sicurezza.

La borsa ideale, come un bel paio di scarpe, non ha mai avuto a che fare con la necessità: è qualcosa che riguarda i sogni, il desiderio e la fuga dalla banalità.

Dunque… buoni acquisti!