Ero molto timorosa rispetto al mio stato di forma in questa prima vacanza a Madesimo in cui avrei portato la bici da corsa. Un’incognita infatti sarebbero stati i rapporti più duri rispetto alla mountain bike, ma vuoi mettere il guadagno in termini di leggerezza?

Oggi che ho già nelle gambe più di una settimana di spinta sui pedali in quasi 6.000 mt di salite della Valchiavenna ebbene sì, posso dirlo, esame superato.

Ed è una vera gioia avercela fatta.

Così ho pensato a una sorta classifica delle cose che rendono felice un ciclista in montagna. È tutta un’altra vita rispetto al ciclista di pianura. Si soffre di più e quindi si gioisce altrettanto.

in azione, negli ultimi tornanti per il Passo Spluga

10° posto: la discesa
Partiamo dal fondo della top ten. La discesa infatti mi rende felice a fasi alterne. E le mie mani non ringraziano mai dopo il duro esercizio con i freni, nemmeno fossero le aspiranti tenaglie di un body builder. E poi vogliamo parlare delle curve con l’incognita? Quelle che fai a 2 km/h e reciti un’Ave Maria perché non ci sia una macchina che curva stretto… Però, se c’é una cosa apprezzabile, é il momento di riposo. Che con i muscoli duri della precedente salita non sempre é così spiacevole.

La vista dal paesino Starleggia, a 1.560 mt sul livello del mare

9° posto: le tutine
Brillano nella luce con colori sfavillanti in tutto il loro artificiale fulgore. Ed è poi un piacere sentire la maglia come una seconda pelle, fresca come se ci si fosse spalmati di una crema al mentolo. Del resto un costante clima di 15 gradi molto secco non può che essere piacevolmente perfetto.

8° posto: i profumi
Ecco che finalmente respirare a pieni polmoni si può, senza ingerire fiotti di polveri sottili. Capita così di registrare profumi davvero inebrianti: dal mirtillo caldo di sole, alle felci umide del bosco che, dai dinosauri in poi, non sono sgradite a nessuno, fino all’intenso cirmolo, che pare faccia bene ai sensi, passando persino per… la cacca di mucca, che qui ha il suo perché e profuma come una raffinata essenza per la casa.

…anche i vitelli sognano!

7° posto: avere tutto il tempo che vuoi
Sorridi, sei in vacanza. Hai voglia di gustarti il muscoletto teso con la dovuta calma senza rischiare l’acido lattico? La lentezza è tutta tua. No all’ansia da prestazione. Mucche e caprette non capirebbero il perché di tanta foga. Talvolta infatti, incrociando il loro sguardo attonito, ci si rende conto di tutta la relatività del tempo. E del cronometro.

6° posto: sfottere i gladiatori del downhill
Bardati come giocatori di football americano, grondanti fango e sudore, spesso dotati di fluenti chiome, sono spassosissimi gli adepti del downhill, ovvero quelli che si buttano con biciclettone pesanti giù dalla montagna, quando li si sorprende a frullare con le gambette veloci nell’innaturale – per loro – attività della salita. Tutto inutile, si sposteranno comunque con la velocità di un bradipo. Sono ciclisti? No-no… avere un paio di ruote non rende automatica l’appartenenza. Né più né meno che come la storia della nonna che poteva essere anche un tram.

Fondovalle di Madesimo: fine della strada, più oltre c’è solo la montagna incontaminata

5° posto: le salite brevi e inesorabili
I famosi “strappi” sono quanto di più tipico e caratteristico di queste parti, e, come nel caso dei pizzoccheri della Valchiavenna, fatti a gnocchetto, sono brevi e tosti. I secondi da digerire, i primi da macinare a pedali. Ci sono pendenze da vertigine. Fai un tratto al 18% dove quasi hai paura di fermarti di colpo e di rimanere agganciata ai pedali schiantandoti sull’asfalto come pietrificata dallo sguardo di una medusa. Poi però arriva il premio e ti riposi un pochino nel successivo tratto “in piano” che é solo all’11%…

4° posto: le salite lunghe e inesorabili
Per me più entusiasmanti delle precedenti (i miei muscoli sono un diesel) in zona sono tuttavia una vera rarità. Roba “forestiera” come i pizzoccheri a tagliatella lunga e scura della Valtellina. Nei ristoranti infatti te li offrono come alternativa a quelli locali, ma il cameriere ti guarda un po’ storto se li preferisci ai pizzoccheri autoctoni, i corti e bianchi della Valchiavenna. La strada di Isola per Madesimo é però così, lunga e intensa come un pizzocchero scuro, con rettilinei d’asfalto scuro in pendenza media che é bello fare di slancio. Felicità pura.

“Mucca crossing”: il tempo qui è relativo…

3° posto: mangiare come un leone e pesare come una gazzella
Se il mare asciuga, la montagna ti scolpisce come un tocco di legno. Dai già citati pizzoccheri alla polenta taragna con le costine, passando per salami paesani, saporite bresaole affumicate, prosciutti di montagna e… montagne di cioccolato fondente. Ciò che in pianura farebbe guadagnare chili a raffica da queste parti a mala pena riesce a placare la fame atavica del ciclista, che tutto brucia in salita, grassi corporei compresi. Barretta energetica? No grazie, qui c’é una bella fetta di magnucca, il formaggio alpino più buono che c’é.

Incontri ad alta quota

2° posto: sbirciare chi fa cosa e cosa fai tu su Strava
Beata solitudo, sola beatitudo. Ovvero le salite è meglio soffrirsele tutte da soli. Ma poi sai che c’é? Si fa un giro nella piazza virtuale di Strava, il social dei ciclisti di tutto il mondo, e si vede se sei stato l’uomo o la donna più veloce di sempre in quel dato pezzo di strada (che qui si chiama segmento) o se tra le persone che segui sei nella top ten degli scalatori del mese. Ebbene mi batte solo super-Paola che queste vacanze le ha fatte coraggiosamente sull’Appenninica e ha macinato più di 40.000 mt di dislivello! Tra le donne del mio giro di conoscenze di Strava io mi attesto in seconda posizione con oltre 12.000 metri scalati, quasi tutti qui a Madesimo, in una manciata di Km. Mica bubbole!

Alcune esaltanti prestazioni in alta montagna registrate da Strava… la corona indica: sei la donna più veloce che è passata mai di qui!

1° posto: scalare i Passi
Chi non ha la foto sotto al cartello di un Passo d’alta montagna alzi la mano. Ebbene io fino a 10 giorni fa l’avrei alzata, ma oggi ho ben due medaglie da sfoggiare sul petto della grimpeur in erba: ho fatto il Passo Spluga. Da Madesimo la prima volta in buona compagnia e poi, in solitaria, dal più basso Campodolcino. Impagabile la vista della bandiera che si staglia nel cielo blu. Dopo 1739 mt di dislivello in soli 24 km o ti appare la Madonna o si diventa patriottici. Io propendo per la trasfigurazione laica.
Di lamiera spesso scolorita o tempestato di adesivi irrispettosi, il cartello che riporta il nome del Passo è, per il ciclista che l’ha conquistato, sacro e desiderabile come il gonfalone del Palio di Siena.

In posa per la foto ricordo al Passo Spluga

Apprezzati quindi i 10 comandamenti della felicità del ciclista montano, non resta che mettere alla prova, proprio come Moser dopo il record dell’ora a Città del Messico, la rinnovata prestanza muscolare guadagnata in quota anche sul “più impegnativo” livello del mare. Al Vigorelli? No-no, il test post montagna avverrà esclusivamente nel “mio” Velodromo al Parco Nord. Variante in salita… arrivoooo!!!

 

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