Bistrusso. Un caso?  O forse il destino, o magari un segno e un percorso già prestabilito che l’ultima parte di questo nome – in qualche modo – evochi, ricordi, tracci similitudini con il lusso.

Bistr…Lusso… quindi. Può darsi. Ciò che è vero, è che questa ragazza giovanissima, in pochi anni, sta riuscendo a tracciare attraverso le sue borse, i suoi accessori, ( www.bistrusso.com ) quel concetto così tangibilmente vero di nuova eleganza senza eguali, la mia preferita. Ovvero l’eleganza-sostanza, quella fatta di ore e ore di mani pazienti che lavorano, di donne con il loro artigianato nostrano caldo e accogliente – siamo nella vera Sardegna – e di paesi dell’entroterra isolano dove tutto ha il senso della casa, del manuale, della nostalgia e del racconto. E di questo il sistema moda piano piano si è accorto perché la ragazza tra Milano e Altaroma – per poi tornare tra le “coccole” e il suo headquarter in Sardegna – presenta il suo lavoro.

Ecco allora che lino, ricami e sughero in tutte le sue più moderne lavorazioni declinazioni e trattamenti, rende reali ed impeccabili accessori che la Bistrusso racconta questa settimana in una lunga intervista a Focus On.

Un legame-amore con la Sardegna così profondo che diventa anche una storia di moda, di accessori, di lusso e artigianato…sardo. Come, perché e quando nasce il percorso design di Giorgia Bistrusso e il brand BISTRUSSO? Sono nata a Cagliari, una città a mio avviso meravigliosa, e parte della mia infanzia l’ho trascorsa tra il paese della mia nonna materna: Laconi, e dai miei zii ad Alghero. Sardegna per me ha il significato di rifugiarmi ogni volta che ho sentito la nostalgia e la malinconia dovuta al mio costante girovagare. Questi luoghi speciali, intimi e profondi sono ancora oggi linfa vitale. Le donne della mia famiglia sono state da sempre punti di riferimento, anime libere e creative. Ricordo i pomeriggi e le nottate trascorse in terrazza, a raccontare storie antiche, sono stati momenti significativi, perché in quelle occasioni imparavo qualcosa di nuovo, ho imparato a condividere. Che fosse tessere un tappeto al telaio, colorare i tessuti di lino, cucire, disegnare, o decorare dolci. Questo è il punto di partenza. Gli occhi profondi e buoni di mia nonna mi scrutavano e mi spronavano, anche da lontano, anche quando ho deciso di trasferirmi prima in Inghilterra e poi in Toscana. Mi ricordava di non dimenticare mai le mie origini e di farne una forza a livello creativo. E in effetti, inconsapevolmente, quel modo di fare e quella filosofia di vita non mi hanno mai abbandonato. Ricordo che mio padre quando mi accompagnava a visitare le Chiese e i musei mi lasciava il tempo per osservare, questo ha fatto si che io iniziassi ad avere un occhio più attento ai dettagli e alla contemplazione dell’opera.  Questo approccio alla bellezza è stato determinante in tutto il mio percorso. Tutto si è riversato nel progetto Bistrusso, quello che sono oggi deriva quindi da radici profonde. Ho sempre saputo che avrei fatto della mia passione per la moda e l’arte il mio lavoro. Mi piace pensare che Bistrusso sia una forma di viaggio e di dialogo costante, perché nasce da un’idea di evasione, in un momento in cui avrei potuto proseguire la mia carriera nelle aziende di moda e invece, inaspettatamente, ho compiuto il vero viaggio della mia vita con un volo di sola andata per la Sardegna. Ritornare per costruire con coraggio qualcosa nella mia Isola mi ha profondamente cambiato.

Giorgia perché la scelta di dedicarsi nello specifico all’accessorio? Amo gli accessori e colleziono borse da sempre. Alcune le ripongo in teche quasi fossero opere d’arte, per me in effetti lo sono. L’idea è nata principalmente per mettermi in gioco. Ho sempre disegnato collezioni di abiti e l’accessorio non ha mai avuto un posto di eccellenza. Quindi ho deciso di approfondire le conoscenze di questo accessorio, nella costruzione in primis, nella modellistica. Così ho avviato il mio progetto focalizzandomi sul prodotto e sull’individualità. Concependo la borsa come un prodotto da tramandare negli anni, ho creato senza pensare alle tendenze del momento, creando così un nuovo stile. Studiando i vari modelli, attraverso l’utilizzo del sughero ad esempio, oltre ad un fattore estetico ho puntato anche alla praticità di tutti i giorni, realizzando così borse leggerissime e capienti, questo mi ha spronato ad andare avanti nella ricerca dei nuovi modelli.

Dal lino, al sughero e la scelta di lavorare a strettissimo contatto quotidiano con gli artigiani sardi, tanto da parlare di Very Sardinia Couture. Mi racconta meglio il suo lavoro e come nascono le sue bellissime borse?  Nel 2010 ho iniziato a viaggiare e sperimentare in lungo e in largo per la Sardegna, per conoscere le diverse realtà artigianali e imprenditoriali. Attraverso i manufatti e lo studio della storia sarda, ho ricostruito una sorta di mappa narrativa, ripercorrendo di fatto la mia storia, fatta di conoscenze e provando a sperimentare e carpire i segreti per realizzare i tessuti. Sono partita quindi dalla maglieria, senza pensare all’uso che ne avrei fatto, studiando con diverse magliaie i diversi filati. La magia nel knitwear mi ha totalmente rapito, è interessante perché si parte sempre dal singolo filo e gli intrecci sono innumerevoli. Ho così imparato le varie tecniche della maglieria e gli accostamenti coloristici. Nell’arco del primo anno avrò realizzato sui trecento tessuti che ancora custodisco gelosamente nel mio Atelier. Lavorando nei diversi paesini, ho deciso di non aprire un unico laboratorio, ma di riaprire semmai i piccoli laboratori già esistenti, credo che sia importante ridare la possibilità a chi ha voglia di lavorare e creare nei propri luoghi, soprattutto in un periodo in cui molti hanno difficoltà a portare avanti l’attività. Mi sono poi dedicata allo studio della lana sarda e alla sua colorazione, attraverso l’uso di tecniche tintore naturali. Oggi i laboratori artigianali sono la mia seconda casa. Con gli artigiani il lavoro è stato intenso e difficile, perché creare delle belle sinergie non è facile e comporta sacrificio e pazienza. Poi è cresciuta l’idea di inserire anche il tessuto sughero, quasi un velluto, ma resistente e antimacchia. Non potevo quasi accettare che fosse considerato un materiale cheap, e diciamola tutta, forse mi ero stancata di vedere le solite saliere, borsette striminzite e quadretti con i santini disegnati. Io sono un esteta e questo mi sembrava assurdo, rimanere ancorati a brutti monili proprio non mi piaceva. Ho pensato che le donne sofisticate avrebbero sicuramente apprezzato questo materiale, forse più di noi sardi che spesso diamo poco valore a quello che ci circonda, non riuscendo ad esaltare le bellezze del territorio. Nel 2014 ho iniziato a ricamarlo a mano e per un progetto di Alta Roma ho presentato la collezione dal nome Carnation, con disegni floreali realizzati con la lana. Questa collezione, ispirata all’aristocrazia del passato e il gusto fine, mi ha spinto a impreziosire sempre più questo materiale. La ricamatrice che li realizza è di una maestria impressionante, una delle poche rimaste, il sughero non ti permette di sbagliare, quindi è un lavoro meticoloso e costoso. Per i disegni delle maxi clutch occorrono intorno a 10 giorni di lavoro solo per il ricamo. Ogni dettaglio delle borse è studiato con una lavorazione couture d’altri tempi. Le borse sono quindi il risultato di più mani, tutto realizzato con una grande attenzione per l’uso dei materiali e le tecniche di produzione.

Nonostante sia sempre in viaggio, la sua base principale è in Sardegna dove ha sede anche il suo atelier e spazio creativo. Qual è secondo lei l’approccio di quest’isola al sistema moda? Ho deciso di aprire l’Atelier a Cagliari perché gli artigiani che lavorano al progetto Bistrusso  sono sparsi in tutta la Sardegna e quindi ho sentito l’esigenza di ricreare uno spazio che fosse mio, dove portare il prodotto finito. Spinta anche dalla voglia di vivere il centro della città, passeggiare in centro e godere della luce che illumina i bastioni e le viuzze più nascoste. È uno spazio con gli arredi vintage e alcuni arrivano direttamente dalla casa di mia nonna, alcuni dalla mia cantina, dove ho accumulato mobili e capi di abbigliamento di ogni genere. Chi passa a trovarmi è libero di leggere i libri o sfogliare le riviste, fotografare o disegnare. Non solo borse quindi. Ma è un posto dove risiedono gli affetti, dove nascono le amicizie e gli amici artisti si esprimono attraverso la creatività. Lo spazio apre solo su appuntamento, come i vecchi atelier parigini, mi piacerebbe viverlo maggiormente e sto pensando a nuovi progetti perché le esperienze che si incrociano generano interessanti stimoli. L’ubicazione è in un quartiere storico di Cagliari: Villanova, dove convivono insieme diverse realtà. Per quanto riguarda il settore della moda in Sardegna, a parte pochi casi che si sono affermati a livello internazionale come Antonio Marras, non si vive una realtà facile. Di fatto ci sono molte micro imprese di artigianato sardo e pseudo stilisti, ma sono quasi tutti ancorati a progetti scarni, a livello progettuale, che difficilmente potranno decollare. Mi sembra di viaggiare su differenti binari. Non si scindono le abilità, quindi capita che un artigiano faccia tutto, incredibile. Questo non significa fare moda o appartenere a questo mondo, ma credo in fondo non abbiano capito niente, comprese le istituzioni dell’isola. Un prodotto per affermarsi deve avere delle solide conoscenze di base e una spiccata sensibilità e capacità imprenditoriale. Chi si cala in questo settore, deve circondarsi di professionisti che possano raccontare attraverso immagini fotografiche, testi ecc…creando un ponte con il resto del mondo. Tutto è cambiato, e anche la Sardegna deve iniziare a cambiare alcuni meccanismi. Purtroppo poi sono sempre in primo piano i mali storici del sistema, come la burocrazia lenta e la mancanza di organismi specializzati in questo ambito.

Da dove trae ispirazione? E chi è la donna che sceglie le sue borse? Sin dall’inizio ho lavorato ai dettagli, togliere piuttosto che aggiungere è sempre stato il mio motto. Ricerco i tagli geometrici ispirandomi all’architettura. Per creare un accessorio raffinato e applicare questi punti di partenza, osservo quello che mi circonda, anche ciò che apparentemente appare insignificante. Mi ispiro all’arte, e Firenze in tal senso mi ha educato alla bellezza dei palazzi storici e alle opere scultoree. Ho un vero debole per la cultura cinematografica del passato. Adoro i film di Antonioni, il bianco e nero delle pellicole, la bellezza dell’attrice Monica Vitti mi ha regalato ispirazioni incredibili. E poi mi nutro di fotografia. Mi ispiro alle foto di Saul Leiter e il suo sguardo raffinato, quasi sfuggente nel catturare gli attimi. Gli scatti di William Klein, dove l’infelicità risulta essere più profonda della felicità, quelle di Norman Parkinson che ritrae donne non solo belle, ma anche intelligenti e ironiche. Ascolto la musica classica e francese. Mi ispiro a donne eleganti, racchiuderei questo pensiero in un quadro di fine ‘800 di lady Gertrude di Lochwnaw, per ricordare quanto dal passato possiamo ancora attingere. Le donne che scelgono le mie borse sono donne con uno stile riconoscibile, principalmente asiatiche, che probabilmente hanno tutto ma non rinunciano all’originalità e che amano circondarsi di accessori senza tempo. Ritengo che l’eleganza più interessante sia quella delle donne mature, mi piacciono le donne gentili, che si riconoscono per l’armonia nella gestualità e il tono pacato della voce.

Quali sono i tratti che pensa che caratterizzino il suo stile personale e le collezioni? E nella moda attualmente siamo davanti ad uno scenario non proprio semplice. Secondo lei in quale direzione stiamo andando? Il connubio perfetto a cui aspiro si verifica quando tradizione, innovazione e modernità dialogano e si confrontano nei termini di unicità ed eccellenza. Le borse che disegno sono essenziali, da scoprire anche nei dettagli dell’interno. È un delicato equilibrio caratterizzato da tratti decisi ed evanescenze floreali. La definizione di moda è ampia, io ho scelto un percorso preciso, non facile e con una filiera non così semplice. L’artigianalità di lusso è una categoria di per se ben definita, dove il pezzo “ricercato” aspira ad un mercato che possa apprezzare. Pur essendo in un’epoca segnata dalla voracità del fast-fashion e dei social media, dove non ci sono regole come in passato, siamo ormai liberi di esprimerci. Credo che siamo arrivati all’esaurimento del massimalismo, c’è un ritorno ad una eleganza raffinata e al fatto a mano. Ci siamo stancati del made in China e le piccole realtà attraggono maggiori consensi. Di sicuro anche le vendite online hanno rivoluzionato il mercato del lusso. Ma direi che c’è spazio per tutti. L’importante è avere un’idea forte di base, con un design unico e riconoscibile.

Quali sono i suoi prossimi progetti? Per l’ultima collezione mi sono dedicata a nuovi modelli, abbiamo colorato il sughero  di  colore nero e i nuovi ricami sono realizzati con il filo d’oro, quello che si usa per i paramenti sacri. Il filo è finissimo, quasi un capello, ma le sciccherie che stiamo creando stando dando ottimi risultati. Mi sto dedicando a piccole corone a forma di stella, colorate a tema anche con dettagli chic in piume di struzzo. Nei modelli trovano collocazione dettagli realizzati in corno chiaro e scuro sfumato e lavorato interamente dai coltellinai. Attualmente sto lavorando nella zona del centro Sardegna, dove lo stile si fonda con la Storia e si impreziosisce con l’oro nero del neolitico del mediterraneo: l’ossidiana, che è il mio prossimo progetto; questa pietra modellandosi diventa un unico vero gioiello per impreziosire le borse. I ricordi del passato continuano a fondersi con i materiali antichi, e il viaggio in Sardegna continua. Continuerò a insegnare anche nel 2017, sono molto felice di lavorare con ragazzi appassionati, allo stesso tempo continua la mia ricerca e spero di avviare presto una linea di abbigliamento. Spero presto di affiancare ai maestri artigiani i giovani che vogliono imparare, anche perché sono loro il futuro dell’isola e questo è un dettaglio importantissimo, quasi prioritario, da non sottovalutare.

Un’ ultima domanda …. Come si rilassa e stacca la spina da un settore così frenetico? Appena posso faccio lunghissime passeggiate al mare, mi piace nuotare o fare nordic walking al parco. Mi rilasso stando all’aria aperta, o con il mio compagno e i miei gatti guardo documentari di ogni genere. Mi piace fotografare i posti isolati, sono quelli che prediligo, spesso vado in avanscoperta in posti difficili da raggiungere. Leggo e sfoglio riviste cartacee, rivedo album di famiglia. Appena possibile faccio più cose insieme, come vedere mostre no stop in un solo giorno. Un viaggio all’anno lo dedico a mia madre, abbiamo diversi interessi in comune, mi piace stare con lei. Spesso mi capita di rovistare nei mercatini alla ricerca di qualcosa di speciale. Quando è possibile poi, mi piace preparare dei soffici pancake al succo d’acero!